I Nastri Di Seta(2/3)

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Falchi era sveglio da prima dell'alba. Era impaziente di essere sveglio, quindi la notte prima era riuscito ad addormentarsi solo allo spuntare dell'ultima stella.

Di conseguenza era piuttosto assonnato. Sollevò una spalla e ci sbadigliò contro, nonostante non lo vedesse nessuno: nemmeno per un momento il bravo cavaliere doveva mancare alle buone maniere. Diede una grattatina al collo della sua cavalla che a stare ferma stava perdendo la pazienza. Sbuffò ma stette tranquilla, non minacciosa di buttarlo giù di sella.

Finalmente il portone cigolò con l'intenzione di aprirsi. Per davvero: lo stesso servo di una mezz'ora prima, questa volta non sobbalzò alla sua vista prima di richiudere e urlare per il palazzo del suo arrivo. Nel frattempo un vecchio cane reale dal muso cadente si era trascinato fino alla cavalla per poi sdraiarsi esalando qualcosa tra uno sbuffo e un abbaio.

«Tenente» lo salutò chinando il capo. Lo pregò di distanziarsi un poco così da poter aprire i portoni.

La fronte del servo era imperlata di sudore, così come quella dei membri di tutta la servitù.

«Voi eravate nella missione del Mezzo? O mi sbaglio?»

«Non vi sbagliate, signor tenente: soldato semplice Larco. Sono tornato dalla battaglia zoppicando.»

«Eravate sotto il comando di mio nonno! Ricordate ancora il motto?»

Il servo schiarì la voce e portò un pugno sul cuore. Recitarono all'unisono: non c'è aspirazione più grande che servire e sanguinare nel farlo.

«Riposo, soldato!» disse Falchi scherzoso. «Spero che la vostra posizione attuale non vi procuri infortuni di questo rilievo!»

«Non è usuale ma è capitato, signor tenente.»

«Buongiorno, tenente Falchi! È una piacevole sorpresa avervi qui.»

Sua maestà comparve dalle scale come se passasse casualmente di lì e come se fosse sua abitudine cerchiarsi gli occhi di kajal prima di colazione.

«L'avete detto voi, vostra maestà: la famiglia reale sarà sempre ospite della mia.»

«E non mentivo. Larco! Porta il cavallo del tenente nella scuderia! Voi scendete di lì e accomodatevi, prego.»

Falchi saltò giù dalla cavalla e la salutò con una pacca sul fianco, prima di consegnare le redini al servo ex soldato semplice Larco.

«Si chiama Lavanda.»

«Delizioso, signor tenente.»

«Vi ringrazio, Larco. Vostra altezza.»

Si inchinò davanti alla principessa Oe: i suoi capelli erano pieni di fiocchi che le tenevano scoperto il viso. Stava in piedi accanto alla madre coperta da una vestaglia che non era la solita messa prima di colazione, ma molto più elegante e dai ricami ricercati.

Nemmeno Falchi vestiva dell'armatura di ferro che conosciamo: portava una divisa nera in tessuto che includeva all'altezza del cuore una toppa con sopra il disegno stilizzato di un rapace. Della tenuta da guerriero aveva solo uno spallaccio che non poteva semplicemente togliersi e la spada pendente dal fianco sinistro.

«Siete particolarmente radiosa stamattina, vostra maestà.»

«Tenente» lo riprese. «Io sono una donna felicemente sposata: corteggiate mia figlia piuttosto.»

«Chiedo scusa.»

«Si sarebbe offesa di più se non aveste detto niente» commentò re Gaio con un baffo schiacciato sul labbro. Quella mattina non era stato dolcemente svegliato dalla luce dell'alba, ma buttato giù dal letto da una serva sorprendentemente magrolina con la fronte imperlata di sudore. «Volete unirvi a noi per la colazione? Bracciodiritto e Luka ci raggiungeranno a breve: hanno avuto un risveglio più docile del mio...» Serrò le labbra quando la consorte gli pizzicò discretamente il braccio.

Il Regno Di Hod'ragenDove le storie prendono vita. Scoprilo ora