53. Latte e biscotti

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Evan

Cammino come una furia, raggiungendo con poche falcate, l'ingresso del mio attico.
"Eccotiiiii" la voce alta e stridula di Christine mi arriva alle orecchie, perforandomi i timpani, fastidiosa come un allarme impazzito.
"È tutta la sera che ti cerco, in giro per la città" ridacchia portandosi una mano sulla pancia scoperta per poi piegarsi sulle ginocchia.

È ubriaca marcia, l'ho capito dal tanfo di alcol che aleggia nell'aria e dal suo modo di sbiascicare le parole.
"Che sei venuta a fare qui?" le chiedo socchiudendo gli occhi ed inspirando profondamente, per evitare di dare di matto e sbatterla fuori da casa mia.

"L'ho capito sai, dal modo in cui mi guardi" sbiascica trascinandosi in avanti in un modo che vorrebbe sembrare sensuale, ma che ai miei occhi appare come un patetico tentativo di seduzione andato a male.

"È me che vuoi, li sento i tuoi sguardi...opsss" ride sguaiatamente dopo essere incespicata nei suoi stessi passi "tra noi c'è chimica...passione" afferma abbassando il tono di voce.

"Non sai quello che dici" rispondo brusco.
L'idea che Angela possa sentire tutto lo schifo che sta uscendo in questo momento da quella maledetta bocca, mi fa solo che infuriare.

"Si che lo sai" afferma parandosi di fronte a me "è da quando eravamo ragazzini che c'è questa strana attrazione ta noi. Mi ricordo ancora il modo in cui mi guardavi quando facevamo il bagno, nella tua piscina" sospira unendo le sue labbra tra loro e portando in fuori la bocca.

"Non dire assurdità" borbotto indietreggiando di un passo.
"Se quel maledetto bastardo non mi avesse messa incinta, a quest'ora sarei stata io a camminare tra queste quattro mura e a rotolarmi tra le tue lenzuola" afferma socchiudendo gli occhi per poi riaprirli e osservarmi con intensità "e invece è quella piccola bastarda..."

"Basta con le cazzate Christine" urlo con quanto fiato ho nei polmoni "che cazzo sei venuta a fare ?" ringhio minaccioso avanzando di qualche passo fino a ritrovarmi difronte a lei.
Afferro il suo mento con le dita indirizzando la sua testa verso l'alto in modo che osservi nei miei occhi tutta la rabbia e tutto lo schifo che scorre dentro di me, al suono delle sue parole.

"Non sei la benvenuta" ringhio a dentri stretti.
I suoi occhi saettano alle mie spalle e il suo sguardo da impaurito si trasmorma in divertito.
"Finalmente ti sei deciso a baciarmi" afferma languida ed io rafforzo la presa sul suo mento.
Non mi importa se le sto facendo male, la sua mancanza di rispetto nei confronti di Carlo e di Angela mi fa ribollire il sangue nelle vene.

"Non fare giochetti Christine, non sei nella posizione giusta" sospiro sul suo viso prima di lasciarle il mento e osservarla barcollare all'indietro.

"Lo so che tu mi ami e che lei è un ripiego" afferma adirata guardando alle mie spalle.
Mi volto di scatto ed in piedi accanto allo stipite della porta del salotto, c'è Angela, la mia Angelina.

La osservo e lei punta i suoi occhioni smarriti nei miei. Sono velati di tristezza e di un sentimento che non li hai mai attraversati fino ad ora, la vergogna. Stringo i pugni e mi avvicino a lei avvolgendola tra le mie braccia, proteggendola con il calore del mio corpo.

Non è lei che deve provare quel sentimento così vile come la vergogna, non è lei a doversi mortificare, ma quel mostro alle mie spalle.

"Va tutto bene" le sussurro all'orecchio e lei si aggrappa alla mia camicia con tutta la forza che ha nelle mani "sei con me" sospiro sui suoi capelli, stringendomela al petto.

"Che scena patetica" sbiascica Christine incrociando le braccia al petto, rivolgendoci uno sguardo disgustato e infastidito "so io cosa ci vuole per scaldare l'atmosfera" ridacchia per poi togliersi il cappotto e farlo scivolare ai suoi piedi, mostrando il suo corpo nudo, coperto solo da dell'intimo nero.

"Che diavolo fai?" scatto furioso staccandomi da Angela. La raggiungo raccogliendo con uno scatto il suo cappotto da terra per gettarglielo addosso "esci da casa mia" urlo furioso e incazzato per il suo totale disinteresse nei confronti di sua figlia.

