La Fortuna Dei Regali(1/1)

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Il giorno dopo Falchi informò i suoi gentilissimi ospiti che per la notte sarebbe rientrato alla tenuta dei Rapaci che stava in capitale. Presto lui e il padre sarebbero tornati a Haddel ed era meglio cominciare a ordinare i bagagli, così disse.

Quella sera Luka si ritirò nella sua stanza da solo. Durante la sua permanenza a Palazzo si abituò ad avere una stanza tutta per sé, poi a condividerla con un amante e di nuovo con il proprio respiro e la biancheria usata lanciata in un angolo. Ma non soffriva la solitudine. Non ci pensava nemmeno: col corpo disteso su un fianco e l'unghia del pollice sotto gli incisivi, attendeva.

Sullo stesso piano, qualche porta più avanti, dietro di questa ronfava sua maestà Gaio. Al contrario del suo ragguardevole ospite, non era tenuto sveglio da un'ansiosa attesa o pensieri intricati: non c'era stato un momento della sua vita in cui non fosse stato ricco e la sua ricchezza era sempre andata a crescere, poteva ricoprire tutta la sua considerevole mole con tutto l'oro che aveva e ritrovarsene in avanzo. In giovane età aveva avuto distese infinite dove poteva passeggiare e tutti gli sorridevano, alla mezza, che guardasse a destra o a sinistra, tutto gli apparteneva.

La linea della vita di re Gaio andava ascendente fino a giungere dove solo l'immaginazione di un semplice contadino poteva arrivare: aveva la terra, aveva l'amore e aveva i libri. Ed era più che soddisfatto della sua fortuna. Insomma, pochi uomini potevano sedersi a tavola e portarsi al labbro peloso una tazza fumante con la mano anellata mentre la donne più belle del mondo sedevano loro di fronte e dicevano "buongiorno, tesoro" e "buongiorno, papà". Era contento di essere tra questi.

Poche volte gli angoli delle labbra di Gaio erano stati visti all'ingiù o le guance meno rosse. Gli studiosi erano arrivati alla conclusione che quelle erano costanti dell'uomo sereno.

E la serenità di Gaio non si spegneva nemmeno quando il cielo era nero e tutte le candele erano state soffiate: le ciglia accarezzavano leggere gli zigomi e le dita erano intrecciate sulla pancia sferica come in una profonda preghiera. Il vecchio cane ai piedi del letto, grasso, con le zampe abbandonate agli spifferi e la coda rilassata, ne era la copia sputata.

Nemmeno il cigolio della porta che si apriva a quell'ora tarda poteva creare uno spiraglio nella sua serenità.

«Oh, ciao, lucertolina» salutò e la invitò ad accomodarsi battendo le dita grassocce sul materasso. «A cosa devo la tua visita? Non che mi dispiaccia.»

Oe senza inchini e cerimonie si avvicinò tirando la camicia da notte per non inciampare.

«Pensavo ti facesse piacere un po' di compagnia.» Indicò con un cenno della testa il vecchio cane: se il suo petto non avesse fatto su e giù, l'avrebbero potuto dare per morto.

Gaio ridacchiò dal suo trono di cuscini. «Pensavi bene, lucertolina.»

Sapeva che la sua Oe non era al massimo della sua forma, nonostante i fiocchi e i vestiti sfarzosi: i vecchi porci, poveri e ricchi le facevano gli agguati da tutta la settimana, le dicevano quanto fosse bella e cosa potevano offrirle(per quanto si potesse offrire ad una ragazza che aveva già tutto). Ci si mettevano anche le donne che presentavano i loro figli come pesci al miglior prezzo e volevano essere sue amiche.

Era in quelle occasioni che avere un guerriero della Compagnia nella tribuna reale tornava utile: il bel tenente si alzava(se non era già in piedi) e diceva così: "Gentil signore" oppure, "Gentile signora, forse non se ne sarà resa conto ma sua altezza è già indaffarata." Diceva così con un sorriso cortese da manuale e la mano luccicante sul pomo della spada.

A Gaio piaceva Falchi. Portava allegria ed era molto educato, gli sarebbe piaciuto averlo in famiglia. Ma questo a Oe non lo disse perché c'era già chi cercava di metterli in tunica al costo di celebrare lei stessa la cerimonia e alla principessa stava tornando quello sfogo rosso sul collo di quando era stressata.

Quindi sollevò la mano e cercò di infondere un po' di serenità tra gli invidiabili riccioli della principessa di Hod'ragen, che in quel momento non era la principessa di Hod'ragen ma una bambina che si infilava nel letto del suo papà, a cui non importava se possedesse o meno la terra dalle Montagne Serpentine al Mare Gorgogliante, per lamentarsi della sua giornata.

Questo lo fece sorridere, anche se c'è da dire che Gaio trovava sempre un motivo per sorridere.

«Mi stai ascoltando? Perché sorridi così?»

«Pensavo» rispose Gaio. «È da una vita che non ti intrufoli nel mio letto, lucertolina.»

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NDA

Un po' di tenerezza che non guasta mai <3!

-Frankumine

Il Regno Di Hod'ragenDove le storie prendono vita. Scoprilo ora