Quegli occhi... Centinaia di lingue di fuoco intrappolate dentro una biglia. Fosse caduto il sole e le stelle e la luna e quegli occhi fossero stati aperti, sarebbe sembrato ancora giorno.
Erano quel fuoco dei falò che si alzava e faceva credere negli dei. Vita e morte. Mani che si scontravano, piedi che battevano e gole che si consumavano.
A Luka mettevano una certa tristezza.
Anzi, prima c'erano stati i brividi: si era riflesso in quegli occhi lì, che sembravano fuoco, prima che il fuoco vero lo bruciasse. Per fortuna, solo in modo superficiale.
Poi era venuta la tristezza. Il braccio aveva smesso di fargli male e quegli occhietti lì erano diventati tristi. Era ovvio che Abbatticampione non se la spassasse: il collare che lo trainava era troppo stretto e se non collaborava a muoversi, si prendeva calci sul sedere e le cosce. Il puzzo di carne che bruciava era coperta dal sudore, l'olio per i muscoli e la frittura. Anche qualche alito fetente faceva la sua parte.
Ecco a Luka questa scena qui, di quella lucertola molto cresciuta che da una celletta buia viene trascinata sotto il sole cocente, strappata al suo sonno perché non aveva niente di meglio da fare che dormire, metteva addosso un'enorme tristezza. D'altronde Abbatticampione non è che disturbasse qualcuno, laggiù in montagna. Non stava accucciato sulla pianura, in città dove c'era la vita, il movimento e la gente avrebbe trovato fastidioso un drago fermo sulla strada principale.
«Tutto bene, Dake?»
Luka spostò lo sguardo sugli occhi di Falchi che erano blu, come il cielo e come l'acqua. Anche quelli gli erano sembrati tristi di tanto in tanto, pure quando sorrideva. A volte li spalancava e li poteva vedere in tutto il loro blu e l'affetto del nonno che gli fece questo regalo. Quella in cui prese Abbatticampione per il muso erano seri e fu l'unica vera volta in cui Falchi gli sembrò un militare.
Si accarezzò il braccio.
«Oh, capisco» concluse Falchi.
«Che succede adesso?» chiese, anche se già se lo immaginava.
I giocatori che non c'erano riusciti si erano ritirati. Dentro il cerchio polveroso restavano il presentatore, Egar e le guardie che tiravano Abbatticampione.
Falchi gli si fece più vicino. Gli toccò il ginocchio.
Luka aveva già avuto il naso del tenente così vicino al suo, ma questa era la prima volta che qualcosa era capace di estraniarlo completamente da quell'evento.
«Ora Egar deve far sanguinare il drago.»
«Perché gliel'ha chiesto Isabella?»
Fece di sì con la testa e poi di no. «Anche! Ma l'avrebbe dovuto fare comunque. Si è creata una tradizione: chi si è distinto nel regno eretto sul cranio di un drago dovrà spargerne il sangue. Ricorda chi siamo, da dove veniamo...»
«Lo ammazza?»
«Un taglietto superficiale è sufficiente. Se morisse, sarebbe un peccato.»
E a questo Luka sarebbe bastato. Non era tra le frasi più profonde, di quelle che si scrivono nei libri e nelle pagine, ma bastava a farlo sentire vicino a sé. Lo aiutava a credere che anche al tenente questa scena mettesse tristezza, che anche in lui si stesse creando un grido. Ancora lontano e flebile ma stava nascendo.
Invece continuò e disse così e a Luka dispiacque: «Non abbiamo molti draghi da queste parti e la gente si esalta per questa cosa!» Quindi indicò col braccio tutte le persone che non vedevano l'ora di vedere quegli occhi appannarsi, le fiamme spegnersi sotto le lacrime a cui portava il dolore.
Lui con quelle persone non c'entrava. O forse era diventato un po' monaco, perché di applaudire non se la sentiva e di scuotere i piedi, nemmeno. Voleva gettarsi sulla terra, sotto il sole della primavera che non intendeva tardare a cedere il posto all'estate, correre dove quel corpo arancione e bruciato stava accovacciato. Correre come si fa verso i piccioni che subito prendono il volo e vanno qualche metro più in là o in un'altra città...
Ma Luka non fece niente di tutto questo. Non poteva. E non perché aveva paura che lo prendessero per pazzo, ma perché se guardava bene, vedeva che Abbatticampione, maestoso e triste, non si sarebbe alzato in volo come un piccione: le ali erano schiacciate sulla schiena. Legate al corpo, strizzate come una salsiccia da catene che aveva imparato a sopportare.
Quindi girò lo sguardo e strizzò gli occhi.
Non l'avrebbero preso per pazzo. Forse un animo sensibile.
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Il Regno Di Hod'ragen
FantasiaIl regno di Hod'ragen è stato innalzato sulla carcassa di un drago, ai tempi in cui questi occupavano in massa la pianura che va dalle montagne Serpentine al Mare Gorgogliante. Regine dopo re e re dopo regine hanno mosso i primi passi su quel che r...