Tuppence scorse Hazel chiudersi la porta alle spalle, e si stava chiedendo se fare altrettanto, quando udì un rumore di passi frenetico, e qualcuno varcò la soglia della sua camera. Ebbe solo un attimo di sorpresa vedendo stagliarsi l'alta figura del tenente O'Donoghue-White, non si vedevano da qualche mese... Va bene, non si vedevano da due mesi e mezzo, Penny ci aveva pensato di continuo, a chi voleva darlo a bere. Indossava l'uniforme blu con la coda e le spalline dorate, il doppiopetto bianco come i calzoni infilati negli alti stivali neri, ma la ragazza si rabbuiò in pochi secondi scorgendo il viso sporco e gli occhi sgranati per la disperazione, il bicorno nero in mano e i lunghi ricci scuri sfuggiti dal codino sparpagliati sul volto dalle guance scavate e ricoperte di barba incolta.
«Aidan, che avete, non state bene?» Tuppence si alzò dal letto e gli andò incontro, le mani che fremevano per il desiderio di stringerlo a sé.
«No che non sto bene» ribatté lui con una voce talmente carica di tristezza che fece dolorosamente stringere il cuore a Tuppence. «Quindi ti prego, Penny, non rendermi le cose difficili, sono venuto qui solo per fotterti.»
«Allora siete venuto nel posto giusto, tenente.» Tuppence si allungò per coprirgli la bocca con la propria, O'Donoghue-White sapeva di alcol, tabacco e disperazione. Lui ricambiò il bacio con un impeto rude e quasi violento, le grandi mani ruvide che la stringevano a sé quasi spasmodicamente mentre le premeva contro l'inguine. Lei glielo tirò fuori e Aidan con un ringhio basso la girò e la sbatté con impeto contro la parete, le alzò la sottana e la penetrò con un colpo deciso del bacino. Penny rimase con il viso premuto contro il muro e non osò voltarsi, si mordeva le labbra per evitare qualsiasi rumore potesse dare fastidio all'altro che ansimava e gemeva come un animale ferito contro l'incavo del suo collo, a tratti le pareva quasi di udire dei brevi singhiozzi di pianto, e preferì lasciarlo sfogare senza interferire. Venne in fretta con un gemito infelice.
Andarono avanti parecchio, tanto che Tuppence perse il conto delle volte: aveva capito che quella sera lei era solo un piccolo contenitore del dolore e della rabbia di Aidan e l'aveva accolto senza neppure una parola; se poteva in qualche modo lenire anche solo in minima parte quello che stava provando, lei ne sarebbe stata più che contenta.
Il mattino dopo quando si svegliò lo trovò seduto sul letto, il volto affondato nelle grandi mani, e d'istinto allungò un braccio pallido per carezzargli i fianchi snelli e muscolosi. Aidan non si mosse, come se nemmeno l'avesse avvertita.
«Posso fare qualcosa per voi, signore?» gli domandò sottovoce.
Impiegò tanto a rispondere che Tuppence credette non l'avesse sentita: «Non saprei come, Penny. Sono vedovo da meno di ventiquattr'ore e ho ancora le idee parecchio confuse, quando avrò capito di cosa ho bisogno sarai la prima a saperlo.»
Aveva una smorfia amara in viso, Penny si congelò alle sue parole, poi con espressione confusa si mise seduta e gli scivolò accanto, ma Aidan si alzò, si rivestì in fretta e se ne andò calcandosi bene il bicorno sui folti ricci scuri.
Rimase per un attimo seduta sul materasso, giusto una lacrima sfuggita al controllo, se l'asciugò in fretta e si vestì per andare a fare colazione. Scese camminando lentamente in quanto si sentiva indolenzita dalla nottata trascorsa, e al ripensare a lui avvertì un'altra ondata di amarezza, non sapendo bene se per la perdita di Aidan, per il suo sguardo da animale ferito o per se stessa.
Fanny guardò perplessa la gallese che entrava con aria corrucciata nel cucinotto e le chiese sollecita: «Ehi Penny, tutto a posto?»
Lei annuì con aria mesta e sedendosi chiese una tazza di tè che si sorbì in silenzio, e a tutti fu chiaro che almeno quella mattina la si doveva lasciare un attimo in pace. Fanny si mise a chiacchierare con Hazel del suo ultimo sogno oltremodo vivido di animali parlanti che facevano strane danze con lei, e Lin si intromise per dire la sua in merito all'interpretazione che poteva darvi.
Fanny stava ribattendo che non capiva come potesse essere segno di sventura una tartaruga gigante che ballasse con lei "la danza dell'orso", quando Ross entrò chiedendo espressamente di lei. «C'è il sarto» precisò alzando un sopracciglio rossiccio, e le altre la guardarono sorprese.
«Ma io non ho ordinato nulla» stava mormorando con fare pensoso seguendo lo scozzese, e andando all'ingresso si ritrovò davanti Mr Taylor che si aggiustava con aria vagamente impacciata lo stretto fazzoletto candido al collo, tra le mani un grande pacco chiaro dall'aria raffinata.
Al notarla, le rivolse un sorriso sorpreso. «Ms Fanny, ci incontriamo ancora!»
«Buongiorno a voi, Mr Taylor.» Lei gli rivolse un cenno del capo, e vide come i suoi grandi occhi chiari cercassero ancora il proprio scollo generoso.
«A-allora, abbiamo acceso questo cero in chiesa?» le domandò con un sorrisetto divertito, consegnandole il pacco tra le mani.
A Fanny scappò una risatina svagata. «Oh, come no! Due ceri. Sapete, anche io sono molto devota.»
«Lo avevo intuito già dalla prima volta.»
Stava ancora sorridendo mentre tirava fuori il vestito dalla sua scatola e all'estrarlo rimase un attimo in silenzio rimirando alquanto perplessa un lungo abito nero pesante molto castigato, con tanto di cuffietta abbinata. «Non dubito delle vostre capacità sartoriali, Mr Taylor, ma oserei dire che non è... la mia taglia?»
Il sarto sbiancò e guardando il vestito in bella mostra imprecò sottovoce: «Merda, il vestito della vedova Sinclair.»
Fanny scambiò un'occhiata con Ross lì al suo fianco prima di scoppiare in una clamorosa risata. «Oh cielo, Frances Sinclair, la vecchia megera che abita accanto alla panetteria qui di fianco?»
Lui ormai era rosso come un papavero mentre rimetteva a posto il vestito con gesti veloci e maldestri, rischiando di far cadere abito e scatola assieme e farfugliò: «Mio zio mi aveva parlato di una Fanny in Greek Street e, ehm, devo aver fatto confusione...»
«Be' fatelo più spesso, che magari potremo condurre altre pie conversazioni.» Fanny lo aiutò a tenere la scatola aperta mentre accomodava il vestito piegato accuratamente al suo posto, e quando lui alzò lo sguardo per salutarla arrossì nuovamente, e Fanny lo trovò davvero adorabile. Ricambiò e tornando si chiese distrattamente se il suo tè si fosse già raffreddato o meno.
*N. d. A. *
Ciao a tutti!
Grazie a chi continua a leggere la storia.
Anche per Tuppence e Fanny sembra che la situazione si stia facendo più interessante!
Speriamo che le vicende delle ragazze del Mahogany continueranno a intrigarvi.
Alla prossima!
Cassandra Costa
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CORTIGIANE E PASSIONI
Romance[COMPLETA] STORIA VINCITRICE AI WATTYS 2021 [STORIA AUTOCONCLUSIVA] ***ATTENZIONE*** Questo non è più il primo episodio della serie "Of Seamen and Maidens", la storia che state per leggere non fa più parte della saga. Potete comunque leggerla come a...