Un Certo Languorino(1/1)

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Ringraziò il buon monaco e lasciò il tempio.

Dopo il colloquio con fratello Benino, a Luka prese un certo languorino. E in effetti, si stava facendo l'ora.

«A Palazzo?» chiese il cocchiere.

Luka esitò: oltre che desiderare di essere riempito, il suo stomaco gli diceva che a Palazzo non ci voleva tornare e fu molto specifico a riguardo.

«Conoscete Tarsa?» ribatté il giovane.

Il cocchiere scrollò le spalle. «Certamente conosco Tarsa: ottima accoglienza e servizio impeccabile. Ma il cibo lascia a desiderare.»

«Avete trovato un capello nella zuppa?»

«Azzeccato! Come avete fatto?»

«Sono pur sempre un indovino. Ricordate?» rispose così e sparì dentro la carrozza. Aveva ragione a pensare che quello era un tipo losco.

L'uomo accompagnò lo sportello fino a chiuderlo e salì a prendere le redini. In carrozza o a cavallo, Da Tarsa non risultava così lontano ad arrivarci.

Infatti, fu dopo pochi minuti che il cocchiere fermò i due cavalli e scese ad aprire lo sportello al suo unico passeggero. Non entrò con lui, nemmeno per un bicchiere della famosa birra di Tarsa perché - così disse - "che fosse davvero birra non lo dava per scontato, vista la qualità del cibo" e poi non era il caso di bere quella sera, dal momento che doveva guidare. Insomma, un uomo che conobbe la carne solo sotto l'ala dei reali era in dovere di pretendere un certo stile di vita...

Quindi Luka entrò, ma non venne accolto dal sorriso amichevole della locandiera. Tarsa però c'era: il vestito era tutto spiegazzato e i capelli che andavano da tutte le parti lasciavano vedere quel punto calvo sulla testa. Le dita erano piegate come artigli nervosi e la bocca piegata in quella smorfia di quando si era appena gettato un urlo. Tutto il corpo era voltato verso un angolo ombroso del locale.

Quando notò il cliente, ci mise un attimo e ritrasformarsi nell'allegra proprietaria che serve col sorriso e non sta mai ferma.

«Buona sera... mastro Dacanti. Ricordo bene?»

Lees'sha sbucò fuori da dietro la figura della madre. La ragazza non pareva essere particolarmente contenta di vedere quel cliente... o forse era solo la sua faccia. La sua eterna faccia scontenta.

«Mi dispiace, ma il locale è chiuso» disse lei. «Lo dice il cartello...»

«Veramente, il cartello diceva fosse ancora aperto» ribatté Luka e la ragazza arrossì ma lui non lo notò perché gli occhi guardavano quell'angolo ombroso.

Lì i tavoli erano vuoti, come nel resto del locale. Però, laggiù, qualcosa c'era: il fruscio di qualcosa che striscia, una cosa grigia che si muoveva dietro le panche... E se strizzava gli occhi, forse poteva...

«Oggi chiudiamo prima, è vero!» L'uscita improvvisa di Tarsa gli fece battere le palpebre dalla sorpresa, quindi lasciò la cosa grigia alla sua affezionata oscurità. «Ma chi siamo noi per negare il servizio a un cliente, soprattutto dal vostro prestigio?»

I proprietari? Osò soltanto pensare Lees'sha, prima di prendersi un buffetto sui capelli.

«Quali sono le vostre richieste?» insisté Tarsa.

Allora le labbra di Luka si mossero, ma a parlare non fu lui. O meglio, le parole gli furono di nuovo suggerite dal suo stomaco: «Vorrei una camera.» Disse così. Il suo stomaco disse proprio così. «Sono ospite a Palazzo quindi devo uscire a dire al cocchiere...»

«Non ve ne preoccupate! Ad avvertire il vostro cocchiere provvederò io. Intanto... Dario vi accompagnerà alla vostra camera.»

Per un momento Luka credette di vederci doppio: accanto a Tarsa si era palesata una figura che era in aspetto uguale identica alla ragazza più giovane. Stessi occhi verdi, stessi capelli scuri con la differenza che quello che riconobbe come "Dario" li aveva più corti e non portava la gonna ma i pantaloni.

«Io sono Dario» si presentò. Anche l'espressione perennemente scocciata era la stessa. «Seguitemi di sopra, mastro.» Diede le spalle all'ospite andando avanti per primo. Lo ammonì di guardare bene dove metteva i piedi, sulla rampa di scale, e fare silenzio, perché in una delle camere c'era ancora un cliente e a quell'ora già dormiva.

E Luka guardò dove metteva i piedi, ma se continuava a fissare quella cosa grigia che strisciava sui gradini di legno non sarebbe riuscito a fare silenzio. Quindi alzò gli occhi sulla schiena della sua guida.

E così credette di risolvere un problema, ma la sua fantasia non riuscì a frenarla: immaginò le sue spalle gonfiarsi e allungarsi e spiegarsi come un paio di...

Giunsero davanti alla camera, Dario aprì la porta facendosi da parte. «Le lenzuola sono pulite e nell'armadio troverete la biancheria e una brocca d'acqua. Se avete bisogno di qualsiasi altra cosa, sentitevi libero di chiederla.»

Il cartomante gli rivolse un cenno del capo. «No... No, vi ringrazio. Ho tutto quello che mi serve.» Non aveva fatto un fiato e andava tutto bene, quindi doveva solo ignorare quella cosa che non doveva esserci su cui era quasi incespicato.

Attraversò la stanza, che era sicuramente più semplice di quella che lo ospitava a Palazzo: il pavimento erano di un legno cigolante e parallela alla porta era spalancata una finestra senza tende. Da lì si vedevano benissimo i tetti di Hod'ragen e il fronte dell'arena...

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NDA

Un capitolo alla fine! Spero fino ad ora la storia vi sia piaciuta o che comunque vi abbia invogliati abbastanza da continuare a seguire i personaggi verso il secondo libro di Luka e la notte dei draghi!


-Frankumine

Il Regno Di Hod'ragenDove le storie prendono vita. Scoprilo ora