CAPITOLO XXXIII: DIVERGENZE

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ALICE

Le insegnanti di Mattia mi hanno chiamato di nuovo, oramai comunicano solo con me, anche loro hanno capito che Claudio quando prende una posizione è irremovibile e oramai lui si è fissato che quelli di nostro figlio non sono niente altro che capricci. Continua perciò ad imporgli le sue regole ferree ed è convinto che i suoi mal di testa siano un modo per attirare l'attenzione e per farsi coccolare, oltre che per sfuggire ai suoi doveri. Nulla è valso spiegargli che sono giorni che, appena lui esce, il nostro piccolo lamenta quei forti mal di testa e ha iniziato anche a vomitare e a lamentare stanchezza.

Inutile che gli dica che le maestre vogliono di nuovo parlare con noi, prendo un'ora di permesso adducendo una scusa e vado da sola.

"Dottoressa! – inizia la più anziana – Non vorrei allarmarla, ma Mattia in questi ultimi tempi non è più il bambino di una volta!".

"Lei pensa che abbia qualche problema serio?" chiedo preoccupata.

"Vede! – interviene l'altra – A parte le cefalee sempre più frequenti, ma suo figlio è sempre stanco, non viene più attratto né da nuovi giochi, né dalle nuove esperienze di cui prima era sempre alla ricerca!".

"C'è un'altra cosa!" continua un po' titubante la prima.

"Vi prego! – le imploro quasi – Non mi nascondete nulla!".

"Ecco, signora! – va avanti la seconda – Durante gli esercizi di motoria abbiamo notato che Mattia ha spesso perdita della coordinazione e mancanza di equilibrio".

"E questo cosa significa?" domando pensierosa.

"Non vorrei farla preoccupare inutilmente! – prosegue l'insegnante con più esperienza – Ma potrebbe essere una forma di disprassia, cioè un disturbo di coordinazione che si può manifestare fin da quando i bambini sono molto piccoli oppure all'età di Mattia!".

"Abbiamo notato che il bambino, nei giochi all'aperto, trova difficoltà a saltare o a tirare calci al pallone! – mi spiega la più giovane – E, siccome il piccolo è intelligente e sveglio, si sente a disagio perché avverte di essere goffo ed impacciato!".

"Cosa mi consigliate?" chiedo in preda all'ansia.

"Intanto di consultare un neuropsichiatra infantile! – va avanti la prima maestra – Vi indicherà quale strada seguire. Lei e suo marito siete medici, anche se legali e potete capire che, se si interviene in tempo, certi disturbi si possono arginare o correggere del tutto!".

"Certo!" rispondo e intanto penso come far capire tale affermazione a Claudio.

L'insegnante anziana deve leggere l'espressione sul mio volto, allora con una dolcezza estrema esclama:

"Adesso, dottoressa Allevi, non le parlo come maestra ma come mamma e come nonna. Io ho un nipotino poco più grande di Mattia e posso capire la sua preoccupazione. Però, le ripeto, ci sono terapie mirate che possono aiutare se non addirittura risolvere il problema. Se poi il bambino sta bene e non c'è alcun disturbo, lei si è tolta una soddisfazione e sta più tranquilla".

"Quali sono queste terapie?" mi informo.

"Per quanto ne so, interessano più piani della vita e dell'attività del bambino, gli interventi dovrebbero essere multidisciplinari e riferiti alle varie componenti coinvolte: motoria, verbale ed emotiva".

"Le figure previste per una terapia integrata sono in genere quelle di neuropsicologi infantili, neuropsicomotricisti, logopedisti, ed è importantissimo che queste figure collaborino anche con la famiglia e con gli insegnanti" mi spiega la giovane.

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