La Mano Della Principessa(1/3)

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«Perdonatemi,» rispose cordialmente Luka. «Ho lasciato le carte nel bagaglio.»

Il gentil signore capì e lo lasciò tornare al suo libro, ignaro di essere appena stato preso in giro. Che Luka avesse bisogno di consultare un mazzo di carte dai bei disegni, era una menzogna bella e buona: era stato il padre a dirgli di portarsene dietro uno e spacciarsi per un cartomante, cosicché gli ansiosi gli avrebbero dato meno noie. E anche di dire qualche bugia, che al cuore non faceva male, ma si scoprì non essere un granché come bugiardo.

Era, in compenso, un eccellente veggente, non perché chi lo consultava ne usciva dopo con un sorriso a trentadue denti ingialliti, ma perché conosceva i desideri della gente e il suo futuro era sempre, immancabilmente esatto. Non aveva bisogno di carte, sacrifici umani, incensi e gatti: il futuro gli era facile da leggere come un libro aperto di cui saltava a piacere alcuni capitoli. A volte tornava indietro, avanti, rileggeva più e più volte lo stesso paragrafo che mai e poi mai cambiava, nemmeno di una singola virgola.

Per questo si tenne alla larga dalla famiglia di mastro Javyne, la cui casa fu segnata da una grossa croce rossa qualche giorno fa ad indicare l'origine di un focolaio di peste. Per lo stesso motivo evitò il cugino Lane che bazzicava un po' troppo da quelle parti.

Però, se l'informazione della sua straordinaria capacità fosse stata di dominio pubblico, non ne sarebbe venuto a capo. La tenuta nel Quartiere del Sole brulicherebbe di ansiosi, innamorati, ipocondriaci e avvocati. Chiunque l'avrebbe potuto fermare per strada, dal fruttivendolo, dietro un cespuglio a svuotarsi la vescica perché un vaso non si trovava nelle vicinanze per chiedergli un'informazione, due cose veloci che non gli avrebbero preso tanto tempo e poi si faceva domani. Un mazzo di carte, invece, poteva perdersi, poteva essere fuori portata o aver bisogno di essere purificato e quello che riusciva a inventarsi lui e i veri cartomanti che il giorno non ne avevano proprio voglia.

Solo che i veri cartomanti erano maestri della menzogna e rimanevano impassibili nel guardare in faccia un uomo e dirgli che avrebbe campato cent'anni, nonostante(pure le carte lo sapevano) non avessero dubbi un infarto se lo sarebbe portato via entro il fine settimana. Luka un po' meno: dopo quella minuscola, innocente bugia bianca che aveva rifilato all'uomo che gli sedeva di fronte, la gamba destra gli prese a tremare e le labbra a storcersi, non fossero mai state comode in vita loro.

L'unica cosa che gli assicurava di non essere smascherato era che nessuno lo guardasse negli occhi. A quello serviva il libro, che a quel punto poteva aver riletto almeno un centinaio di volte. Sperò solo che la sua copia consumata di Le gesta e le pene del nostro guerriero Ammazzadraghi durasse l'intero viaggio.

La carrozza, che trasportava un rivenditore di stoffa, l'ereditiera di una bottega di stampatori che si sventolava il collo, il suo cane e ovviamente il figlio di un proprietario terriero che aveva la capacità di vedere nel futuro, era diretta dal suo cocchiere verso Hod'ragen, la capitale attorno cui le province del regno si erano fondate. La principessa che un giorno avrebbe ereditato tutto, dalle montagne Serpentine alle spiagge del Mare Gorgogliante aveva compiuto diciotto anni e tutti i musicisti, i cavalieri, i proprietari terrieri e i principi di piccoli regni si dirigevano a Palazzo a chiedere la mano di Oe o vederla convolare a nozze.

Si diceva che la principessa fosse di una bellezza straordinaria e annoiata(così com'era tipico nelle future regnanti) e che i suoi occhi brillassero di vera magia. Luka lo sapeva, ma non era particolarmente desideroso di prenderla in moglie o diventare re: il denaro non gli mancava e nemmeno l'amore. Aveva, inoltre, conosciuto la principessa e tra loro era instaurato un rapporto che non andava al di là di quello tra due cugini che si vedevano ogni tanto alle riunioni di famiglia.

Rimaneva comunque lui e complice l'arcimago Strizzacuori, l'artefice della fortuna delle loro maestà, il re e la regina: per mezzo del consigliere Anshival, che Luka chiamava affettuosamente "zio Bracciodiritto", gli consegnarono in mano una lettera incorniciata da ghirigori in inchiostro dorato che lo invitava a raggiungerli a corte in vista dell'evento.

Anche la coppia reale era stata convinta che le premonitori derivassero dal consulto delle carte. L'aveva detto loro suo padre, non Luka, che alla sola idea di mentire all'autorità statale rimise per due giorni.

La bugia detta al suo co-passeggero ce lo stava portando vicino. Dovette fingersi incredulo della conclusione de Le gesta e le pene del nostro guerriero Ammazzadraghi, tanto da dover rileggere la stessa pagina esattamente il numero di volte necessarie affinché la carrozza si fermasse davanti al palazzo reale di Hod'ragen. 

Il Regno Di Hod'ragenDove le storie prendono vita. Scoprilo ora