Mi sospinse verso il letto e persi l'equilibrio, cadendoci sopra. Lui si mise di fronte a me, la mia faccia era proprio davanti al...suo eccitamento. Deglutii e alzai la testa. -Cosa vuoi fare?-
Lo vidi prendere un respiro profondo e poi buttare fuori l'aria. -Se ti dicessi cosa vorrei fare sul serio, credo che scapperesti a gambe levate in meno di un secondo.- Sorrise appena. Io restai in silenzio. Ero consapevole che fossimo in una situazione ambigua e che non dovevamo trovarci da soli nella stessa stanza. La tensione poteva essere toccata da quanto era intensa e presente attorno a noi. -Adrian, fai il serio.- Gracchiai. La voce mi era uscita spezzata in due. Proprio come la mia anima lo era da tre anni a questa parte. Lui allungò la mano e con il palmo carezzò la mia guancia. Le sue dita erano lunghe e calde, quasi bollenti a contatto con la mia pelle gelida. -Sono serio. Non riesco a starti lontano, Mela.-
Fui certa che il cuore aveva appena fatto una capriola, risalendo in gola per poi fare un tuffo nel petto. Lo stomaco si era tutto attorcigliato facendomi sentire quelle famose farfalle. -Ma...cosa dici? Smettila.- Sussurrai. Lui scosse la testa. -Vederti con Patrick mi ha fatto imbestialire. Non credevo...io...lo avrei ammazzato di botte.- La vena più spiccata del suo collo aveva iniziato a pulsare più delle altre. La mia testa era in preda alla più totale confusione. Prima non mi sopportava e mi prendeva in giro, poi si "dichiarava"? Qualcosa non mi tornava. Lui non poteva volere me sul serio. Aveva Megan e tante altre amanti o papabili donne che avrebbero fatto carte false per passare una notte o la vita intera con lui. Cercai del distacco, togliendogli la mano dalla mia faccia. Lui si accigliò. -Adrian, non sei in te. Questa storia del cartello e i problemi che abbiamo adesso ti hanno fritto il cervello. Se cerchi una persona da prendere in giro, quella non sono io.-
Lui sollevò un sopracciglio. -Non mi credi?- Io scossi la testa con veemenza. Lui imprecò. -Cristo, Melahel. Cosa ti fa pensare che ti prenda per il culo?-
Strabuzzai gli occhi. -Abbassa la voce, ci sentono.-
Lui fece spallucce e incrociò le braccia sul petto tatuato. -Sentiamo, cosa te lo fa pensare?-
Distolsi lo sguardo. Odiavo quando puntava i suoi occhi profondi su di me, mi faceva sentire estremamente vulnerabile. Un preda facile. E il mio clitoride pulsava, in maniera orribilmente piacevole. -Beh, tanto per iniziare il fatto che stai per sposarti.-
-Dettagli inutili.- Sopraggiunse subito.
Sbuffai. -Poi il fatto che tre anni fa ci siamo lasciati e non ho più avuto notizie di te e non hai fatto niente per cercarmi.-
Vidi il suo pomo di Adamo fare su e giù. -Non sai come sono andate le cose.-
Scattai in piedi. -Lo so! Non so niente, mi baso su quello che ho vissuto e su quello che mi hanno raccontato. Fatto sta che sono stati tre anni lontana da te. Sono cambiate le cose, Adrian.-
-E che ti hanno raccontato?-
Gli diedi immediatamente le spalle e lui imprecò. -Che tuo padre è stato male, che hai preso il comando della famiglia e...e...-
Lo sentii più vicino. -E che per qualche mese sei sparito nel nulla, senza far sapere dove ti trovavi o cosa stavi facendo.-
Le sue mani si posarono sulle mie spalle. Con una mossa repentina mi fece voltare e mi ritrovai con la sua faccia a pochi millimetri dalla mia. -Quindi te l'hanno detto.-
-Sì.- Sussurrai.
Lui si morse le labbra. -Siediti.-
Sospirai. -Finiscila di darmi ordini.-
-Siediti e basta.-
Feci come mi disse e lui si inginocchiò davanti a me. La fronte era attraversata da qualche rughetta di espressione, come se fosse preoccupato. Stava cercando le parole con cui parlarmi, era evidente. Aveva poggiato le mani sulle mie cosce come a darsi sostegno. Deglutii con forza.
-Ho vagato per mezzi Stati Uniti per togliermi te dalla testa, se proprio vuoi saperlo.-
La mia gabbia toracica sembrò stare stretta al mio cuore in quel momento, da quanto questo batteva forte. -Ho fottutamente attraversato il deserto del Nevada da solo, con la speranza che la tua fottuta faccia sparisse dai miei pensieri, dai miei sogni. Ho fatto chilometri e chilometri in auto cercando di eliminare i momenti passati insieme. Ho provato a...- Imprecò. Si passò la mano sotto al naso.
Sospirai. -Ho provato a portarmi a letto chissà quante ragazze, ma non appena arrivavo a spogliarmi o a toccarle...apparivi tu e il desiderio che ci fossi tu al loro posto...così le mandavo via e mi scolavo bottiglie intere di gin o whisky per dimenticare. Ma poi...- Si interruppe, infilandosi una mano fra i capelli arruffati. I riccioli si erano leggermente rilassati sulla sua testa. -Ma poi mi ricordavo di tuo padre, dei sacrifici che avevi fatto per accudirlo, del percorso che lui aveva fatto per uscire dall'alcolismo...e mi sentivo in colpa. Ho buttato via tutte le bottiglie e ho viaggiato fino a New York. Ti ho vista laurearti a Miami, ti ho vista festeggiare e poi trasferirti con Freia in quell'appartamento.-
Tutte quelle parole, quei fatti...mi stavano confondendo. Mi stava dicendo che non mi aveva mai dimenticata? Eppure non mi aveva mai dimostrato seriamente di essere preso da me. Ho sempre ritenuto di essere io quella innamorata tra i due, quella destinata a soffrire tremendamente. -Ma tutto questo quando?-
-In questi tre anni.- Alzò le spalle.
-Mi hai sempre...seguita?-
Lui annuì.
-Cioè sapevi cosa stavo facendo?-
Annuì ancora.
-Quindi non è stato un caso riincontrarti?-
Lui si leccò il labbro inferiore e scosse la testa. -Sapevo di Jack da tempo.-
Mi si fermò il respiro e la testa cominciò a girarmi. Come era possibile tutto quello? Cosa era reale e cosa no?
-Adrian, non puoi venire qui...e vomitarmi addosso tutte queste cose. Cosa devo...che devo dirti?-
Lui serrò la bocca. Poi tossì. -Era da tempo che volevo parlartene. Ma ho cercato di tenerti lontana da me, ma ho capito che era impossibile. Infatti guarda dove siamo.-
Feci di no con la testa. -No, no, no. Tu mi racconti questo perché mi hai vista con Patrick e non vuoi che qualcosa che è stato tuo, diventi di qualcun altro. Beh, spoiler: non la do al primo che capita.-
Si morse le labbra. -Porca troia, Melahel. Non hai capito un cazzo.-
Sbuffai. -Non mi fido!-
-Questo l'ho capito.-
-E poi ti devi sposare, cazzo. Perché mi dici queste cose adesso?-
Lui distolse lo sguardo. -Non la sposo allora.-
Battei le mani sul letto. -Ma cosa dici! William ti vuole vedere sposato e con una persona del tuo mondo.-
Lui fece spallucce. -Mi sono rotto il cazzo di stare dietro a delle fottute regole invisibili.-
Scossi la testa. -Tu sei impazzito. Io non ti capisco! Perché mi stai dicendo tutto questo?-
Si riavviò i capelli. -Perché voglio te.-
Lì, lì il mio cuore si tuffò nello stomaco e le gambe cominciarono a tremarmi. Per fortuna ero seduta. Mi schiarii la voce. -Il playboy Adrian Priest vuole una sola persona? Difficile da credere.-
Lui si lasciò sfuggire una sorrisetto. -È da tre anni che voglio soltanto una persona.-
Non lo guardai negli occhi. Sapevo che mi sarei sciolta come una barretta di cioccolato sotto al sole. -Smettila.-
-Di fare cosa?-
-Di dire certe cose.-
Lui esibì una smorfia di menefreghismo. -È la verità.-
-Mi potevi riavere in qualsiasi momento in questi tre anni. È passato troppo tempo.- Dissi con un filo di voce. Vidi la sua espressione cambiare.
-Non provi le stesse cose?- Chiese, quasi impanicato.
Mi stava mancando l'aria. Dovevo uscire da quella stanza o sarei decisamente crollata. -Adrian, basta. Non è possibile avere quello che stai dicendo. Ormai abbiamo preso due strade diverse. Aspettiamo che la situazione con il cartello della droga si risolva e poi ognuno tornerà al proprio lavoro e alla propria vita.-
Mi sembrò ferito da quelle mie parole. Ma dovevo dire quello che pensavo. Non poteva, inaspettatamente, confessare dei sentimenti che io per anni credevo di essermi soltanto immaginata. Era troppo forte per me. Le orecchie mi fischiavano. -Melahel, non me ne frega un cazzo di chi ci giudica e di cosa c'è al di fuori. Sono pronto a tutto per te.-
Mi coprii la faccia con le mani. Che situazione imprevedibile. Per quanto tempo avevo sognato che mi dicesse parole simili? Per quanto avevo sperato che si confessasse a me? Eppure in quel momento avevo paura. Paura che mi stesse manipolando o che non fosse il momento adatto. Lui doveva sposare Megan e dirigere gli affari di famiglia. Io avevo la mia carriera e la mia vita. Per tre anni avevamo vissuto separati e ci eravamo abituati, o almeno io. Anche se nel cuore avevo sempre e comunque avuto il suo nome.
-Adrian, per favore...ragiona. Non ci conosciamo nemmeno tanto bene. In tre anni le cose cambiano, si evolvono.-
Mi prese le mani. -Si può rimediare a questo.-
Lo guardai negli occhi. Era sincero. Ma non era giusto. Tutto il contesto, le dinamiche...no. -Esci dalla stanza, per favore.-
Lui sospirò. -Ti farò cambiare idea.-
Alzai un sopracciglio. -Adrian...- Buttai fuori l'aria. -Allora dimmi che mi ami.-
I suoi occhi scattarono repentini verso di me, un guizzo luminoso attraversò le sue pupille scure. -Sai che non posso dirtelo.-
La delusione fece capolino dietro l'angolo.
-Perché no?-
Si alzò in piedi, strofinandosi via della polvere invisibile dai pantaloni. -Perché io non sono in grado di amare.-
Inclinai la testa di lato, sostenendomi con le braccia sul letto. -Che cazzata.-
Lui annuì. -Se avessi passato un'infanzia simile alla mia, chiuso in un cazzo di collegio con persone orrende, non diresti questo.-
Distolsi lo sguardo. La mia infanzia era stata bella fino a che mia madre non se n'era andata ed era successo quando ormai ero grande. Mio padre aveva iniziato a dare problemi dopo la sua scomparsa, ma da bambina ero stata felice. Di lui non potevo dire la stessa cosa. Aveva subito violenza, era stato strappato alla famiglia a soli otto anni, per poi tornarci soltanto anni dopo. Mi salirono le lacrime fino all'orlo, ma tentai di ricacciarle indietro. -Non è una scusa per dire che non puoi amare.- Gracchiai.
Lui si voltò, dandomi le spalle. -Ma non sono mai stato amato, io.- Lo sentii bisbigliare.
Il mio petto stava letteralmente per esplodere e con le lacrime che ormai bagnavano le mie guance, mi alzai in piedi e lo andai ad abbracciare. Poggiai il viso sulla sua ampia schiena e intrecciai le mani sul suo ventre. Lui sussultò nel sentirmi, irrigidendosi. Ma poi si sciolse, lasciandosi abbracciare. La sua maglietta era quasi completamente zuppa delle mie lacrime e potevo sentire il suo respiro accelerato. Lo strinsi ancora più forte. -Stanotte c'è la luna piena.- Sussurrai. Lui rise. -E quindi?-
-Mi ricordo quanto ti piacciono le stelle, i pianeti, le costellazioni eccetera...possiamo guardarla insieme.-
Lui sembrò trattenere il respiro. -Quindi vuoi stare con me?-
-Non ho detto questo.- Ribattei, brusca.
Lui si voltò repentinamente, tanto che i miei occhi si ritrovarono ben presto ad osservare i suoi pettorali. Tossii.
-Non vuoi stare con me?-
-Ma se non riesci a dire che mi ami o a provare amore, come faccio a fidarmi?-
Lui guardò altrove. Era combattuto. Le sue sopracciglia si aggrottarono. -Io non posso amarti. Non so nemmeno cosa voglia dire.-
Mi morsi le labbra. Quella aveva fatto male. -Lo senti dentro, Adrian.-
-Ma io sento qualcosa!- Protestò.
Sbuffai. -Finché non mi dirai che mi ami, io non vorrò stare con te. Ho già sofferto abbastanza.-
Lui indietreggiò. -Non puoi farmi questo.-
Scossi la testa. -Non lo sto facendo soltanto a te, anche a me.-
-Perché tu mi ami?-
Quella domanda rimase sospesa tra di noi. Volteggiava, carica di ansia e tensione, nello spazio tra me e lui. Potevo sentirla, toccarla. Non mi diede, però, il tempo di rispondere che la sua bocca si avventò sulla mia. Le sue mani grandi coprirono la mia faccia e le sue labbra premettero contro le mie. La lingua si attorcigliò intorno alla mia e il suo respiro caldo mi carezzò la pelle del viso. Il suo corpo si era premuto contro, facendomi sentire quanto fosse felice nell'essere lì con me. Mi mancò il respiro. Poi le mie mani scivolarono sulle sue spalle e mi misi in punta di piedi, assaporando quel bacio così carnale.
Ben presto la sua mano si aggrappò sotto alla mia coscia sinistra, portando la mia gamba al suo fianco. Ero ben stretta e salda a lui.
Improvvisamente mi fece voltare. La sua bocca finì sul mio collo e la sua erezione premette contro il mio sedere, che spinsi incontro a lui. Mi pizzicò con la lingua e poi succhiò la pelle, già pronta per accoglierlo.
Gettai la testa all'indietro, mentre le sue dita cominciarono una danza di tortura dai miei fianchi, spostandosi sempre più in alto. Strusciava e picchiettava i polpastrelli, per poi raggiungere i miei seni, coperti dalla maglietta. Ansimai e lui spinse i fianchi in avanti, facendo su e giù. Strizzò i seni, massaggiandoli con forza. Mi morsi il labbro inferiore e trattenni un gemito. Lui allora afferrò i miei capelli e spostò una mano sulla schiena, facendomi piegare in avanti. Con l'altra mano mi tirò uno schiaffo sulla natica sinistra. Poi prese l'elastico dei pantaloni e tirò giù quell'ingombro. Lo sentii abbassarsi. Le sue labbra si poggiarono sulla pelle del sedere e cominciò a succhiare, sempre più forte. Con i denti tirò giù le mutande e tirò un altro schiaffo sulla natica. Mugolai e lui continuò a succhiare. Poi i suoi pollici si posizionarono ai lati delle natiche, creando una maggiore apertura. Mi buttai ancora più giù, facendogli capire che volevo di più.
Sghignazzò e con la lingua iniziò a lasciare una scia di saliva dalla parte più alta del sedere, scivolando più in basso. Sentivo la punta giocherellare e poi la sua lingua farsi più grossa e leccare. Arrivò alle grandi labbra. Ci passò sopra la lingua, per poi risucchiare. Mi morsi le labbra e decisi di tenere io aperte le due natiche, mentre lui leccava e succhiava.
-Cazzo, quanto mi sei mancata.- Sbiascicò in basso, facendomi tremare fino alle ossa. Il contatto della sua lingua calda mi portava a non capire più nulla, sapevo soltanto di volerlo dentro di me. Poi la lingua mi penetrò, dando piccoli colpetti al mio interno. Uscì fuori e leccò l'esterno. Si allontanò con la testa e decise di sostituire quel muscolo nella sua bocca a un paio di dita. Mi morsi la mano per non urlare dal piacere. Il clitoride stava per esplodere, avevo voglia di venire.
La sua mano si portò nuovamente sui miei capelli e mi tirò la testa all'indietro. Aveva lo sguardo completamente annebbiato dal desiderio. La sua erezione non riusciva a essere contenuta dai suoi pantaloni.
Aggiunse un terzo dito e i miei occhi divennero bianchi. Rise. -Vieni, Mela. Vieni per me.-
Le sue lunghe dita si muovevano veloci su e giù, rallentando quando necessario e velocizzandosi subito dopo. Si poteva ben udire il rumore di quei movimento bagnati.
L'orgasmo arrivò in preda agli spasmi. Strinsi la vagina intorno alle sue dita e anche lui mugolò, sentendo quanto fosse diventata stretta. Avevo il respiro affannoso. Mi fece sollevare e mi spinse sul letto. Si strappò letteralmente i pantaloni di dosso, lasciando che io vedessi come il suo pene fuoriuscisse dalle sue mutande. -Voglio che me lo succhi.-
Mi afferrò le mani e se le mise all'elastico delle mutande. Buttai giù la saliva con fatica, ero ancora sconquassata dall'orgasmo di poco prima.
Me le fece abbassare e quell'asta di marmo spuntò fuori. Potetti godere di quelle venature spiccate e di quel glande così rotondo e gonfio.
Mi tirai su con la schiena e poggiai le labbra appena all'inizio. Lui mi spinse delicatamente la testa in avanti e la gola accolse il suo pene carico di seme. La mia bocca stava già producendo un sacco di saliva e con la lingua mi aiutai a fare su e giù. Misi una mano sulla base della sua erezione e affondai finché potevo. Lui tirò indietro la testa e ansimò.
Il mio clitoride pulsò, era già pronto a farmi venire un'altra volta.
Gli leccai intorno, mentre con le dita carezzavo quelle venature. Le mie labbra divennero rosse, mentre la mia testa faceva avanti e indietro, avanti e indietro.
-Voglio venirti...dentro.- Disse con affanno.
-Chi mi dice che non hai contratto qualche malattia in questi...ahh...anni.- Mi aveva appena preso la faccia per baciarmi.
-Non mi sono scopato nessuna.-
-Non mi fido.-
La sua bocca si trasformò in un ghigno malefico. -E va bene.-
Tolse il suo pene dalla mia mano e si allungò verso il basso. Prese qualcosa dalla tasca dei pantaloni e tirò fuori un preservativo.
Ingoiai la saliva, stupita. -Tieni i preservativi in tasca e io dovrei credere che non ti sei fatto nessuna in tre anni?-
Lui annuì. -Li ho comprati il giorno che ci siamo rivisti.-
Aggrottai la fronte. -Sapevi già che saremmo finiti a letto?-
-No. Ma ci speravo.-
Tolse la bustina, gettandola per terra. Poi si raddrizzò e corse verso la porta, chiudendola a chiave. -Adesso sì che inizia il divertimento.-
Coprì il suo pene con il lattice e mi fece aprire le gambe. Passò la sua erezione sopra le mie labbra inferiori e picchiettò sopra al clitoride. -Stai ferma.- Gracchiò. Le sue dita carezzavano il mio interno coscia e quello che io desideravo era sentirmi sua.
Si abbassò con la schiena e il suo pene picchiò contro il mio monte di Venere. Trattenni un urlo di piacere. Cercò la mia bocca e ci affondò la lingua, mentre con i fianchi si muoveva in circolo, strusciando la sua erezione sotto di me. Chiusi le gambe attorno a lui e le sue labbra finirono sul mio capezzolo turgido, risucchiandolo.
Ero bagnata fradicia, non ce la facevo più ad aspettare.
-Entra...ti prego.- Sussurrai.
Lui diede un ultimo bacio al mio capezzolo e poi prese in mano la base del suo pene, iniziando a penetrarmi. Ero così bagnata e accogliente che non fu difficile per lui entrare.
Strinsi la coperta con le mani ed inarcai la schiena, sentendo ogni singola vena attraversarmi. Mi riusciva a riempire tutta, colmando quel vuoto. Iniziò con spinte lente e misurate. Mi bloccò i polsi e mi fissò. -Ferma.- Ringhiò.
Io non ci riuscivo. Ero lì lì per venire ancora.
-Ferma, ho detto.-
Strinse i denti.
Allora le sue spinte divennero più veloci e aggressive, i suoi testicoli sbattevano contro il mio sedere e i suoi fianchi indietreggiavano per poi far affondare la sua erezione dentro di me. Il rumore della pelle contro pelle mi faceva impazzire. Mi stava ancora tenendo bloccata i polsi. -Lasciami...-Sussurrai, mentre le parole venivano portate via dall'eccitazione. Lui sorrise. -Mai.- E aumentò ancora la velocità.
Non appena fui sul punto di concedermi un altro orgasmo, lui uscì. Rimasi a bocca aperta con il fiato sospeso. Perché si era tolto?
Ma Adrian mi prese per i fianchi e mi fece mettere a pancia all'ingiù. Poi mi fece drizzare il sedere e ci tirò contro uno schiaffo fortissimo. Non riuscii, questa volta, a trattenere l'urlo di piacere. Allora lui me ne tirò un altro e poi mi baciò l'entrata della vagina. Con una spinta si infilò dentro e aggrappandosi ai miei fianchi ricominciò a caricare le spinte, sempre più rapido e con sempre più vigore. Stava mugolando, ansimando...sapevo che era vicino a venire anche lui. Il piacere nel mio basso ventre era inspiegabile, avrei voluto essere così sempre. -Vieni ancora. Veniamo insieme.- Disse a denti stretti.
Sembrava arrabbiato. Mi stava scopando con rabbia e sapevo che avrei avuto i lividi il giorno dopo.
Il suo pene usciva e rientrava, la nostra pelle cozzava l'uno contro l'altra.
Poi premette i suoi fianchi contro di me, fermandosi, e sentii il suo pene contrarsi ripetutamente. Percepii il liquido caldo raccogliersi nel preservativo e Dio solo sa quanto avrei voluto che quell'involucro di plastica non ci fosse. Gridò, stringendo il mio sedere.
Buttai indietro la testa e venni insieme a lui. I nostri organi si contrassero insieme, provocandoci ancora più piacere. Poi lui uscì, buttandosi a lato. Aveva il respiro corto e teneva gli occhi chiusi. Indossavamo ancora entrambi la maglietta, testimonianza del fatto che eravamo pronti a fare l'amore senza pretese.
L'avevamo fatto...dopo tre anni. Ed era stato ancora meglio di quello che ricordavo.
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Sotto un cielo pieno di noi
RomanceSEQUEL di "Sotto un cielo pieno di te" 🚨COMPLETA La storia prende vita 3 anni dopo gli eventi di "Sotto un cielo pieno di te". Le vite di Melahel e Adrian hanno preso due strade diverse, non si sono più visti né sentiti. Lei ha scelto la via più si...