𝐐𝐮𝐚𝐭𝐭𝐫𝐨

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Le luci della città sono deboli. Quando non sei di buon umore tutto sembra diverso, assume altre atmosfere. Colori, luci e ombre, un sorriso che non prende, che non attacca.
Jimin guida lentamente. Gangnam, Hongdae, un bel giretto per Seoul. Si guarda attorno. Uno sguardo al ponte. Ma guarda questi coglioni. È pieno si scritte. Sporcandolo così. Guarda quella poi... -Patata ti amo.- in nome di che? In nome dell'amore... L'amore. Chiedere a Jennie notizie del signor amore. Ehi, mister amore, dove cazzo sei finito?

Vede due ragazzi mezzi infrascati in un angolo del ponte, dove la luna non batte. Abbracciati, innamorati, avvinghiati, come amorevoli edere alla faccia del tempo, dei giorni, di quello L che sarà preda sei venti. Ma Jimin non c'è la fa. Suona il clacson. Apre il finestrino e urla «A ridicoli! Bella la vita, eh? Tanto uno dei due molla!» e poi da gas, schizza in avanti, superando due o tre auto e bruciando anche il semaforo prima che da arancione cambi in rosso. E ancora avanti, tutto il corso di Gangnam e poi Hongdae, ma, arrivato al secondo semaforo, c'è una pattuglia dei carabinieri. Rosso. Jimin si ferma.

I due carabinieri chiacchierano, distratti. Uno ride al telefono, l'altro fuma una sigaretta, parlando con una ragazza.
Forse l'avrà fermata per un controllo, oppure è un'amica che sapeva che era si turno ed è andata a salutarlo.
Fatto sta che il secondo carabiniere dopo un po' si sente osservato.
Così si gira verso Jimin. Lo guarda. Lo fissa.
Jimin lentamente gira la testa, fingendo interesse, si affaccia dal suo finestrino per vedere se per caso il semaforo è cambiato.
Nulla da fare. Ancora rosso.

«Scusa...» Brummm. Brummm. Arriva uno scooter scassato, con un ragazzo e dietro una tipa sai capelli lunghi e scuri.
Lui è muscoloso, ha una maglietta celeste aderente e i muscoli si notano tutti lì sotto.

«Oh ce l'ho con te, eh...» Jimin si sporge dalla macchina.

«Si, prego?»

«No, sei passato urlando mentre stavamo sul ponte di Gangnam. Ma ce l'avevi con noi? No spiegati, eh.»

«No, guarda, scusa avete capito male, ce l'avevo con quello davanti che rallentava sempre.»

«Oh, non fare il furbo con me. Capito? Non avevi nessuno davanti e ringrazia il cielo...» alza il mento e indica la pattuglia, «Che qui ci sono i carabinieri, non rompere i coglioni la prossima volta che sennò finisci male...» e non aspetta risposta.

È verde. E allora sgasa e schizza via.
Poi fa una curva tutto piegato, già perso, andando chissà dove, verso un altro bacio, magari più in ombra... E forse qualcosa in più.

Jimin riparte piano piano. I carabinieri stanno ancora ridendo. Uno ha finito la sigaretta. Prende una gomma che gli offre la ragazza. L'altro ha chiuso il telefonino e si è messo in auto a sfogliare chissà quale giornale.
Non si sono ancora accorti di niente.

Jimin continua. Guidare. Dopo un po' fa un'inversione a U tanto per sfuggire a quel fastidio. Non si è neanche liberi ogni tanto di dire la propria. In situazioni così ci si sente stretti, troppo stretti.

Dall'altra parte della strada i carabinieri non
ci sono più. Anche la ragazza è scomparsa. Un'altra invece aspetta l'autobus.
È di colore e si confonde quasi con la notte
se non fosse per quella maglietta.
Rosa con un buffo pupazzo.
Ma anche questo non lo fa ridere.

Jimin continua a guidare lentamente, cambia cd. Poi ci ripensa e mette la radio.
Meglio affidarsi al caso certe volte.
Che bomba quest'auto. Spaziosa, bella, elegante. La musica si diffonde perfettamente da diverse casse nascoste. Tutto sembra perfetto. Ma a che serve la perfezione se sei da solo e nessuno se ne accorge? Nessuno la può condividere con te, farti i complimenti oppure invidiarti.

𝐒𝐜𝐮𝐬𝐚 𝐦𝐚 𝐭𝐢 𝐜𝐡𝐢𝐚𝐦𝐨 𝐚𝐦𝐨𝐫𝐞 | 𝐏.𝐉𝐌 𝐱 𝐑𝐄𝐀𝐃𝐄𝐑 Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora