Guai e Elèna

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-Non posso, lo sai.- Sussurrò, sbattendo le ciglia nere. Ma non si era allontanato.
Sospirai, inarcando il busto per toccare con il mio seno il suo ventre. Strinse le labbra tra i denti. -No, non lo so.-
La mia gola stava andando in fiamme, ogni singola cellula del mio corpo voleva entrare in contatto con lui. Voleva le sue mani su di me, la sua carne calda strofinarsi contro il mio sudore. Stavo ansimando già e vedevo la sua espressione sempre più sofferente. -Piantala.- Gracchiò, abbassando la testa.
-So che mi vuoi.-
Lui scosse la testa. Restò in silenzio. Soltanto il rumore dei nostri respiri accelerati. Deglutì. -Melahel...- La lingua ruotò attorno alle "L" del mio nome e ciò mi fece eccitare ancora di più. -Melahel.- Disse, più deciso. Si raddrizzò e con un veloce scatto chiuse la mia vestaglia e si rotolò di lato insieme a me, afferrandomi per la schiena. La porta dello sgabuzzino, dove tutti i condomini tenevano le scope e i prodotti per pulire le scale, si aprì ed entrammo dentro. Mi tappò immediatamente la bocca e mi fece segno di stare zitta. Il suo ginocchio si era infilato tra le mie gambe e il mio clitoride aveva gridato dal piacere. Ma lui aveva sentito qualcosa. Si abbassò verso il buco della serratura e imprecò. -Sono qui.-
Sgranai gli occhi. -Freia!-
-Shhh.-
Afferrò il telefono e scrisse un veloce messaggio ad uno dei suoi scagnozzi.
Percepii i passi di qualcuno, come se avessero voluto fare piano per non essere sentiti. La paura mi fece subito pensare al peggio, magari avevano pure delle armi con loro. Avrebbero fatto del male a Freia. Adrian si voltò verso di me. -Aspettami qui e non fare rumore.-
Mi aggrappai al suo braccio. -Ti prego no.-
Lui tolse delicatamente le mie dita dal suo avambraccio. -Vado a salvare la tua amica. Aspettami qui.-
Buttai giù quel poco di saliva che mi era rimasto e annuii. Mi lasciai scivolare a terra, portando le mani alle ginocchia. Mi ripetei che sarebbe andato tutto bene, che Adrian era bravo, forte e sveglio. La porta si richiuse e subito sentii uno stonfo. Mi coprii la bocca con le mani per non farmi sentire. Le lacrime salirono verso gli occhi e l'ansia mi fece venire voglia di vomitare. Mi strinsi forte la pancia e mi forzai a non piangere come una fontana.

La porta si spalancò e un angolo di essa sbattè contro il mio sopracciglio sinistro. Caddi di lato, distesa.
-Tu vieni con noi.- Un odore rancido pervase le mie narici e immediatamente capii che era l'alito di chi si trovava davanti a me.
Il cuore mi salì in gola e iniziai a strisciare, scalciando. -Adrian! Aiuto!- Gridai.
-Non ti può sentire. È impegnato a difendersi, zuccherino.-
-Adrian! Adrian!- Continuai, provando a non farmi prendere. Mi alzai in piedi e afferrai il bastone di una scopa. Lo puntai contro l'energumeno e iniziai a muoverlo, mentre la mano mi tremava. Lui scoppiò a ridere, prendendo dalla sua cinta una pistola nera. Il mio stomaco fece un giro completo su se stesso e le gambe per poco non cedettero. Sembravo veramente un'imbecille con quel pezzo di legno in mano. -Ti prego non farmi del male.- Dissi con la voce spezzata. Lui si passò la lingua tra i denti marci e iniziò a sogghignare. -Ho in mente di infilare il mio cazzo nella tua bella bocca. Che ne dici?- Rise, mentre il catarro gli graffiò la gola.
Indietreggiai fino a sbattere contro il muro e cominciai a pregare che Adrian si facesse vivo. E se si fosse fatto male? Se lo avessero ucciso? Quell'idea non potevo sopportarla. C'era anche Freia dentro all'appartamento. Mi guardai a destra e vidi sopra al mobile di legno una serie di prodotti per la pulizia. Non appena lessi "candeggina", la presi e, con una forza che non avevo mai avuto, svitai il tappo e la lanciai addosso all'uomo. La sua pistola cadde per terra ed io la calciai lontano. Lui cominciò ad urlare, gridandomi contro. Ma le sue mani erano impegnate nel togliere quel liquido corrosivo dai suoi occhi. Non ci pensai due volte e lo scavalcai, entrando nell'appartamento accanto. Adrian era impegnato a lottare con due uomini e Freia era nascosta dietro al divano.
Il mio respiro si faceva sempre più corto e la testa mi pulsava. Mi guardai intorno freneticamente, doveva esserci qualcosa da usare.
Fui afferrata da dietro. I miei piedi non toccarono più il pavimento e la bocca dello stomaco era pressata contro un paio di braccia forti. Il solito alito marcio.
-Lasciami, stronzo!- Sgomitai e scalciai, cercando di divincolarmi. La sua mano si fermò sul mio reggiseno, strappandolo.
Urlai.
-Mela!- Gridò disperatamente Adrian, che era stato bloccato con le braccia dietro alla schiena. I suoi scagnozzi erano distesi per terra, forse svenuti dalle botte.
-Ahhh! Aiuto!- Freia fu sollevata in aria e bloccata.
Iniziai a piangere. Quelle braccia erano troppo forti per me. -Adrian, non è colpa tua.- Gracchiai, mentre le mani dell'uomo strizzavano i miei seni nudi.
Adrian urlò, in un maniera che non aveva mai fatto. Si sentiva che veniva dal profondo. Era un urlo disperato. Perché nessuno dei vicini aveva avvisato la polizia? Perché nessuno veniva a salvarci?

Sotto un cielo pieno di noiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora