Il matrimonio pt.4

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Mi tirai giù il vestito in fretta e cercai di riprendere aria, mentre Adrian tentava di tirarsi su le sue mutande e poi i suoi pantaloni. Si mise in tasca le mie mutandine aperte in due e mi guardò sognante. -Ho fatto la cazzata più grande della mia vita.-
Mi asciugai il sudore sulla fronte e ingoiai la saliva. Mi assalì un forte senso di colpa e di disagio, tanto da non riuscire a guardarlo negli occhi. Avevamo sbagliato, lui adesso era sposato. Dovevo pensare alla mia dignità, a quel poco che ne restava. -A scoparmi adesso?- Lo incalzai, con la voce spezzata e roca. Lui mi fissò, con un sopracciglio alzato. Si rifece il nodo alla cravatta e si avvicinò a me. -No. A sposare Megan.-
Alzai immediatamente lo sguardo, incrociando i suoi occhi magnetici. Sapevo che stava soffrendo anche lui, che non era certo la sua volontà sposare una donna che non amava. Ma perché non avere il coraggio di andare contro i propri genitori per avere almeno un po' di felicità? Poi riflettei sul tipo di vita che per anni io avevo condotto, tra un padre alcolizzato e una vita divisa tra lavoro e università. Perché anche io non mi ero ribellata a quella prigione che mio padre aveva idealmente creato? Perché ero stata cresciuta da lui, avevo soltanto lui. E così Adrian, conosceva soltanto il suo mondo, aveva soltanto quello a cui aggrapparsi. Non aveva senso intraprendere una strada sconosciuta, quando aveva la sua già pronta e delineata. O almeno i nostri genitori ci facevano pensare così. Era difficile staccarsi dalle proprie radici, da cosa credevamo di essere. Significava staccare un pezzo importante del puzzle della vita, sperando che tutto il resto non crollasse e avesse comunque senso.
Sospirai, consapevole di quella meschina realtà. -Dovremmo rientrare.- Gracchiai.
Lui si avventò su di me, circondandomi con le sue braccia. Non poteva funzionare. Non potevo continuare ad essere l'amante. Che vita sarebbe stata? Nascosta nell'ombra e tra le lenzuola di un uomo sposato. Immediatamente provai repulsione per lui e per quello che avevamo appena fatto. Lo scacciai via, spingendolo dal petto. Lui guardò il punto in cui lo avevo toccato e poi me. -Che significa?-
-Significa che non dobbiamo stare mai più a meno di dieci passi di distanza. Devi starmi alla larga, Adrian. Sei un uomo sposato.-
Lui si ravviò i capelli con le dita, imprecando. -Non ha senso.-
-Ha senso invece.- Strinsi i pugni. -Non ti ho mai sentito parlare di sentimenti, di un futuro, anche se impossibile, con me. Non ho mai capito se provassi qualcosa o se mi usassi soltanto come giocattolo di scorta.- Gli diedi le spalle. Ero su tutte le furie, ma non per lui, ma per me stessa. Paradossalmente andare con lui era stato come accendere una lampadina in una stanza buia. -Hai deciso di sposarti Megan, hai fatto la tua scelta. Non voglio essere il tuo giochino erotico, Adrian. Non più.-
Lui aggrottò la fronte, sorpreso. -Stasera avrò la riprova che conoscere te e la tua famiglia è stata la disgrazia più grande che potesse capitarmi. E, ascoltami bene, nemmeno io provo più niente per te. Sei solo sesso.- Quelle ultime parole erano più false di una banconota da tre dollari. Ma avevo bisogno di ferirlo per allontanarlo. Non bastava che fossi ferita io. Ero talmente debole da ricadere nella sua trappola mortale. Doveva essere lui ad allontanarsi. Lui fece qualche passo indietro e poi annuì. -So che lo dici per farmi stare lontano da te.-
Distolsi lo sguardo. Era fin troppo intelligente e acuto per farsi fregare da me. Ma drizzai il mento e tirai in fuori il petto. -Come vuoi tu. Pensala come ti pare. Torno dagli altri.- Mi voltai in fretta per camminare nella direzione in cui eravamo arrivati, quando lui mi prese per il polso. -So che stai mentendo e lo capisco. Se non vuoi più niente da me, dimmelo guardandomi negli occhi.- Sentii tutto il dolore nella sua voce affievolita, ma mi dissi che non dovevo cascarci. Strattonai via il polso dalla sua mano e alzai lo sguardo sul sul viso. Era così bello e micidiale. Un colpo al cuore tutte le volte. -Non voglio avere più niente a che fare con te.- Pronunciai quelle parole scandendole nella maniera più chiara possibile. Lui sembrò voler scrutare nelle mie iridi, alla ricerca di un qualche bluff, ma non ne rimase molto contento. Vidi le sue spalle stringersi e il suo respiro farsi sempre più veloce. -Va bene, allora vai.-
Gli sorrisi appena e intrapesi la strada del ritorno, mentre nella mia mente si affollavano pensieri su pensieri. Perché mi ero concessa così facilmente? Soprattutto il giorno del suo matrimonio, avevo promesso a me stessa che non lo avrei più toccato né guardato maliziosamente. E invece soltanto il suo profumo era in grado di mandarmi in estasi, non riuscivo a controllare i miei impulsi davanti a lui. Sapevo bene di essere innamorata, a chi lo nascondevo? A me stessa? Il problema era che lui non aveva mai parlato di amore né di sentimenti forti come quello e la sua famiglia non avrebbe mai approvato una sempliciotta come me. Era sempre in una sorta di limbo, dove un giorno ti faceva capire che gli piacevi e il giorno dopo sembrava ti odiasse. Chissà come si sarebbe comportato da quel momento in poi. Saltai sopra ad un tronco spezzato in due e mi trovai faccia a faccia con Megan. Si era cambiata di abito, indossava un tubino, tempestato di diamanti, molto aderente e corto. Portava una sorta di micro velo, che le incorniciava la sua faccia da modella. Mi spaventai nel vederla lì, così all'improvviso. -Ovvio, era con te.- Disse, stizzita. Pareva se l'aspettasse. Io mi schiarii la voce. -Non so di chi tu stia parlando, ero andata a fare pipì.-
Serrò le braccia sul petto, piegando la testa di lato. Era chiaro non mi credesse. -Sì, certo. Che c'è? I dieci bagni della villa non ti bastavano?-
Sospirai, cercando di oltrepassarla. -Senti, torno dai miei amici.-
-Dov'è lo stronzo?-
Alzai le mani in aria. -Non lo so, cercatelo.- Alzai il piede per passare sopra ad un ramo ricoperto di foglie marrooni. -Ah, complimenti per la cerimonia.-
Lei voltò la testa. -Belle le promesse di Adrian per te, vero?-
Mi bloccai un attimo, impietrita dalle sue parole. -Co-cosa?-
-Sì! Tutte quelle belle parole spese per una donna che non è sua moglie. Pensavi che non me ne accorgessi? Ho fatto finta di niente, imbecille.-
Sbuffai. -Non erano per me.-
-No, infatti. Sicuramente erano dedicate a Freia, che era sulla tua stessa panca in chiesa.-
Mi morsi la lingua per non risponderle male. -Pensala come vuoi, io adesso vado.-
Lei venne verso di me con passo pesante. Vidi la collera nel suo atteggiamento. -Sei soltanto una troia di passaggio. Lui non ti amerà mai, non potrà mai farlo e mai lo farà. Lo capisci? Riesce quella piccola testolina a comprenderlo? Lui ora è mio.-
La guardai esterrefatta, aveva tirato fuori unghie e denti. Peccato che non fosse il momento adatto. -Non me ne frega un cazzo di lui, né di te. Prenditelo e portatelo dove vuoi, facci qualche figlio, sposatelo due volte, fai quello che vuoi. Non mi interessa niente di voi. Lo capisce la tua "testolina"?-
Le ero arrivata molto vicina con la faccia, quasi a sfiorarla con il naso. Lei batté in fretta le palpebre, come se non si aspettasse quella mia reazione. Ma ero stanca di essere la Melahel buona e cara. -I-io...allora cosa ci facevi con lui ora?-
Mi lisciai i capelli, prendendo un bel respiro. -Ero a fare pipì, come ti ho già detto.- Serrai la mascella. Non volevo certo dirle che ero stata con suo marito qualche minuto prima. Era una stronza, sì, ma pur sempre un essere umano. Lei sventolò la sua mano in aria, come a volermi cacciare. Io le detti le spalle e mi diressi verso la villa. Mi facevo schifo e odiavo trovarmi lì. Avrei voluto essere sotto le lenzuola a guardarmi un bel film su Netflix, altro che ad un matrimonio combinato.
-Adrian! Che stai facendo? Sei impazzito?-
Drizzai le orecchie e rallentai il passo. Sentii Megan iniziare a correre, pesticciando le foglie per terra. Era successo qualcosa? Mi bloccai, portandomi l'unghia dell'indice alla bocca, nervosa. Perché aveva detto così lei? Che stava facendo Adrian?
Rimasi qualche secondo indecisa sul da farsi. E se gli fosse accaduto qualcosa? E se si fosse fatto male? Non potevo andare dagli altri come se nulla fosse.
Al diavolo! Iniziai a correre nuovamente dentro al boschetto, seguendo le orme di Megan. In meno di mezzo minuto vidi Adrian a petto nudo in mezzo a quella piccola radura e Megan con le mani sui fianchi, arrabbiata come non l'avevo mai vista. Abbassai lo sguardo e vidi che teneva in mano un pezzo di stoffa. Non sarà mica stata la camicia di Adrian? Mi portai le mani alla bocca, trasalendo. Si era strappato la camicia di dosso. La cravatta, invece, giaceva, galleggiando, sopra ad una pozzanghera. -Ma cosa ti è preso? Lo sai quanto costa una camicia del genere? Non ne hai altre? Mi rispondi?-
Lui era in ginocchio, i capelli completamente scompigliati e i tatuaggi in bella vista. Deglutii nell'osservare quegli addominali ben scolpiti e quella "V" che si intravedeva dai pantaloni. Mi poggiai ad un albero, guardandoli. -Tu sei impazzito! Adesso mi aspetti qui e vado a prenderti un'altra camicia! Nessuno deve vederti in questo stato, se la mia famiglia lo scopre sono finita! Mi stai capendo?- Lo scosse dalle spalle, ma lui parve assorto nei suoi pensieri. Fissava un unico punto per terra. Sembrava quasi in trance. Megan uscì dalla radura con passo svelto e si recò verso la villa. Adrian rimase fermo lì.
Mi guardai indietro e poi a destra e a sinistra, la ragazza sembrava essersi allontanata. Allora con cautela cercai di raggiungerlo, mettendo prima un piede e poi l'altro fino ad arrivargli davanti. Passai la mano sopra ai suoi capelli, cercando di dare loro un verso. Erano nero corvino. Lui mi afferrò con ferocia il polso, bloccandomi la mano. Sussultai dallo spavento, facendo un passo indietro. Poi costrinse la mia mano ad accarezzarlo, passandosela su tutta la faccia. Pelle contro pelle, freddo contro calore. Lo sentii inspirare e poi espirare. Restammo in quello stato qualche lungo minuto, finché non decisi che era arrivato il momento di andarmene. Però prima dovevo capire cosa fosse successo. -Cos'hai?- Sussurrai. Non ricevetti risposta, finché non alzò la testa guardandomi. Sbatté lentamente gli occhi e sospirò. -Voglia di scappare.-
Ingurgitai la saliva con forza e chiusi un attimo gli occhi. -Adrian, è il tuo matrimonio.-
-Proprio per questo.-
Mi zittii. Era completamente zuppo di fango e acqua, anche i pantaloni erano ormai da buttare. Sembrava fosse crollato su se stesso, senza forze. Il peso della presenza della sua famiglia lo stava corrodendo da dentro. Non avrebbe retto ancora tutta quella pressione, sarebbe scoppiato prima o poi. E non era il tipo da non combinare casini, anzi. Avrebbe distrutto il mondo, se avesse potuto. -Adrian? Adrian! Rispondi! Ti ho portato un completo nuovo.- Megan apparve da dietro due alberi con una giacca, una camicia ed un paio di pantaloni eleganti color carta da zucchero. Ad Adrian non piaceva niente che non fosse nero o blu scuro, non sapevo se Megan ne fosse a conoscenza.
-Dio mio! Rieccoti!-
Alzai gli occhi al cielo. -Non vedi che non sta bene?-
Lei alzò le spalle. -Un bicchiere di vino e si riprende.- Mi venne accanto. -Spostati.- Mi spintonò, facendomi vacillare. Lui alzò lo sguardo e immediatamente afferrò il mio avambraccio, evitandomi di cadere.
Lo guardai a bocca aperta e Megan imprecò. -Mi fate talmente schifo, che potrei vomitare.-
-Taci.- Disse, rauco, il tatuato. Lei non sembrò prendersela. -Tieni, mettiti questi e poi infilati la camicia dentro. Gli ospiti ci stanno aspettando, tra poco verranno a cercarci.-
Lui prese i pantaloni e poi il resto. Si alzò in piedi e tirò indietro i capelli, emettendo un rumore gutturale profondo. Forse si era fatto male nel cadere sulle ginocchia. Ma non indagai oltre. Si tolse i pantaloni scuri e li lasciò per terra. Indossò quelli celesti chiaro e sospirò, disgustato dal colore. Si schiarì la voce e si mise anche la camicia bianca. Megan stava lì a fissarlo, battendo freneticamente un piede per terra. -Vattene, tu.- Disse, poi, lei a me.
Io la guardai, spiazzata. In effetti non c'entravo proprio niente in quel quadretto surreale. Mi strofinai tra di loro le labbra, nervosa. -Stai bene?- Chiesi a lui.
Adrian deglutì. -Sì, vai.-
Annuii, facendo qualche passo indietro per andarmene. Mi lasciai alle spalle le grida di Megan, che era furiosa con Adrian per aver fatto aspettare gli ospiti per così tanto tempo. La sentii accusarlo di averla già tradita, cosa che non era nemmeno falsa. Lui non rispondeva. Raramente lo avevo visto così abbattuto. Forse si era reso conto di essersi legato a vita con una persona che non amava, soltanto per accontentare un padre fanatico degli affari e dei giri loschi. O forse sapeva che quella sera, alla fatidica gara, mi avrebbe persa per sempre.
Con queste paure tornai tra gli altri. Freia mi venne incontro e senza dirmi nulla mi abbracciò. Elèna, invece, mi prese per mano. -Quanto avrei voluto che fossi tu la sua scelta.-
Freia scosse la testa. -È lei la sua scelta. Ma ha deciso di ignorarla per scelte altrui.-
Ingoiai il rospo e mi guardai le punte dei piedi. -Stai vicino a tuo fratello. Ne ha bisogno.- Bisbigliai. Freia mi strinse ancora più forte. -Lui? Tu hai bisogno di conforto! Non quel fifone senza palle, che ha voluto sposare la fidanzatina dell'infanzia perché il padre gliel'ha imposto! Se l'è cercata, Mela!-
-Non è semplice come pensi.- Cercai di proteggere ancora quel poco che avevo con lui.
-Ma dai! Quante volte avrebbe potuto prenderti e portarti via! Lontano da tutto questo! E invece ha scelto di immischiarsi in un casino più grande di lui, lasciando che tu ti allontanassi da lui per sempre. A lui di te non gliene frega un bel niente, ficcatelo in testa. Sennò avrebbe trovato il modo per stare con te. Sai che tipo di persona è.-
Mi chiusi nelle mie spalle, sofferente. Il cuore stava battendo troppo velocemente.
Poi Elèna sgranò gli occhi ed io voltai la testa insieme a Freia, sentendo dei passi dietro di noi. Adrian ci stava camminando dietro, aveva sentito quelle parole. La mia amica serrò la mascella. -Le penso davvero queste cose.-
Megan le rivolse un'occhiataccia e se andò, mentre Adrian annuì. -Hai ragione.- Poi scomparve dietro a un gruppo di persone che si era accodato per sapere dove fosse finito.

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