Non C'è Motivo Di Stancare Il Vostro Cavallo(2/2)

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Fuori da Da Tarsa il cocchiere reale spalancò la bocca in un enorme sbadiglio: ospiti di riguardo, mastro Dacanti e il tenente Fachi, quindi degni di vizi e servizi, ma da quando c'erano ritenevano dovuta anche la libertà di prendere le sue ore di riposo e strizzarle come lo straccio di una lavanderina. Potrei approfittarne per leggere Le verità e le menzogne del dio delle verità e delle menzogne, pensò nel mentre che i famosi ospiti salivano a bordo della carrozza aiutandosi a vicenda. Il veicolo propense verso un lato e tornò dritto.

Perlomeno era mezzo sordo e le loro risate le percepiva come un brusio lontano che non dava tanto fastidio. Quello che invece si dissero a voce molto bassa, non lo udì nemmeno. Quindi tra sé e sé intonò una canzone che aveva sentito una volta cantare dal donnone che batteva i panni sul balcone proprio di fronte al suo: la sua voce forte e melodiosa raccontava di un amore sbocciato in primavera che pregava tornasse finito l'inverno.

Ci stava prendendo gusto. La sentiva ardente nel cuore la speranza per quell'amore e si scoprì piuttosto bravo a pregargli di tornare. I compaesani che cercavano di mettere a letto i figli erano compiaciuti del talento che si aggirava per le strade a quell'ora di sera ma che non aveva né un volto né un nome, ne era certo.

Concesse loro un bis, un tris e quando la carrozza si fermò davanti al palazzo reale, lo presentò ai suoi passeggeri col tono profondo e importante di un cantante melodrammatico.

Il cartomante e il tenente scesero e si avviarono verso il portone. L'uno non chiese all'altro se anche lui avesse sentito il cocchiere cantare come se schiacciasse il piede sul palco, per la prima volta davanti a centinaia di spettatori e con il sudore che gli colava dalla tempia al mento per il caldo che faceva la parrucca e il fondotinta. Allo stesso modo non lo fece l'altro, attribuendo l'episodio a uno scherzo del luppolo.

Siccome potevano anche evitare di far muovere tutto il palazzo, Luka, che conosceva tutte le entrate e le uscite, accompagnò Falchi sul lato destro dell'edificio. Lì ci stava una porta molto meno maestosa di quella frontale e che si apriva con una chiave nascosta tra due mattoni non perfettamente adagiati l'uno sull'altro.

Di lì passavano gli amanti. E se Luka fosse stata un po' più sobrio, l'avrebbe vissuta come un'avventura.

Non che non fosse su di giri e caldo sulle guance mentre toccava con la spalla quella di Falchi e attraversavano i corridoi furtivi.

Arrivarono in sala da pranzo dove una domestica finiva di sbarazzare. Si portò una mano al cuore quando li vide: l'ultimo a essere passato di lì era stato il figlio del giardiniere un biennio addietro. Quando lo vide, arrossì fino ai capelli e le rifilò si fosse perso, eh sì, quando la ricchezza di sua maestà è così grande... Da quel giorno, l'episodio non si ripeté. O almeno, non con lo stesso personaggio.

Al figlio del giardiniere la domestica disse "che la maestà che tanto veneri non ti veda, scio!", ma dei primi due che spuntavano da lì da un biennio riconobbe il colletto alla moda della camicia e il rapace stilizzato sul petto.

«Mastro Dacanti. Tenente Falchi» li salutò. Poi andò ad avvisare sua maestà che i suoi ospiti erano rientrati.

Falchi si raddrizzò come il bastone di un saggio non appena sentì la parola "vostra", ma i suoi vestiti odoravano di locanda economica e sul petto aveva una chiazza scura di quando si rovesciò addosso il boccale mentre stavano cantando, agitandosi a destra e a manca.

Luka che era di natura sincera(e nel suo caso, lo sai, nel vero senso della parola), sedette a tavola e si toccò la fronte. Era passato il momento della ridarella e della furtività e adesso gli girava tutto.

«Buonasera, vostra maestà. Possiate scusarmi del ritardo, ma non date la colpa a Luka: è stata mia l'idea di trattenerci fuori» si scusò Falchi. Coprì un piccolo rutto col pugno e si scusò ancora.

Sua maestà fece una cosa strana quando entrò nella stanza e vide loro in quello stato: sorrise.

«Suvvia: siete giovani!» ribatté con un gesto della mano, serena come una donna al proprio capezzale che era riuscita ad arrivare alla fine della vita senza rimpianti.

Ti stupirà saperlo, ma non fingeva. Livyia non era affatto arrabbiata. Anzi, era allegra quanto la prima volta che la piccola Oe recitò la sua prima filastrocca tutta d'un fiato: mancava solo che cominciasse a battere le mani a ritmo.

Questo perché Livyia era convinta fosse una strategia a suo favore. Quella mattina andò da Luka con un sorriso da orecchio a orecchio e disse: "E bene il mio caro Luka! Vi siete fatto carico di parlar bene della mia Oe senza che ve l'abbia chiesto!"

Luka non negò.

D'altronde, non era una bugia: Oe l'avevano nominata, due o tre volte e nei suoi confronti non era stata pronunciata una parola cattiva.

L'ultima di queste volte era stata proprio in carrozza. Falchi chiese cosa avesse tanto da ridere.

"Sua maestà non sarà affatto contenta" rispose Luka.

"Ah è così tardi?"

"Vuole sistemarti con sua figlia, Falchi."

"Oh già."

"E quando capirà che a Oe non interessi, ti sposerà lei stessa!"

Risero, uditi da nessuno. Falchi poggiò la guancia sulla sua spalla e gli confessò che per quanto fosse un'invidiabile bellezza sua maestà quanto sua figlia, non ci si vedeva in veste nuziale accanto a nessuna delle due, né si vedeva nei panni di un principe. Poi, ancora, chiese per curiosità se a sua altezza non interessasse nemmeno un po', se lo trovasse almeno carino, ma Luka decise di evitare di dirgli che lo credeva un belloccio senza cervello. Sollevò una spalla.

Quindi, tornando al presente: sua maestà Livyia aveva le labbra tirate da un orecchio all'altro mentre girava con un cucchiaio la tisana nella sua tazza. Davanti al cartomante che si premeva le tempie, comparve un boccale di intruglio Snòzi. Sulla superficie di quel liquido - o qualsiasi cosa fosse - si formò una bolla che scoppiando rilasciò un odore orrendo nella stanza, ma non abbastanza orrendo da corrompere il sorriso della regina di Hod'ragen.

Falchi stava sempre in piedi come un soldato semplice che voleva fare bella figura.

«Essendosi fatta una certa ora, vi chiedo, vostra maestà, di prendervi l'unico disturbo di far portare il mio cavallo, cosicché possa tornare alla seconda tenuta dei Rapaci prima che faccia buio e...»

«Bah, tenente Falchi!» interruppe sua maestà. «Non c'è motivo di stancare il vostro cavallo. Il disturbo più grande me lo arrechereste se non passaste la notte qui a Palazzo» continuò. «Ci sono tante di quelle stanze vuote e la servitù non avrebbe difficoltà a trovare biancheria della vostra taglia. Siete convinto o ve lo devo imporre in quanto vostra maestà?»

Falchi sorrise e Luka alzò la testa.

«Sono stato addestrato per rispondere sempre agli ordini di chi mi è superiore.»

NDA 

I giovani sono andati a divertirsi un po'! Luka conosce le usanze della capitale, i cari compagni di Falchi e un altro personaggio di cui non vi dovete dimenticare... Perché? Sta a voi scoprirlo!

Oh sì! L'ignara regina ha invitato a Palazzo il timido tenente, che combineranno i due amanti sotto il tetto di sua maestà? Riusciranno a non farsi scoprire prima che la cotta di sua maestà Livyia raffreddi?

-Frankumine

PS: il ruttino di Falchi mi ha messo tenerezza.

Il Regno Di Hod'ragenDove le storie prendono vita. Scoprilo ora