Una Cosa(1/3)

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La pelle bronzea e cosparsa degli oli pregiati che la capitale comprava dal Quartiere del Sole di Egar il Grosso brillava come l'armatura di un guerriero al mezzogiorno.

«Non dovreste allenarvi per la gara di oggi?» gli chiese la prima fanciulla che scese dalla carrozza reale. Non era né una regina né una principessa e lo si poteva dedurre dall'abito più semplice e meno ricco.

«La fredda corona che indosso non ripaga la morbidezza della mano tiepida di una fanciulla» le rispose dandole il braccio. «Soprattutto se questa è graziosa come voi.»

«Se non fosse che chiunque abbia più di uno spicciolo punti al fatto che completiate prima di tutti gli altri il giro completo dell'arena e non che facciate girare la testa alla mia dama di compagnia» si intromise una giovane dall'indubbia bellezza e ricchezza. Non era tanto alta, ma la postura dritta e le palpebre annoiate la facevano sembrare irraggiungibile. Oe era impeccabile ad imitare sua madre.

Egar il Grosso abbassò il capo in un gesto di solenne rispetto verso la principessa del regno di Hod'ragen.

«Su questo non avete torto, vostra altezza.»

«Certo che no: o non sarei la principessa. Ora...» gesticolò come a cacciare una mosca, «andate ad oliarvi i muscoli più in là. Vi conviene non deludere me e i vostri tifosi.»

Il campione fece un'altra riverenza prima di allontanarsi, alla principessa e alla fanciulla tanto graziosa.

Sua altezza Oe poteva passare come il dipinto di sua madre appeso sul camino mentre lo guardava andare. Poi si voltò con le sopracciglia alte e il sorriso tirato di una lavanderina pettegola.

«Bella, Bella, Bella...!» Si appese al braccio della sua dama come un appestato si aggrappa alla vita. «Che mi combini?»

Isabella cercò un ciuffetto di capelli da mettere a posto.

«Io, vostra altezza? Io non combino proprio nulla!» Le tremavano le labbra mentre cercava di non farsi prendere dalla riderella.

«E brava: fatti corteggiare! Chissà se alla fine della settimana qualcuno avanzerà una proposta di matrimonio.» Le strizzò l'occhio ed entrambe risero in modo molto poco regale. «Non è di certo un uomo brutto, né un disagiato.»

«Non trovate sia anche estremamente romantico, vostra altezza? Avrebbe più successo da poeta che da campione!»

Gli uomini scesero dalla carrozza fermata lì accanto.

Da cavaliere qual era, Falchi scese per primo e offrì il braccio agli altri. Bracciodiritto, quindi, cominciò un elogio lungo quanto la lagna in cui si era perso il giorno prima. Gaio si complimentò per la forza con cui riusciva a reggere un omone come lui.

«Merito della tecnologia, vostra maestà.»

«Tecnologia? Che cosa sarebbe?»

«Un tipo di magia molto avanzato» si aggiunse Luka poggiando lo stivale al suolo.

«Ecco: ho sempre pensato che la magia che vi muove fosse unica nel suo genere. Bracciodiritto! Avete mai sentito parlare della "tecnologia?"»

«Forse un accenno» gli rispose Bracciodiritto mentre Gaio lo raggiungeva.

Falchi indicò con un cenno della testa l'arena a voler dire che dovevano avviarsi anche loro. Mosse il primo passo ma Luka lo trattenne pizzicandogli il fianco.

Leccò il pollice e lo strofinò sulla guancia bianca del tenente. «La marmellata sa essere dispettosa!» citò e risero. Luka continuò: «Ti sei sentito a disagio? Per le battute sull'amante...»

Falchi sollevò le spalle.

«Ci sono abituato: è la dura vita di chi è bello! Dovresti capirmi.» Seguì un silenzio di un paio di secondi, quindi aggiunse: «Ti sto...»

«Sì, l'ho capito. Ho capito.»

«Grazie a Farouk - che possa vederti di buon occhio!» Falchi ridacchiò. «Senti...»

«Se solo un cavaliere moro occhi azzurri venisse ad aiutarmi a scendere questo vertiginoso gradino!»

«Penso stia chiamando te.»

«Ho questa impressione anch'io. Non temete l'altezza, vostra maestà! Perché il vostro guerriero sta venendo a salvarvi!» Prima di andare, toccò il braccio al cartomante, volendogli dire un'ultima cosa puntando gli occhi sui suoi(Luka era lì lì per svenire). «Gli allenamenti sono abbastanza noiosi. Potremmo fare un giro per il mercato e tornare in tempo per tifare il nostro campione.»

«Ho degli spiccioli: potrei comprare un pensierino da portare ai miei genitori. L'ultima volta non l'ho fatto.»

«Ottimo. E dopo ti porterò a vedere una cosa che sono sicuro ti piacerà!»

«Mi affido totalmente al tuo giudizio.»

«Volete muovervi? Ho bisogno di sedermi!» richiamò Livyia che era rimasta in piedi sul gradino per tutto il tempo. Il bel tenente capì che non poteva tardare ulteriormente.

Luka guardò la sua schiena allontanarsi con un sorriso che gli tagliava il viso in due. Il futuro si stava facendo sempre più vicino, lo sentiva, e il presente accorciava la distanza tra lui e un bacio che aveva assaggiato tante volte ancora prima di darlo.

Alzò le sopracciglia in un balzo come gli fosse appena tornato qualcosa in mente. Raggiunse lo zio e re Gaio con una corsetta. Chiamò quest'ultimo: «Vostra maestà, scusate...»

«Ditemi, caro Luka.»

«Potreste evitare di fare commenti davanti al tenente Falchi come quelli sulla carrozza?»

Gaio increspò la fronte sorpreso. «Le mie erano solo battute.»

«E vi credo, ma non penso che a Falchi facciano così ridere.»

«Oh. Grazie per avermelo fatto notare, Luka.»

«La colpa non è del tutto vostra, vostra maestà» disse Bracciodiritto. «L'ho trovato... ammutolito il tuo amico, Luka.»

«Davvero?» fece incredulo. Girò la testa verso dove veniva chiamato. «Me ne parlerete dopo. Devo andare!»

Il Regno Di Hod'ragenDove le storie prendono vita. Scoprilo ora