Il Bimbo Imprevisto(1/4)

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Dacante non era un uomo sterile o i cui guerrieri non funzionassero più, né sua moglie Najyo era una donna dall'utero arido o maledetto da una strega a cui aveva fatto un torto. Lo potevano dimostrare i sette figli sfornati uno dopo l'altro e tirati su come perfetti provinciali del Quartiere del Sole, in un'epoca in cui le province erano più piccole e non erano sinonimo di "gente per bene". Quella era una provincia del regno di Hod'ragen dove buona parte dei cittadini discendevano da un clan indipendente dei Pastori Nomadi del Meridione che aveva deciso di sostituire le tende alle case e, alcuni, le pecore e i cani da pastore ai cani e i gatti da compagnia. Non era improbabile che tra vicini ci si chiamasse "cugini" nel Quartiere del Sole.

Nonostante già da una, due generazioni avessero smesso di camminare sotto il sole cocente del deserto Duh'solle, alle famiglie era rimasta la pelle scura e i ricci fittisimi. Sempre se si parla dei discendenti dei Nomadi, perché altri concittadini del Quartiere del Sole erano di sangue Snòzi, una tribù delle Terre Fredde: laggiù, in quella regione che a dire "fredda" è un eufemismo, il sole splende nel cielo sì e no tre giorni l'anno e la sua luce è flebile e mai lontanamente calda. Così, tutti gli Snòzi in vacanza nel regno di Hod'ragen o che ne avevano la cittadinanza, portavano gli occhiali ed erano pallidi come la neve appena caduta e non ancora marcata dagli orsi bianchi che erano l'equivalente Snòzi di un cane o un gatto. Capitava che si colorassero quelli che abitavano sulle coste e da bianchi alabastro divenivano rossi pompelmo, poi sul beige da quando la strega Elsella(considerata un'onesta lavoratrice nelle Terre Fredde) introdusse un unguento bianco, freddo e cremoso originariamente chiamato "embrocazione a dispetto della luce rovente delle terre meridionali", in breve "crema solare".

Quindi, Dacante e Najyo erano discendenti dei Pastori Nomadi del Meridione e una coppia di coniugi fertile e fortunatamente volenterosa di mettere su una grande famiglia. Sette, decisero fosse un numero sufficiente di figli mentre lei aveva nella pancia il quarto ed aveva la bocca umida di cipolle sottaceto. Inoltre, figli in più facevano sempre comodo in una famiglia di contadini.

Sapevano di volere dei figli e che questi sarebbero arrivati senza difficoltà. In ordine nacquero la maggiore Daliah, Alika che cambiò poi nome in Artin, Ibiya, Luka, Issa, Dino e Kwafari.

Najyo ci aveva fatto talmente l'abitudine ad essere incinta che poteva dire che qualcosa si sarebbe mossa nella sua pancia ancor prima di sussurrare al marito "mi è tornata la voglia". Poteva predirne il sesso e a chi avrebbe somigliato di più, tra lei e il marito.

Non aveva però previsto che il quarto figlio, Luka, sarebbe venuto da loro in piena notte. Certo, poteva facilmente immaginare che non sarebbe riuscito a dormire: Issa era nato da poco ed era molto desideroso di farlo sapere al resto del mondo. Com'era desideroso di far sapere che voleva il latte e che non lo voleva più, che lo scalpo gli prudeva, che non voleva tenere la cuffietta che teneva lontano i folletti, che aveva sonno, che non ne aveva, che voleva essere preso in braccio o messo giù.

Allo stesso modo si era svegliato quella notte, così Najyo si avventò subito sulla culla, mentre Dacante cercava di ignorarlo per un po', fingere che fosse solo un sogno e la realtà costituiva nella sua testa stempiata sul cuscino. Ma non era affatto un sogno, quindi sospirò, si mise seduto ad enumerare tutti i motivi che io e te, caro lettore, abbiamo comodamente elencati poco sopra, potevano essere germe dell'ennesima crisi di pianto. Per ironia della sorte, "Issa" è un perduto vocabolo dei Nomadi che significa "a chi il sole sorride". Forse era proprio il sole a stargli tanto antipatico, oppure ne sentiva la mancanza quando al suo posto splendeva la luna bianca: erano tutte teorie plausibili.

Najyo gli mise quindi il seno in bocca e glielo tolse, gli tolse la cuffia, lo dondolò, lo passò al padre, lo riprese e gli intonò una ninna nanna, poi due, tre, quattro esaurendo il repertorio finora mondiale delle ninne nanne.

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