Scesi dalla carrozza, fu preso d'assalto tale e quale alla fortezza di Basset all'epoca della rivolta del tonno. Tra chi gli faceva gli auguri e chi sbuffava e diceva "come vi invidio!", raggiunse a gran fatica l'entrata dell'arena e allo stesso modo la sua tribuna. Dovette appendersi alla manica dello zio per non finire schiacciato tra la folla.
Troppo impegnato a non sparire nella calca, si dimenticò di cercare Falchi.
Quando fu seduto, poté constatare che non c'era. Almeno dentro: i guerrieri della Compagnia erano seduti al solito posto e tra loro riconobbe Tronco che si rifaceva la coda, Cannocchiale che la guardava come una ciotola di olive farcite, ma del loro tenente, neanche l'ombra. Mancava all'appello anche il generale e lì il timore tornò a pulsare.
«Dove vai?» chiese Bracciodiritto.
«A bagnarmi le nocche di fango, toccare lo zoccolo di un cavallo col tacco dello stivale e pettinare i capelli a una cieca.»
«In quest'ordine?»
«Pressappoco.»
«Allora ricordati di toccare solo gli zoccoli destri o il sole sorgerà rosso» raccomandò. «E - tieni - vammi a comprare una busta di bastoncini di liquirizia. Il resto dallo a un bambino dai capelli rossi, se lo trovi.»
Gli mise in mano una manciata di monete e, ridendo sotto i baffi, gli augurò di tornare tutto intero.
Ah! Che tu possa perdonarmi, caro lettore: dimenticavo fossi un forestiero venuto da molto lontano. Sai, è che sei una così pacata presenza, propensa a immergersi nella cultura del luogo che continuo a scordarmi tu non sia di qui!
Dunque, permettimi di rimediare: le azione elencate qui sopra, dal bagnare le nocche nel fango a dare il resto a un bambino dai capelli rossi, sono tutti gesti tipici del regno di Hod'ragen volti a scacciare la sfortuna.
Be', forse non tutti. Alcuni sostengono(e io non lo nego né lo affermo) che la voce secondo cui dare i soldi avanzati dai propri acquisti a un bambino dai capelli rossi fosse stata messa in giro proprio da uno di questi, che racimolato un bel gruzzolo aveva lasciato il regno su un bellissimo stallone puro sangue. Si dice pure(non che io ne sappia qualcosa) che quel bambino era in verità un uomo sulla trentina affetto da nanismo che si era rasato la barba e pizzicato le guance per averle rosse e tonde.
Per questo molti viaggiatori dal pelo arancione rimanevano confusi ogni volta che passavano per il regno eretto sul cranio di un drago e qualche superstizioso gli ficcava in mano un sacchetto tintinnante. Ma dopo averci guardato dentro, decidevano fosse cattiva educazione rifiutare(paese che vai...) e ficcavano il denaro in borsa prima di ripartire. Non restavano mai a lungo. Infatti, a Hod'ragen c'erano poche chiome rosse e Luka si sentì già fortunato ad averne trovata una.
Non era un bambino, quello a cui affidò la sua sorte, e sperò che Farouk - che possa vederti di buon occhio - potesse chiudere l'altro sui brufoli puberali che gli indurivano le guance.
«Perché vi fanno gli auguri, signore?» chiese il ragazzino, che stava scoprendo quella pratica scaramantica per la prima volta in quel momento. «È il vostro compleanno?»
«No, ma... Tu non leggi il giornale...?»
«Juniper» concluse Juniper mentre mordicchiava una delle monete. Che dire, sapeva proprio di metallo.
«Tu non leggi il giornale, Juniper?»
«Io non so leggere, signore.»
«Oh» disse Luka. Scrollò le spalle. «Comunque questi dicono che mi sposo, forse.»
«Perché "forse"? Uh!» aggiunse il ragazzino che faceva troppe domande.
Dirottare completamente la sua attenzione era stato facile: Luka gli diede un bastoncino di liquirizia, una leccornia che nel suo paese era sconosciuta, e gli augurò ogni bene. Si allontanò prima che gli chiedesse chi fosse questo "Farouk" un po' miope.
Anche l'attenzione di Luka era saltata da tutt'altra parte. Aveva riconosciuto subito Falchi che si aggirava tra bancarelle e gentiluomini che gli allungavano una mano sulla spalla, così come a Falchi era bastata un'occhiata alla sua destra per stabilire la strada da seguire.
Si andarono incontro.
«Luka» disse Falchi fermandosi alla distanza di due passi. Era rigido come un tenente severo e le sopracciglia erano aggrottate in una posa atipica.
«Sei vivo!»
Rilassò un poco la fronte per sollevare un sopracciglio.
«Cosa?»
«Oh è solo che... Ho fatto un sogno...» Non era una bugia, pensò, ne aveva fatto tantissimi di sogni, in passato. Non l'aveva chiamato "Dake", pensò ancora. «Mi...» cominciò, ma una nobildonna e il suo compagno che non avevano senso del tempismo, trovarono quello il momento perfetto per volgere loro gli auguri.
Luka non aveva ancora trovato l'occasione di compiacersi di tutte quelle attenzioni, che erano nuove al tatto, ma sempre presenti nell'immaginario sin dall'adolescenza. Lì e in quel momento lo irritavano, ma era educato: rifilò ai coniugi un sorriso e un cenno del capo, poi come se non fossero mai esistiti, tornò su Falchi.
«Ti devo parlare» disse lui. La parte del tenente severo e cinico non gli veniva tanto bene: batteva il piede e a stento resisteva alla tentazione di grattarsi il collo(Luka, invece, le dava libero sfogo). «Ma... trovo consono spostarci in un luogo più riservato di questo.»
Luka raddrizzò le spalle. Cominciava a sentire un certo capogiro ed era meglio stesse dritto.
«Lo penso anch'io.»
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Il Regno Di Hod'ragen
FantasyIl regno di Hod'ragen è stato innalzato sulla carcassa di un drago, ai tempi in cui questi occupavano in massa la pianura che va dalle montagne Serpentine al Mare Gorgogliante. Regine dopo re e re dopo regine hanno mosso i primi passi su quel che r...