𝐓𝐫𝐞𝐧𝐭𝐮𝐧𝐨

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Davanti a quello strano, piccolo tapis roulant culinario Yn e Jimin ridono e scherzano, parlano di tutto e di niente.

Prendono al volo quei piattini pieni di specialità giapponesi appena fatte.
Si paga a seconda del colore del piattino scelto.
Yn ne prende uno arancione, costosissimo.

Jimin si guarda subito preoccupato in giro.
Ci manca solo che vengano anche lì, in libera uscita, Jung e Kim, i soliti due carabinieri.

E ancora ridono. E ancora un aneddoto.
E un'altra curiosità. E senza volerlo, senza malizia, senza troppi pensieri, Yn si ritrova a casa di Jimin.

«Ma è bellissima! Cavoli, ma allora sei uno importante sul serio... Sei uno di successo!»

«Be', finora mi è andata bene.»

Yn gira per casa. Si volta e gli sorride.

«Vediamo domani con le mie idee come va, no?»

«Già.» Jimin sorride ma preferisce non pensarci.

«Guarda, Jiminie, ti giuro, questa casa mi piace un casino. E poi è così vuota... Forte, sul serio!, non c'è niente di troppo, solo questo divano centrale, la tv e poi un tavolo e laggiù un computer. Te lo giuro che è un sogno. E poi questi... No! Non ci credo.»

Yn entra nella stanza dell'ufficio.
Una grande libreria e diverse foto.
A colori, in bianco e nero, graffiate, sbiadite.
Con le frasi più famose. E gambe, e ragazze, e macchine, e bibite, e volti, e case, e cieli.
E immagini della sua grande creatività, le più diverse, appese al muro, tenute su da sottili fili di nylon e delle cornici blu scure zincate con un piccolo bordo giallo ocra.

«Che ficata! Ma queste sono tutte le pubblicità che poi io ho visto... Nooo! Non ci credo!»

Yn indica una foto, ci sono gambe di donne che indossano calze. Le più diverse, le più strane, le più colorate, le più serie, le più folli.

«Ma l'hai fatta tu questa?»

«Sì, ti è piaciuta?»

«Mi è piaciuta? Ma io vado pazza per quelle calze! Non sai quante le ne sono comprate. Ma io le sfilo sempre. O perché mi poggio le mani sulle gambe e magari ho una pellicina alzata. Sai, mangio le unghie... o perché urto qualcosa, insomma, ne cambio una media di quattro, cinque a settimana e le ho prese sempre tutte da loro.»

«E io che pensavo di aver avuto successo per la mia pubblicità. Ho fatto tanti numeri solo perché ci sei tu che ti rompi in continuazione le calze!»

Yn si avvicina a Jimin e gli struscia un po' addosso.

«Ehi, non fare il modesto con me, e poi senti...» Yn prende la mano di Jimin, si alza un po' la gonna e se la poggia in alto sulla coscia.

Gli si avvicina col viso e lo guarda ingenua, coi suoi occhi grandi, apposta smorfiosa, e poi maliziosa, e ancora piccola, e poi grande, e poi boh... Ma comunque bella. E desiderabile.
E una voce bassa e calda ed eccitante.

«Vedi... Mica le portò sempre, io, le calze...» e poi scoppia a ridere e si allontana, lasciando cadere giù il vestito, sistemandosi meglio.

Poi si leva le scarpe e si muove un po' i capelli, li friziona quasi, liberandoli da quell'ordine prigioniero di un semplice elastico.

«Ehi» si gira e lo guarda, «ma si può avere qualcosa da bere in questa casa?» sorride maliziosa.

«Ehm, certo, certo...» Jimin cerca di riprendersi e va verso il mobile dei liquori.

«Ehi, cosa vuoi, Yn, un rum, un gin tonic, vodka, whisky...»

Yn apre la finestra del terrazzo. «No, sono troppo forti e io sono astemia. Non hai una semplice Sprite?»

𝐒𝐜𝐮𝐬𝐚 𝐦𝐚 𝐭𝐢 𝐜𝐡𝐢𝐚𝐦𝐨 𝐚𝐦𝐨𝐫𝐞 | 𝐏.𝐉𝐌 𝐱 𝐑𝐄𝐀𝐃𝐄𝐑 Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora