27. Alex,sono Alex

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Il weekend è arrivato, portandosi via con se la mia prima settimana di stage alla Renton.
Il venerdì è in assoluto il mio giorno preferito, sono felice e soddisfatta, questa prima settimana è andata alla grande,ma non voglio sbilanciarmi, un anno è lungo e la vita con me è stata sempre troppo imprevedibile.

Sto finendo di trascrivere al computer le ultime pratiche,quando la mia attenzione è attirata da un ragazzo stravaccato a gambe aperte sul divanetto, con i piedi appoggiati al tavolino in vetro della piccola sala d'attesa.

Non riesco a vedere il suo viso perchè indossa una felpa grigia e ha su il cappuccio.
Sbuffa e in questo momento si è addirittura acceso una sigaretta, nonostante ci sia un divieto enorme affisso al muro.
Non mi  aspettavo che il signor Renton facesse affari con questo tipo di persone. Lo osservo ancora un pó per cercare di sbirciare il suo viso, quando all'improvviso si volta di scatto verso di me.

Dio mio che imbarazzo...
Distolgo immediatamente lo sguardo e ritorno a lavorare, ma il rumore dei suoi passi mi porta ad alzare di nuovo il viso.

"Portami un caffè" esordisce con la sua voce bassa e roca.
"Come prego?" chiedo aggrottando le sopracciglia.
"Portami un caffè. Adesso" mi ordina guardandomi dritto negli occhi.
"Non sono la segretaria, sono qui per lavorare" rispondo seccata, raddrizzando la schiena e sfidando il suo sguardo.

"Tu non sai chi sono io" sbuffa spazientito.
"No e non credo mi interessi" aggiungo irritata.
Si avvicina alla scrivania e osserva il cartellino che ho attaccato al petto, soffermandosi più del dovuto sulla mia scollatura.
"Angela" sospira "Angela,come?" chiede.
"Angela e basta" sospiro riportando l'attenzione sui miei fogli.

"Me lo porti o no questo caffè?" ripete ancora.
Ma è cretino o cosa???
"No, se vuoi la sala relax è infondo al corridoio" affermo spazientita.
"Stai facendo la stronza con la persona sbagliata" ride divertito costringendomi ad alzare di nuovo lo sguardo nella sua direzione.
"Prego?" chiedo ormai al limite della sopportazione.
"Io sono Alexander Renton III" sospira sarcastico " e tu avrai vita breve qui dentro" aggiunge incrociando le braccia al petto con un ghigno divertito.
"Prego, faccia pure l'ufficio di suo padre è la quinta porta in fondo a sinistra, ma questo credo lei lo sappia giá" rispondo imitando il suo tono sarcastico, per poi riportare dinuovo l'attenzione sulle mie carte.

Sospira per poi ridere divertito,non ho il coraggio di alzare lo sguardo nella sua direzione finchè non sento il rumore dei suoi passi, segno che è uscito dalla mia stanza. Con la coda dell'occhio lo vedo sparire anche dal salottino.

Sono nei guai, penso sbuffando. Per colpa di quel cafone e maleducato perderó il posto, sospiro sconfitta.

Il cuore mi trema in gola quando nel corridoio risuona la voce del signor Renton, a mano a mano che si fa sempre più nitida il mio battito aumenta e il respiro si affanna. Calma Angela, troverai un altro posto, non è la fine del mondo.

"Angela" la voce dolce del signor Renton mi riscuote dai miei pensieri.
Lo osservo impassibile, pronta ad affrontare il mio destino a testa bassa.
"Ti auguro un buon fine settimana, a lunedì" mi dice sorridente.
"A lunedì" sospiro appoggiando la testa alla poltrona e portandomi la mano alla testa, mi massaggio le tempie sciogliendo a poco a poco tutta quella tensione che ho accumulato in questo breve istante.

Dopo essermi ripresa, spengo il computer e mi sollevo dalla poltrona, mi stiracchio allungando le braccia, stare seduta tutto il giorno mi intorpidisce le ossa.Mi sistemo le pieghe sgualcite del vestito,prendo la mia borsa e chiudo la porta dell' ufficio.

Una volta fuori dall'edificio, corro in direzione della metro, ho meno di cinque minuti per non perdere la coincidenza.
Ma una voce mi blocca sui miei passi "dove corri Angela e basta?" mi chiede il figlio stronzo del mio capo.
"A prendere la metro" rispondo riprendendo il passo.
"La metro?" chiede affiancandomi.
"Si sai quella spece di treno che va veloce e passa sotto terra" lo canzono e lui se la ride.
"So cos'è una metro" ribatte "è un mezzo di trasporto un pó vintage" aggiunge ridendo.
"Noi comuni mortali ci accontentiamo" ribatto sarcastica aumentando il passo ma lui mi blocca per un polso e mi costringe a fermarmi.

Prenditi cura di leiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora