Compromessi

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-Mettila là.- Bofonchiò uno dei due, strattonandomi per la spalla. Lo guardai truce e lui sorrise, aveva un dente d'oro. -Fate piano, è delicata.- Mi prese in giro, dandomi le spalle. Fui letteralmente gettata sopra ad un divano di morbida pelle marrone e mi fu liberata la bocca dallo straccio bianco che avevano deciso di mettermi dopo che io avevo iniziato a fare domande su domande, a metà del tragitto. -Schifosi bastardi! Non sapete contro chi vi siete messi!- Urlai. Ma i due si misero a ridere, proprio a crepapelle. -No, bambolina. Forse voi non sapete contro chi avete a che fare.- Il più alto si accese una sigaretta, poggiando la spalla contro il muro. Una nuvoletta di fumo si alzò in aria, spargendosi in quella piccola anticamera. -Sei proprio carina, sai? Bionda, occhi azzurri, bel seno. Piccolo, ma delicato.-
Distolsi lo sguardo. Erano disgustosi. -Io preferisco le belle tettone. Carne da toccare, morbide come marshmallow o finte come palloncini di plastica. Ahh, me lo hai fatto venire duro.- Scherzò il più basso, sistemandosi il cavallo dei pantaloni. Per poco non rimisi tutto quello che avevo mangiato. E se mi avessero violentata? Era un'opzione più che valida da prendere in considerazione purtroppo, soprattutto visto il livello di intelligenza e gentilezza dei due. Uno non faceva che fissarmi e l'altro non faceva altro che grattarsi le parti basse. Vomitevoli. -No, amico. Le ragazze come lei sono il paradiso. Viso da ragazzina, pelle bianca come le nuvole e le curve al posto giusto. Niente di meglio.-
Era fin troppo. -Mi suona un po' come comportamento da pedofilo.- Sentenziai.
Il più alto si raddrizzò. -Come scusa?-
-Hai detto che ti piacciono i visi da ragazzina. Sei un pedofilo, quindi.-
Corrucciò la fronte. -Non ti azzardare, bambolina.-
-Altrimenti? Se mi aveste voluta fare fuori, lo avreste già fatto da tempo. Ergo, io vi servo.-
Il più basso si chiuse nelle spalle, tirando su con il naso. -Ma nessuno ci ha detto in quali condizioni portarti.-
Feci una breve risata schernitoria. -Colpiscimi allora, dai.- Alzai il mento. -Forza, su!-
Si scambiarono una lunga occhiata, confusi. Poi decisero che era meglio lasciar perdere. Quella fu la prova che cercavo, mi volevano sicuramente viva e vegeta. E soprattutto qualcuno voleva qualcosa da me o da Adrian, usandomi come esca. Niente male, se non fosse che Adrian non era innamorato di me e tra rischiare la sua vita e la sua carriera e rischiare me, avrebbe scelto me mille volte.
Sospirai. -C'è almeno un po' di acqua in questo posto?-
Il più basso, che a primo impatto sembrava anche il più scemo, mi fece una smorfia, che io ricambiai subito. -Ce l'avete o no?-
Il più alto gettò in terra il mozzicone e lo pestò, alzando gli occhi al cielo. -Ripetimi perché abbiamo accettato di rapire una donna e per giunta così scassapalle, Joe.- Si chinò verso quello che sembrava un minibar e raccolse una bottiglietta di acqua fresca. -Tieni.- La fece volare accanto a me. Io la guardai, assetata.
-Prima toglietemi queste.- Alzai le mani e feci notare loro le corde. Non si mossero.
-Oppure imboccatemi, è uguale per me.- Joe fece una faccia schifata e si avvicinò, tagliando via quelle manette improvvisate. Mi toccai i polsi doloranti e maledissi il giorno in cui avevo conosciuto Adrian.
-Allora...perché sono qui?- Chiesi, dopo aver bevuto l'intera bottiglietta.
-Ma sei un disco rotto? Stai chiedendo la stessa cosa da due ore.-
Alzai le spalle. -Sai com'è, sono stata rapita a caso.-
-Non a caso.-
-E quindi per cosa?-
-Ash, io ti giuro la faccio fuori questa.- Joe si era rivolto al suo compagno, imprecando. -Possiamo tapparle di nuovo la bocca con il pezzo di tovagliolo?-
Ash fece di no con la testa. -Sai come deve essere presentata a Madame.-
O mio Dio, e questa chi era ora? Trovarmi tra le grinfie di due maiali era già pessimo, ma sapere che sarei dovuta andare da una certa "Madame" era forse anche peggio. Mi avrebbe torturata? Voleva arrivare ad Adrian attraverso me?
Mi misi le mani tra i capelli, mentre stavo iniziando a iperventilare. Erano mesi che non mi accadeva. Dovevo concentrarmi e controllarmi, non stava succedendo nulla di male. Pensa al presente, pensa ad ora, nuota nel mare, passeggia nel parco. Cercai di ripetere questo mantra nella mia testa per una decina di volte, mentre sentivo il battito cardiaco scendere sempre di più e il sudore asciugarsi. Ero stata brava. I due, però, dovettero essersi accorti del mio momento di assenza, dove probabilmente ero sbiancata ancora di più, perché me li ritrovai a meno di due passi da me, che mi fissavano spaventati. -Non puoi sentirti male. Mi senti?- Disse disperato Joe. -Se si sente male, ci impalano nel campo davanti alla villa.- Continuò.
Mi ripresi, dandomi qualche pizzicotto sulle guance. -Chi è Madame?-
I due si raddrizzarono immediatamente, stizziti. -Cazzo, ce la stava per fare.-
-È solamente la donna a capo del cartello più grande del nord america, bambolina.- Rispose il più alto.
-Non ti credo.-
Lui puntò un piede per terra. -Bè, una delle donne insomma.-
Le conversazioni che avevo origliato tra Adrian, Jack e Patrick avevano dato i loro frutti. Spesso nei loro convegni privati parlavano di un collettivo di donne a capo del cartello della droga, ma mai di una donna sola. Forse una di loro era interessata a me, o meglio a Adrian. -Fra quanto la incontrerò?-
Guardò l'orologio sul braccio e imprecò. -In realtà doveva essere già qui da mezz'ora abbondante, ma viene da lontano e avranno dovuto fare una strada diversa.- L'altro tirò fuori il telefono e compose velocemente un numero. Quello dalla parte opposta della cornetta rispose subito. -Sì. Qui.-
-No, sta bene. È soltanto logorroica, la vorrei tanto sopprimere.-
-No, certo. Lo farò, certo.-
Chiuse la telefonata e mi guardò. -Hai bisogno di qualcos'altro?-
Alzai un sopracciglio. -Di punto e in bianco vuoi sapere se ho bisogno di qualcosa? Chi c'era al telefono? Rocky Balboa?-
Lui fece un mezzo sorriso, ingoiando il rospo. -Sta per arrivare qualcuno a cui interessi molto. Vuole che tu sia servita e riverita. Quindi...hai bisogno di qualcosa?- Incrociò le dita fra di loro, si stava trattenendo dall'imprecare. Io feci di no con la testa. -Ti direi di lasciarmi andare, ma so che non lo faresti.-
Lui alzò un sopracciglio ed io sbuffai, sprofondando in quel morbido divano. Le pareti scure intorno a me stavano iniziando a soffocarmi. Chissà se gli altri mi stavano cercando. Sicuramente Adrian e i suoi fratelli sapevano chi mi aveva rapita, era questione di poco tempo prima di essere liberata. O almeno speravo. I minuti sembravano interminabili, non potevo alzarmi, non potevo scambiare due chiacchiere. Potevo soltanto crogiolarmi nella disperazione e aspettare che il principe azzurro venisse a salvarmi. Ma il mio principe non era azzurro e non era nemmeno un principe in realtà, somigliava più ai cattivi delle favole. Capelli lunghi e folti, tatuaggi sparsi in tutto il corpo e atteggiamento freddo e irrequieto. Distesi le gambe davanti a me e soffiai fuori l'aria. Quanto tempo era passato? Un'ora? Due ore? La luna doveva essere bella alta. Poi i due scattarono sull'attenti. Quelle auricolari, incastrate in quegli orecchi grossi, avevano parlato. Forse chi mi voleva era arrivato.
Feci per alzarmi, ma Joe mi intimò di restare dov'ero. Fece passare il suo fucile sulla schiena e si schiarì la voce. Percepimmo delle voci indistinte dietro la porta, si avvicinavano sempre di più. Il rumore di scarpe era frastornante, ma quante persone erano? La porta si spalancò e una donna, alta forse un metro e quaranta, alzò i suoi occhietti scuri su di me. Aveva sicuramente tra i cinquanta e i sessant'anni. Indossava una lunga gonna nera con fiorellini bianchi e un cardigan beige. I capelli erano sistemati dietro alle orecchie, formando un caschetto piuttosto giovanile. -Sei proprio tu.- Bofonchiò, facendo uno strano gesto verso uno dei miei carcerieri. Immediatamente fui fatta alzare in piedi. La donna sgambettò verso di me, portandosi le mani dietro alla schiena. -Sei molto più carina di quello che pensassi. Ti sei tinta di biondo recentemente?-
Strabuzzai gli occhi. Già ero confusa da quella situazione surreale, in più mi si chiedeva se i miei capelli biondo cenere fossero veramente miei. -N-no.- Bofonchiai, decisamente sotto tono. Lei annuì. -Ma io sapevo che la futura sposa di Adrian fosse mora.-
Le ginocchia mi tremavano al solo pensiero di essere stata rapita per un motivo ben preciso, attaccare Adrian. -Pe-Perché io non sono la...la sua futura moglie.-
La donna, immediatamente, impallidì. Fece qualche passo indietro e poi si guardò intorno alla ricerca disperata degli occhi di due dei miei rapitori. Joe ed Ash tenevano la testa bassa. Erano sicuramente nei guai. E forse essere nei guai nel bel mezzo di un cartello della droga significava avere un piede nella fossa. -Mi è stato assicurato fossi tu. Le intercettazioni parlavano di amore e di sesso. Com'è possibile non sia tu?-
E adesso chi glielo avrebbe spiegato? Era una situazione complicata per noi, figurarsi spiegarla a qualcuno di sconosciuto e potenzialmente pericoloso. -Beh, io e Adrian...cioè noi...- Le mie guance divennero due peperoni rossi. La donna annuì. -Ho capito.- Si morse le labbra. Stava riflettendo. La mia speranza era che venissi rimandata indietro per via dell'errore commesso da loro.
Ma la donna cominciò a ridere, sempre più forte e con più scelleratezza. Mi guardai attorno e incontrai gli sguardi atterriti dei presenti, nessuno aveva capito cosa volesse dire quello scoppio di pazzia in lei. -Ancora meglio! Tu sei la ragazza di cui lui è innamorato, ma che non può sposare! Doppio bottino! Farà di tutto per te, ne sono certa.- Batté le mani ripetutamente. Io corrucciai la fronte. -Lui non mi ama.-
Lei mi fissò, con ancora le labbra curvate in un sorriso. -O, lo vedremo, tesoro.-
-Mi spiegate cosa volete da lui?- Lei scosse la testa. -Che si tolga dai piedi, semplice.-
Sbuffai. -Non sapete quanto è testardo allora. Mi lascerà marcire qui con voi per un'eternità.-
Gli uomini attorno a me si scambiarono fugaci occhiate, parvero preoccupati. Lei si avvicinò. -So bene quanto è testardo, mia cara. Cosa pensi che abbia fatto in questi due anni? Ha ostacolato i miei affari e quelli delle mie socie.-
Il mio cuore perse un battito. -Non ero nella sua vita in questi due anni. Anzi tre.- Puntualizzai. Le fece spallucce. -Non ti sei persa niente di che, il meglio deve ancora venire.- Ingoiai la saliva, un po' tremolante. L'unica cosa che mi rincuorava era sapere che non mi avrebbero fatto del male, a loro servivo viva e vegeta. Rappresentavo una sorta di ricatto per Adrian. O me o gli affari. E io già sapevo cosa lui avrebbe scelto. -Tutto bene? Sei sbiancata di punto e in bianco.- Mi toccò la fronte. Trasalii e indietreggiai. La sua mano bruciava. -Ei, tranquilla. Non voglio ucciderti...per ora.- Le sue labbra si aprirono in un terrificante sorriso. -Adesso chiamiamo il tuo bell'innamorato e gli facciamo sentire come stai bene. Ok?-
Aveva rigirato una ciocca dei miei capelli attorno alle sue dita, tirando leggermente. Giusto il modo per farmi piegare la testa. -Se ti sento dire qualcosa fuori posto, ti raso a zero. Intesi?-
Annuii, spaventata. Qualcuno si sarebbe aspettato una minaccia più concreta, ma il fatto di rasarmi era così probabile che lo facesse che mi metteva ancora più paura. -Chiamalo.- Ordinò, quindi.
Adrian rispose subito. La donna aveva messo il viva voce. -Madame, figlia di puttana.- La sua voce decisa e profonda risuonò in quello spazio angusto. Lei si mise a ridere. -Mi sembra ieri quando ho visto tuo padre gettarti in quel collegio e adesso mi tratti così? Potrei essere tua zia.-
Ci fu un attimo di silenzio. -Dov'è lei?-
-È qui, sana e salva. È una ragazza grintosa, lo ammetto.-
-Passamela.-
Lei serrò le labbra. -Sii più gentile. Sono io quella che ha in mano la vita della tua sposina.- Rivolse i suoi occhi marroni su di me, sorridendomi. Distolsi lo sguardo.
Lui sbuffò. -La mia futura moglie sarà un'altra, non è Melahel quello che cercate. Lasciatela andare.-
Madame fece spallucce, pur sapendo che lui non l'avrebbe mai vista. -Mi basta sapere che hai risposto in meno di mezzo secondo al telefono.- Mi guardò di nuovo. -Non è sicuramente una persona indifferente per te. O sbaglio?-
La sua voce si era affievolita.
-Ti sbagli.-
Beh, non c'erano dubbi. Lei non parve molto convinta di quella risposta. -Allora posso sgozzarla viva?-
Adrian non le lasciò nemmeno il tempo di finire la frase. -Piantala, Madame. Stai giocando con il fuoco.-
-No! Tu stai giocando con il fuoco.- Sospirò, spostando il peso sull'altra gamba. -Retrocedi dalla zona industriale a est, ci stai facendo terra bruciata.-
Lui sghignazzò. -Toglitelo dalla testa. È una zona troppo ricca e centrale per noi.-
Madame afferrò, improvvisamente, i miei capelli, strattonandoli così forte da farmi bruciare la cute. Emettei un grido acuto e le ginocchia mi si piegarono all'istante. -No! Basta, ferma!- Sentii gridare dall'altra parte del telefono.
-Sì?- Tirò ancora più forte e mugolai dal dolore. Però caricai la gamba e le pestai il piede, facendola indietreggiare, imprecando. -Piccola stronza!-
Mi schiaffeggiò con così tanta potenza, da farmi risuonare il cervello dentro alla scatola cranica. Mi sarebbe uscito un bel livido. -Madame! Basta! Va bene, retrocediamo oggi stesso.-
Lei rise. -Adesso ragioniamo. Tieni.- Mi allungò il telefono. -Parlagli.-
-A-Adrian?-
Lo sentii sospirare. -Cazzo, Mela. Stai bene?-
Inarcai le sopracciglia. -Sicuramente non bene.-
-Mi dispiace, porca puttana. È colpa mia, porca troia.-
Mi leccai le labbra. -Vedi di tirarmi fuori di qui.-
La donna mosse il telefono, togliendolo da sotto la mia bocca. -Sentito? Sta bene. Retrocedi entro stasera e te la spedisco direttamente a casa.-
Se Adrian avesse fatto come lei diceva, sarei stata liberata abbastanza presto. O almeno lo speravo.

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