"Te ne pentirai, me la pagherete, tu e quella lí" afferma afferrando il cappotto tra le dita e un dettaglio non passa inosservato ai miei occhi,la sua cicatrice.

Fuoriesce vistosa dal lato superiore degli slip e in un attimo un particolare, che avevo rimosso,mi ritorna alla mente.

Il bambino che le hanno tolto, il fratello di Angela.

"Maledico il giorno in cui ti ho messa al mondo, che tu sia dannata" borbotta furiosa Christine prima di voltarsi di spalle e lasciare finalmente questa casa.

~~

Mi sveglio di soprassalto, ho la gola secca e le immagini di Angela in quelle condizioni dopo l'incontro con sua madre, si sussegue nella mia mente come un incubo.

La visita di Christine, mi ha innervosito e rattristato al tempo stesso. Sono follemente innamorato di Angela e l'idea che lei possa soffrire, mi toglie il respiro.

Desidero che sia felice, sempre e non permetterò a nessuno di farle male. Ma non sapere cosa passa per la sua mente, mi manda in confusione.

Il modo in cui si fa forza, impegnandosi a farmi pensare che tutto vada bene, mascherando la sua tristezza con i suoi sorrisi mozzafiato, mi fa venire voglia di proteggerla ancora di più.

È come se lei fosse un fiore raro, esposto alle numerose ed imprevedibili avversità della vita ed io fossi il suo unico riparo.
È come se io fossi il terreno in cui lei possa affondare le sue radici e nutrirsi della forza necessaria per vivere.

D'istinto allungo la mano dall'altro lato del letto, desideroso di immergere le dita tra i suoi capelli morbidi ,poter godere del calore del suo corpo e del profumo dei suoi respiri.
Ma il suo lato del letto, è vuoto e freddo.
Mi sollevo quel poco che basta per accorgermi che lei non c'è.

Mi alzo dal letto e la cerco in bagno, ma anche quest'ultimo è vuoto.Mi dirigo fuori dalla mia stanza, proseguendo per il corridoio.

Scendo le scale con un peso che mi opprime il petto, ma tiro un sospiro di sollievo quando la luce della cucina illumina il corridoio.

Infilo le mani nelle tasche della tuta e cammino a passo lento, come se avessi il timore di ciò che potrei ritrovare tra quelle mura. L'idea di lei in mille pezzi a dar sfogo al suo dolore, rintanata in cucina per non farmi preoccupare, mi stringe il cuore nel petto e quel retrogusto amaro che ho in bocca mi fa venire ancora più sete.

Mi fermo sulla porta e la scena che si presenta difronte ai miei occhi è quanto di più tenero abbia visto in vita mia. La mia mente vaga, ritornando alla prima volta in cui l'ho sorpresa a mangiare latte e biscotti nella mia cucina ed il mio cuore inizia a pompare così forte nel petto che sembra sul punto di  esplodere.

"Ragazzina" sussurro e lei alza di scatto gli occhi nella mia direzione, rivolgendomi il suo sorriso colpevole e allo stesso tempo dolcissimo.
"Vuoi un biscotto?" mi chiede inzuppandone uno nella sua tazza.

Annuisco e dopo aver preso una tazza e un cucchiaino mi siedo accanto a lei, in silenzio.
La osservo versarmi il latte e passarmi un pacco di biscotti al cioccolato "hai la dispensa piena di biscotti, è stato difficile scegliere" sospira divertita.

"Da quando so che latte e biscotti è la tua colazione preferita, mi impegno a far si che tu non rimanga mai senza, bambina" le dico afferrando un biscotto e inzuppandolo nel latte.

Lo porto alle labbra assaporandone tutta la dolcezza, senza mai distogliere gli occhi dalla donna più bella del mondo, che se ne sta seduta accanto a me, in pigiama e senza un filo di trucco a deturparne il viso perfetto.

I miei occhi si fondono nei suoi, in un modo così profondo e intenso, che riesco a percepire quel piccolo barlume di tristezza, che lei in tutti i modi cerca di tenermi nascosto.

"Beh, mia cara Angelina" sospiro inzuppando un altro biscotto nel mio latte "benedico il giorno in cui sei nata e la tua passione per i biscotti" affermo ancora, infilando le dita  tra i suoi capelli morbidi, appropriandomi della sua bocca e del suo sapore che la rende unica.

Prenditi cura di leiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora