Il Campione(1/3)

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Luka era diventato oggetto di risate. Questo a causa della sua ingenua fiducia nelle sue doti teatrali: non ebbe il tempo di finire di dire "chi l'avrà notato..." che l'intera sala scoppiò a ridere.

«Chi non l'avrà notato, semmai» lo schernì lo zio.

C'era una piccola tribù nel nord-est del continente, di gente dalla pelle... in realtà nessuno lo sa: questa tribù del nord-est è un "vicino di casa" degli Snòzi. Tra virgolette, perché abitava una regione delle Terre Fredde dove non passava uno spirito e non intrattenevano scambi di alcun tipo, commerciali o di parola, nemmeno con gli uomini bianchi a qualche chilometro di distanza verso sud. I "Cinici" venivano chiamati gli appartenenti a questa tribù, ammesso che esista davvero: nessuno sa di che colore sia la loro pelle, che forma abbiano i loro occhi o in che dio credano. Ed era fortemente sostenuta la teoria secondo cui i Cinici non fossero al corrente del mondo all'infuori del villaggio.

Ecco: neanche ai Cinici, affermava convinto Bracciodiritto, erano sfuggite le battutine, i complimenti e le toccatine tra il nipote e il tenente.

Luka sprofondava nell'imbarazzo mentre i sovrani di Hod'ragen, quello che considerava il suo più fidato confidente e l'intera servitù ridevano nella grossa.

Sua maestà Livyia, che passava le dita sotto l'occhio per asciugare una lacrima, disse che i cugini dell'Impero Mannu si scervellavano da giorni per trovare un bel regalo di nozze.

«Perché lo sposerete,» aggiunse, «immagino.»

Se non fosse stato impegnato a pregare Farouk - che possa vederti di buon occhio - di farlo sprofondare sotto il pavimento, Luka si sarebbe accorto che Oe non si reggeva la pancia dalle risa né si sbellicava fino alle lacrime, come il resto dei presenti meno lui. Anzi, era piuttosto tranquilla: tendeva un sorriso sereno, non troppo euforico, restando in silenzio. Sembrava contenta, ora che le asfissianti attenzioni della sua organizzatrice di matrimoni aveva spostato l'attenzione su un nuovo cliente. Più soddisfacente.

«Sempre se il tenente Falchi è altrettanto desideroso di sposare me» disse e si chiese cosa avesse detto stavolta di tanto esilarante.

«Per favore, mastro» gli si rivolse Miriam con il massimo rispetto, mentre gli ritirava piatto e posate da davanti. «Il tenente guarda voi come la mia sposa guarda le olive farcite.» Ritengo necessario aprire qui una parentesi: era raro che qualche serva e compagnia di rango inferiore vedessero olive farcite su un piatto loro e non diretto verso il tavolo del padrone. I più golosi(o poveri) arrivavano alle lacrime le volte in cui capitava che la prelibatissima pietanza poggiasse sulla loro lingua.

Quindi Luka volle sprofondare un po' meno. Ma un certo timore restava...

La verità era che aveva una paura blu del suo futuro suocero e l'unico modo in cui sarebbe riuscito a chiedergli la mano di suo figlio era legando il messaggio alla zampa di un piccione viaggiatore e farlo volare mentre correva nella direzione opposta. Poi però si sarebbe sentito in colpa per il piccione, finito tra le grinfie del tremendo generale al posto suo.

Se lo immaginava zampettare esausto, completamente spennato, proprio com'era appena uscito dall'uovo, ma provato dal peso dell'esperienza.

Be', pensò, Falchi c'era da più di vent'anni tra quelle grinfie ed era ancora tutto(okay, forse non proprio "tutto") intero: una chiacchierata non l'avrebbe ucciso... Ma, a proposito, dov'era Falchi? Aveva detto ci sarebbe stato alla premiazione, prima di tornare a Haddel...

Luka sperò non avesse rotto il suo record proprio ora. 

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