Ci risiamo

2.1K 71 0
                                    

-È la tua nuova ragazza?- Tuonò una donna dietro di noi. La mia mano tremò nel sentire quel tono così deciso. Guardai subito Jack, che parve immediatamente infastidito. Cercò di mascherare la sua espressione corrucciata e si voltò. Mi portò con sé, facendomi fare una sorta di capovolta. Mi girò immediatamente la testa, probabilmente anche a causa del vino rosso della cena e dei due bicchieri di champagne. -Sì, Rosie. Come stai?-
Il cuore mi batté forte. Nessuno aveva ancora chiesto così esplicitamente chi fossi io. Tutti si erano limitati a sguardi fugaci e occhiatacce indiscrete. Nemmeno un'anima in quell'attico aveva avuto il coraggio di chiedere cosa io rappresentassi per il famoso Jack Turner. -Egregiamente, Jack. Molto carina, è russa?-
Il mio capo si irrigidì. -No, è di queste parti. Tu, invece, il tuo toy boy dove lo hai lasciato?-
Trattenni il respiro, sgranando gli occhi. Guardai con più attenzione la donna, aveva sicuramente passato i cinquant'anni, ma non era ancora approdata nei sessanta. La sua acconciatura consisteva in un caschetto biondo chiaro, abbellito da un piccolo cappellino rosa. -È qui in giro, appena torna te lo faccio conoscere.- Rosie continuava a fissarmi, prima da un lato e poi dall'altro. Era inquietante, iniziai a pensare che avessi qualcosa tra i denti. -Come si chiama?-
Continuò Jack, sfidando la donna. Era evidente che ci fosse dell'astio tra i due, non facevano altro che punzecchiarsi. Il mio cuore saltò un battito e mi strinsi a Jack. Avevo come la sensazione di stare per svenire. Avevo bevuto troppo, per una astemia come me bere anche solo un calice di vino faceva girare la testa come una trottola.
-Appena lo vedrai, lo riconoscerai subito. La sua famiglia è abbastanza nota alla cronaca...e alla polizia.- Le ultime sue parole mi fecero sfuggire una breve risata. Quella donna si era fidanzata con qualcuno di pericoloso o scapestrato, forse voleva vivere il brivido dell'illegalità. Bè, le avrei tanto voluto dire che quel brivido non avrebbe mai ripagato la grande delusione finale che avrebbe avuto. Essere amati è impossibile in un mondo così egoista, eppure io speravo che qualcuno fosse un po' meno egoista e un po' più...scossi la testa, non dovevo più pensare a ciò che ormai era passato. Dovevo essere forte, lo dovevo a mia madre.
-Che notizia divertente. Tu che ti fidanzi con un criminale bello e buono.-
-Bello sicuramente, se è buono è da vedersi.- Aprì il sorriso in una linea curva che faceva capire quanto maliziosa fosse la sua affermazione. I suoi occhi brillarono come due diamanti preziosi e spostò le sue pupille scure su di me. -Tesoro, quanto sei pallida! Ma lo prendi il sole ogni tanto?-
Sospirai. Sempre le solite osservazioni. Sì, ero bianca cadaverica e quindi? Era, per caso, illegale? -No, preferisco i raggi della luna. Non invecchia la pelle, almeno.-
Jack si lasciò sfuggire una risata strozzata e la donna inarcò le narici, furiosa. Non rispose, si limitò ad una smorfia poco divertita. -Che lavoro fai?-
La mia testa scattò immediatamente verso quella di Jack, che annuì impercettibilmente. -Sono la segretaria personale di Jack.-
La donna strabuzzò gli occhi. -Il capo che se la fa con la segretaria, che cliché.-
-Modera i termini, Rosie.-
-Scusa, è che è così...scontato.-
-Non tanto quanto il tuo amore verso chi ha almeno vent'anni meno di te.-
Assottigliai le labbra, imbarazzata da quello scambio di battute taglienti. Avrei infilato volentieri la testa sotto la sabbia in quel momento.
-O! Eccolo che arriva.- Le iridi scure della donna divennero due pozze di petrolio luccicanti. Le sue mani si strinsero l'un con l'altra e le labbra furono morse dai suoi denti. Si vedeva che era eccitata da chi stava arrivando, doveva averle fatto un incantesimo per renderla così cotta di lui.
Jack si girò per guardare, mentre io attesi con calma che si presentasse davanti a noi.
La mano di Jack si strinse alla mia, poi, improvvisamente, fece scivolare il suo braccio sulla mia schiena e mi strinse a sé. Per poco non persi l'equilibrio. Rosie non ci degnò di uno sguardo, era troppo impegnata a guardare il suo toy boy avvicinarsi.
I passi si fecero più vicini e la donna non riusciva a contenersi, non mi sarei stupita se da un momento all'altro avesse iniziato a saltellare e battere le mani. Era elettrizzata. Beata lei, io stavo morendo dalla noia.
Tutto d'un tratto Jack tolse il braccio per starnutire e la mia borsetta cadde per terra, aprendosi. Mi chinai per raccoglierla e mi spostai verso destra per evitare che il mio spray al peperoncino scivolasse via, afferrandolo per un pelo. Qualcuno stava per schiacciarlo con il tacco della scarpa. Mi rialzai velocemente e Jack mi riprese tra le sue braccia. Sollevai lo sguardo e...
la borsetta cadde di nuovo, questa volta con un tonfo terribile. Il mio capo si affrettò a raccoglierla, mentre la mia bocca si aprì e si chiuse in continuazione senza che parole ne fuoriuscissero.
La mia mente mi stava giocando un brutto scherzo. Non poteva essere vero.
Sbattei più volte le palpebre, ma quella figura era sempre lì. Mi fissava. Lo stomaco era diventato un ammasso di budella congelate e le orecchie avevano cominciato a fischiarmi, dandomi la sensazione che mi trovassi dentro ad una bolla. Quando il destino agiva, non c'era nessuno che poteva fermarlo. In quel caso era stato tremendo con me, cattivo, spietato e morboso nei miei confronti. Non esisteva un "tutti e vissero felici e contenti" con me. Esisteva un "tutti vissero, alla meglio, forse".
La gola secca mi impedì di articolare qualsiasi frase di senso compiuto. La sua faccia era il mio muro, quel muro contro al quale avevo paura di sbattere e che allo stesso tempo non smettevo di fissare.
-Lui è Adrian. Adrian Priest.- Annunciò la donna, stampandogli un bacio sulla guancia. Lui rimase impassibile. Le sue pupille dritte verso di me. Il mio cuore in pezzi ancora più piccoli e taglienti.
Jack fece scivolare il braccio più in basso, tenendo ben saldi i miei fianchi. Ingoiai la saliva dolorosamente. Adrian seguì con lo sguardo quel gesto di Jack e serrò la mascella, senza dire niente. -Lo conosco bene. Carina la prigione?- Sentenziò il mio capo, squadrandolo. Adrian rivolse, finalmente, i suoi occhi impietosi su Jack. Era disgustato da lui, era palese.
Il mio cuore aveva ufficialmente smesso di battere. Forse si era rotto definitivamente. Ancora non ci credevo. Non ci volevo credere. Lui...lì.
-Sì, molto accogliente. Ti fai molti amici.-
-E tanti nemici, presumo.- Ribatté immediatamente Jack.
-Tantissimi.-
Ci fu un breve silenzio, interrotto da Rosie. -Lei è...- Si fermò un attimo a pensare. -Come ti chiami?-
-M-Melahel.- Balbettai. La donna mi guardò schifata.
-Lei è Melahel, la nuova ragazza di Jack.-
Le sopracciglia di Adrian si incurvarono verso l'alto e mi osservò come a dire "davvero fai?". Distolsi lo sguardo. Il mio capo dovette aver notato quelle occhiate tra di noi, così mi fece ancora più vicina a sé, spostandomi in avanti e abbracciandomi da dietro. Chiusi per qualche secondo gli occhi. L'Adrian di un tempo lo avrebbe gonfiato di botte. Mentre quello che avevo davanti sembrava possedere un'espressione fredda e monotona. -Sì, ci frequentiamo da poco ma siamo già innamorati pazzi.-
Buttai giù la saliva, restando in silenzio. Jack mi baciò la testa. -Non è vero, amore?-
Il petto di Adrian si gonfiò di aria, per poi sgonfiarsi subito dopo. Non capii se fosse infastidito da quegli atteggiamenti. Ma poi pensai a come ci fossimo lasciati e a quanto poco gliene importasse di me, arresa all'idea, che già mi ero fatta tre anni prima, che l'unica stupida innamorata fossi io. -Giusto, amore.- Ricalcai quella parola, sollevando la mano per carezzargli il braccio.
Rosie fece finta di essersi intenerita e guardò Adrian, che aveva la mascella completamente chiusa, immobile. -Qualche suo affare potrebbe tornarti comodo, Jack.-
Il mio capo drizzò immediatamente le orecchie. -Che tipo di affari?-
-Posso rifornirti di container, quanti ne vuoi. E di imbarcazioni. Quante ne vuoi.-
-Prezzo?-
-Battere la Philips alla prossima asta.-
-Impossibile. Tengono in mano più di mezzo milione di dollari da poter fare fuori.-
Adrian sorrise per la prima volta. Ma non fu vero, non coinvolse i suoi occhi. Era calcolatorio. -Io ne ho un miliardo, che ne dici?-
Jack si spostò subito da me, facendomi da parte. Camminò in avanti verso l'uomo alto un metro e novanta. -Dici sul serio?-
-Sì.-
-E non finirò nei guai? Sai, tu non sei certo l'uomo con cui fare affari legali.-
Adrian sospirò. -Faccio affari con tutti qui dentro. Non avere paura.-
-Mancavo soltanto io, quindi.- Controribatté Jack.
Rosie sorrise. -Esattamente.-
-E voi che ci guadagnate?-
Adrian sollevò un sopracciglio. -"Voi"?-
-Io sono la sua ragazza, niente di più!- Sghignazzò lei.
La guardai, poi guardai lui. Aveva i capelli più corti rispetto a tre anni prima, anche se potevano essere considerati lunghi da molti. Quello smoking gli stava da Dio e quei due ciuffi sulla fronte lo rendevano ancora più sexy.
Mi mancò il respiro. Tutti i momenti e gli attimi vissuti insieme mi colpirono improvvisamente. Le mani cominciarono a formicolarmi, così come le punte dei piedi. Erano mesi che non mi prendevano certi attacchi. Tentai di respirare con calma, mantenendo un'espressione neutra. Adrian mi squadrò, aveva già capito che qualcosa non andava.
-Vado un attimo al bagno.-
Jack si voltò. -A fare cosa?-
Arrossii violentemente.
-Non sono domande da fare.- Proruppe con voce profonda Adrian.
Non lo guardai e sgattaiolai via.
Mi fiondai dietro la porta dei bagni delle donne e cercai di concentrarmi sulla respirazione. Mi guardai allo specchio e vidi le punte delle mie orecchie andare a fuoco. Mi bagnai i polpastrelli delle dita e le passai sulla pelle scottante. Avevo sicuramente la febbre.
Come poteva trovarsi in quello stesso momento, a quella stessa festa, in quelle stesse circostanze, la persona che più di tutte mi aveva delusa nella mia vita? La persona che aveva preso il mio cuore, lo aveva stretto tra le dita e poi spappolato.
Tre anni di agonia, aspettando una sua chiamata. Oppure guardando fuori dalla finestra che arrivasse una delle sue auto sportive. Freia mi aveva rinominata "stalker", proprio perché passavo le mie giornate alla finestra in attesa di qualcosa che non sarebbe mai accaduto.
Presi un profondo respiro e ripetei a me stessa che ero più forte delle mie emozioni, sapevo controllarle e un fantasma del passato non avrebbe rovinato i miei piani. Sarebbe stata una macchia di inchiostro in un foglio completamente bianco. Qualcosa che dava fastidio, ma tutto sommato non avrebbe cambiato la mia vita. Ero sempre io, ero sempre quella impacciata Melahel che cercava di tirare avanti, senza chiedere niente a nessuno.
Mi guardai allo specchio e tentai di sorridere. Non fu una bella idea. Mi vidi più brutta del solito, la faccia stanca e gli occhi tristi. Non potevo mentire a me stessa. L'arrivo di Adrian mi aveva sconvolta, aveva riportato a galla tutti quei sentimenti seppelliti fino a quel momento.
Deglutii a fatica e mi trattenni dal piangere. Sei di più, sei di più, sei di più.
Afferrai un pezzo di carta e mi asciugai. Buttai fuori l'aria e aprii la porta.
Venni immediatamente presa per un braccio e scaraventata contro il muro.
Non feci in tempo a realizzare che la sua voce scaldò il sangue nelle mie vene. -Cosa cazzo ci fai con lui qui?-
Mi leccai le labbra aride. I miei occhi, carichi di odio e voglia di rivalsa, lo guardarono disprezzanti. -Non devo spiegazioni a te.-
Tirò un improvviso pugno al muro, chiusi gli occhi con forza. -È un buffone. Ti tiene soltanto per trofeo.-
Mi morsi la parte interna delle guance. -Perché la tua fidanzata non fa lo stesso con te?- Ribattei, incrociando le braccia sul petto. Mi diede noia quell'aggressività improvvisa, era esagerato. Soprattutto per uno che non aveva voluto farsi sentire per anni.
-Non stiamo insieme.-
-Non mi pareva molto d'accordo lei.-
-Non cambiare discorso.- Mi incalzò.
Lo spinsi via. -Vattene, non voglio parlare con te.-
Mi riprese per il polso, risucchiandomi. -Jack è un coglione. Non fa per te.-
I miei occhi si riempirono di lacrime. Ma non gli avrei mai dato quella soddisfazione. -E chi farebbe per me? Sentiamo. Ah, giusto! Chi scompare per tre anni e non tenta nemmeno di sapere se sto bene o meno!-
-Ho sempre saputo come stavi.-
Sbuffai. -Sì, certo come no.-
Si passò una mano fra i capelli, imprecando. -Cazzo, con questo si vede tutto.- Mi squadrò.
Spalancai la bocca, offesa. -Che razza di discorso è questo? Primo, mi metto cosa cazzo mi pare. Secondo, chi sei tu per dirlo?-
Scosse la testa. -Nessuno.- Bisbigliò. I suoi pollici strofinarono i suoi occhi. -Stai con lui sul serio?-
-Pronto?! Cosa te ne importa?!-
Una donna ci passò accanto, infilandosi in fretta in bagno. -Ecco, adesso sapranno che ci conosciamo.-
Lui aggrottò la fronte. -È un male?-
Strinsi i pugni lungo i fianchi. -Io e te non ci siamo mai visti. Non ci conosciamo e non sappiamo nemmeno come ci chiamiamo. Chiaro?- Gli puntai contro l'indice. Lui restò muto. -Chiaro?!- Gridai.
Adrian fu sorpreso. Ma cosa si aspettava? Che gli saltassi in collo felice e contenta? Tutti quegli anni passati a pensarlo e a pentirmi di essermi innamorata di lui si erano tramutati, in fretta, in rabbia e risentimento. Non volevo più avere a che fare con lui. Mai più.

Sotto un cielo pieno di noiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora