Cena al Royal

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Camminai sul marciapiede cercando di non inciampare sui miei stessi passi. Era venerdì mattina. Il sole a poco a poco tentava di farsi strada tra le nuvole pesanti di quella giornata umida e fredda. Mi chiusi la giacchetta sul petto e guardai a destra e a sinistra che non arrivasse nessuna macchina. Attraversai sulle strisce e corsi in fretta verso l'enorme entrata del grattacielo. Guardai in alto e pregai che quella decisione non mi rovinasse definitivamente la vita. Ero ormai sola, se non ci fosse stata Freia al mio fianco probabilmente mi sarei già buttata su una cattiva strada o peggio. Quello che era successo con mia madre...l'abbandono di mio padre per una vita nuova...avevo fatto così tanti sacrifici per la mia famiglia e non mi era tornato indietro niente, se non una cotta per un bastardo senza cuore. Cotta che, forse, si era tramutata in qualcosa di più profondo, ma che non avevo avuto tempo né occasione di approfondire. Tanto non avrebbe ricambiato. Tanto avrebbe fatto volentieri a meno di me.
Ma io ero una donna forte e determinata, non mi lasciavo abbattere da stronzate del genere. Dovevo costruirmi il mio futuro. Un futuro solido e legale.
L'ascensore era pieno di tirocinanti al loro primo giorno di lavoro. L'incredibile puzza di sudore, dovuta probabilmente al nervosismo, stava pizzicando un po' troppo le mie narici sensibili. Sarei dovuta arrivare all'ultimo piano, dovevo resistere. Tenni stretta la mia borsa e chiusi gli occhi, sperando che quell'incubo finisse presto.
Le porte si aprirono sull'attico. Intravidi Grace a gambe accavallate poco più in fondo. Stava già rispondendo alle chiamate. Diamine, a che ora andava in ufficio? Alle sei? Scossi la testa, raggiungendo la mia postazione. Erano le otto meno dieci, Jack Turner sarebbe stato lì a momenti. Sistemai la mia agenda e le mie penne, poggiando la giacchetta sullo schienale della sedia. Grace sollevò pigramente lo sguardo, squadrandomi letteralmente dalla testa ai piedi. Mi salutò con una smorfia di disgusto, continuando a parlare al telefono. Le feci la linguaccia e accesi il computer. Mi strofinai le mani infreddolite e attesi che lo schermo si schiarisse per inserire la password.
Ma le porte dell'ascensore si aprirono di nuovo e Grace riattaccò immediatamente. Da sotto la scrivania raccolse una bicchiere enorme di caffè della Starbucks e con un sorriso a trentadue denti lo mise sotto di sé. Il signor Turner ci passò accanto, afferrando al volo il suo caffè e facendomi cenno con due dita di seguirlo. Buttai giù la saliva e annuii. Grace mi fulminò con lo sguardo, rimettendosi a sedere. Io lo seguii in fretta, chiudendomi la porta alle spalle. Avevo il cuore in gola.
-Hai deciso?- Tuonò, sbattendo la sua valigetta sul ripiano dove lavorava. Io abbassai la testa, mordicchiandomi le labbra. -S-sì, credo.-
-Non voglio sentire nessun "credo".-
Annuii. -Allora sì, ho preso la mia decisione.-
Bevve un sorso del suo caffè bollente e sorrise. Aveva i denti perfettamente bianchi e allineati. Mi ricordavano tanto i denti di...mi schiarii la voce e mi feci avanti. Lui alzò un sopracciglio, insieme alle sue ampie spalle. Quella mattina aveva optato per un completo verde scuro. -Dimmi tutto, quindi.-
-Io...ci ho pensato e...-
-Ti pagherò dieci volte tanto.- Mi interruppe. -Non voglio un no.-
Strabuzzai gli occhi, facendo un passo indietro. Rimasi scioccata da quella proposta. Erano numeri da capogiro per una come me. E li avrei guadagnati in pochissimo tempo. Forse, finalmente, avrei potuto permettermi un'auto nuova. -Melahel, ascoltami.- Tossicchiò. -È venerdì. Ti avevo detto che se avessi ricevuto un "no" il venerdí, saresti stata licenziata. Vuoi davvero smettere di lavorare qui?-
Io scossi la testa.
-Allora devo dirti una cosa.- Si sistemò la cravatta. -Quando hai iniziato a lavorare per me, hai dovuto firmare dei fogli. Giusto?-
Io annuii, confusa.
-Ecco. In quei fogli c'era scritto che se non avessi adempiuto ai tuoi doveri, da me richiesti, saresti non soltanto stata licenziata, ma avresti dovuto pagarmi anche una cifra intorno ai cinquemila dollari.-
Spalancai la bocca, esterrefatta. Come una stupida avevo firmato quei documenti, senza leggere cosa ci fosse scritto. Mi tirai uno schiaffo mentalmente. Ormai ero spacciata, la mia decisione era palese a quel punto. -Accetto la sua proposta.- Deglutii. -Farò la parte della sua finta fidanzata.-
I suoi occhi si illuminarono e la sua bocca si allargò in un enorme sorriso. -Sapevo che non mi avresti deluso.- Si alzò in piedi, venendo verso di me. -Dobbiamo trattare alcuni dettagli, tesoro.-
"Tesoro"? Stavamo iniziando male. -Del tipo che riceverai ogni settimana tre o quattro capi da indossare agli eventi, sceglierai tra uno di quelli. Non tollero nient'altro, se non quello che ti mando. Verrai portata alla mia villa mezz'ora prima di ogni serata e scenderemo insieme alle feste, uscendo dalla stessa Limousine.- Prese un bel respiro. Aveva l'aria soddisfatta. -Non dovrai parlare più del dovuto con nessuno. Dovrai essere discreta e gentile, ma senza dare nell'occhio. Già essere la mia fidanzata ufficiale ti donerà ben più di un'occhiata.- Si voltò, riprendendo in mano il suo caffè.
-Avremo a che fare con uomini di tutto il mondo. Ci saranno anche...persone poco affidabili. Criminali con molti soldi e la finta facciata da imprenditori. Ecco, da quelli stai proprio alla larga.- Si girò di nuovo verso di me. -Devi stare il più possibile attaccata a me. Nessun litigio, nessuna parola di troppo. Dovrai essere perfetta. Dopo ogni sera sarai pagata la metà di quello che ti spetta alla fine.-
Io buttai giù la saliva. Troppe informazioni tutte insieme. La testa già mi girava.
-Capito?-
-Sì.-
-Hai qualcosa da chiedere?-
Mi morsicai le pellicine delle labbra. -Se mi dovessero chiedere di ballare?-
Lui sghignazzò. -Tu balla. Devi essere accondiscendente, ma non volgare. Accetta gentilmente e, appena sarà finito, torna da me.-
Annuii lentamente. -Tutto è chiaro, allora.-
Lui sorrise. -Ho già fatto mandare tre abiti per stasera. Io ho già il mio preferito. Voglio vedere se sceglierai lo stesso. Ti manderò anche scarpe, borse e gioielli. I capelli ti saranno fatti a casa mia da una parrucchiera e le unghie da un'estetista da cui andrai ogni settimana.-
Sospirò. -Spero non sia troppo per te.- Alzò un lato delle labbra.
-Non sono abitutata a tutti questi vizi.-
-Durerà poco. Giusto il tempo di concludere i miei affari. So che sarai perfetta. Chiunque dovesse avere dei dubbi, si ricrederà.-
Dissi di sì con la testa e indietreggiai, per allontanarmi. Ma poi mi bloccai. -E se ci chiedessero di baciarci? Per una foto ad esempio...-
Lui sollevò il petto. -Ho pensato anche a questo.- Fece dietro front e camminò dietro alla sua scrivania. Aprì un cassetto e tirò fuori un fascicolo. -Queste sono le mie analisi. Non ho niente che io possa trasmetterti per via salivare. Ho fatto fare un test anche a te e sei a posto.-
Spalancai la bocca e prima di poter chiedere come avesse fatto ad avere la mia saliva, mi rispose. -Abbiamo preso alcune delle tue penne, visto che hai il vizio di mordicchiarle.-
Annuii, leggermente scioccata da quella libertà che si era preso, senza chiedermi il consenso. -Un'ultima cosa.- Mi fermò.
-Dovrai fare amicizia con le mie due braccia destre, Igor e Kevin. Mi accompagneranno ad ogni serata e saranno sempre con me, proprio come te. Lavorano in settori diversi, ma hanno i miei stessi obiettivi.-
Si fermò un attimo. -Stasera li conoscerai. Igor è più grande di me, mentre Kevin ha la tua età. Ti piaceranno.-
Schioccò le dita, buttandosi a sedere sulla sua enorme sedia dall'aria molto comoda. -Ti ho detto tutto. A stasera.-
Indietreggiai, salutandolo a bassa voce. Chinai la schiena e uscii dall'ufficio.

Sotto un cielo pieno di noiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora