CAPITOLO XI: LA MIA SCELTA

1.7K 53 11
                                    

ALICE

E' passata una settimana dal mio grande trionfo e ho sostenuto pure il secondo esame. Anche questo si è rivelato un successo e, nonostante quando sono entrata in quella stanza l'ansia mi divorava, alla fine sono riuscita a dare il meglio. Avevo detto a Claudio di non azzardarsi a farmi altre domande dopo la tortura della Wally, invece lui, incurante del fatto che avevo minacciato di mandarlo in bianco per un mese, non solo me ne ha fatto una, come la volta precedente, bensì tre e ognuna di difficoltà sempre maggiore. Quando, dopo l'esame, ci siamo trovati soli nel suo studio e mi sono inviperita perché mi aveva sottoposto ad una tensione nervosa insostenibile, in modo serafico, mi ha risposto:

"Non sei contenta? Adesso stai collezionando trenta e lode, quando un mese fa non avevi che miseri diciotto!".

Mentre lui rideva divertito, io diventavo sempre più irascibile.

Intanto i diciotto sono pochissimi! – mi sono inviperita – E poi lo sai che l'ansia mi fa brutti scherzi! Metti che io all'improvviso avessi dimenticato tutto quello che avevo studiato?".

"Impossibile! – ha risposto modesto – C'ero io di fronte a te e, lo sai, quando mi vedi diventi la medicina legale fatta persona, quello che sono io d'altronde!".

Mentre rideva di gusto, io diventavo una bestia e cominciavo a scagliargli contro tutto quello che mi capitava fra le mani, fogli di appunti sistemati ordinatamente sulla scrivania, penne schierate come soldatini nel portapenne, secondo i diversi colori, prima nero... poi blu... rosso... verde... infine matite disposte in ordine di altezza, perfino lo spazzolino da denti che, tempo fa, avevo con rabbia infilato lì dentro perché non voleva capire che la nostra storia come la intendeva lui non aveva senso e, dulcis in fundo, la pallina da tennis giallo e arancio a cui tiene tanto. Durante il mio sfogo di rabbia, non si è mai mosso, ma ha continuato a fissarmi e a ridersela come se niente fosse. Quando non avevo più nulla da lanciare, ha fatto un giro completo sulla sua poltrona, poi si è avvicinato, mi ha attirato a sé stringendomi forte e mi ha sussurrato:

"Vieni qui, piccolina, hai allentato la tensione ora?".

"Stupidissimo stronzo! – gli ho urlato cercando di divincolarmi dall'abbraccio – Te la faccio pagare".

Lui, di rimando, ha sfoderato uno di quei sorrisi che ti fanno venire la pelle d'oca e mi ha proposto:

"Che ne dici se ci prendiamo libero il resto della giornata e ce ne andiamo a casa a fare cose sconce?".

"No... no...no... hai capito proprio male! – gli rispondo imbronciata – Te l'ho detto, niente almeno per un mese... e forse anche di più!".

"Sì, pare vero! – interviene – E tu saresti capace di resistere al mio fascino per così tanto tempo!".

"Anche per il resto dei miei giorni!" concludo e faccio per andarmene, ma lui mi blocca stringendomi i polsi e allentando subito la stretta per prendermi il viso tra le mani e baciarmi teneramente sulla bocca. Non ci vedo più e sento il sangue sciogliersi insieme all'agitazione e al nervosismo accumulati nei giorni precedenti. Cedo alle sue carezze e ai baci che arrivano copiosi e mi abbandono tra le sue braccia.

"Eh, eh, eh! – parla il malefico – Non dovevi resistermi per tutta la vita?".

"Stronzo... stronzo... doppiamente stronzo! – lo aggredisco – Ti faccio vedere chi sono io!!!".

"Vediamo! – continua in tono scherzoso, ma anche un po' serio – Sei la mia allieva senza cuore! Sei la mia piccola Alice combinaguai! Sei la distrattona più affascinante del pianeta! Sei...sei...sei....".

Va bene, va bene! – lo interrompo – Ho capito! Andiamo a casa, pensa tu a trovare una scusa plausibile per me e potrei anche dimenticare il proposito di mandarti in bianco per un bel po'!".

TI PROTEGGERO 'Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora