Il matrimonio pt. 1

1.7K 73 1
                                    

Il giorno del matrimonio e della fatidica gara erano arrivati. Sarebbe stata una giornata memorabile quella, due disgrazie in un colpo solo. A pranzo un matrimonio forzato, a cena una gara in cui avrei potuto perdere la mia libertà.
Ero in cucina a fare colazione, quando Freia mi raggiunse. Si era già sistemata per il grande evento. Alle dieci ci sarebbe stata la cerimonia in chiesa e alle tredici il grande pranzo presso una delle tante ville dei Priest, in campagna oltretutto. Sospirai sui miei cereali ormai ammorbiditi nel latte. Il mio corpo stava rifiutando il solo truccarmi e vestirmi per quella cerimonia. Non ce l'avrei fatta, due notti prima Adrian era stato fra le mie gambe e adesso doveva sposarsi con un'altra. Come avrei potuto soltanto presenziare come se non fosse successo nulla? Odiavo quella situazione e non era da me, non potevo continuare ad andare a letto con un uomo sposato. Era assolutamente da condannare, era un atteggiamento pessimo e di basso livello, nonostante sapessi quanto poco amore ci fosse in quell'unione. O almeno poco amore da parte di lui. Ma Adrian non amava nessuno se non se stesso, lo avevamo capito tutti. Ed io a mie spese. -Melahel, spero tu sia in grado di vestirti e truccarti in meno di un'ora e mezzo, perché tra un po' passa a prenderci la limousine. Ricordi cos'ha detto Megan? Che se non eravamo già lì ad aspettare l'auto, questa sarebbe ripartita subito.- Sospirò. -Credo proprio che speri che non si vada a questo matrimonio. Perché cavolo siamo state invitate poi?-
Mi passai i palmi delle mani sugli occhi, stanca. -Non lo so. Odio già questo giorno.- Rigirai il cucchiaio nel latte tiepido. -E poi che senso ha mettere me in palio stasera, se sua moglie sarà ufficialmente Megan? Sempre io di mezzo devo andare!- Protestai debolmente. Sapevo dentro di me di essere più arrabbiata per il matrimonio che per la gara della sera. Forse un po' ero anche contenta che fossi io quella da contendere, la parte più tossica di me mi faceva pensare che fossi io quella prescelta, l'innamorata nascosta di Adrian. Ma non era giusto. E non era nemmeno vero. -Vedrai che si sistemerà tutto. Stasera lui vincerà e tu non correrai nessun pericolo.-
Alzai le spalle. -Non so, ho un brutto presentimento.-
Lei piantò la sua mano sulla mia spalla. -Brutto o bello devi prepararti o faremo tardi. Non vorrai perderti lo spettacolo? Chissà quante cose pacchiane Megan avrà acquistato per il matrimonio.-
Mi stiracchiai e sorrisi appena. Erano tutti già usciti da un bel po'. Avevo sentito la porta della camera di Adrian aprirsi e poi chiudersi già alle sei del mattino, avrei voluto corrergli incontro e confessargli tutto quello che provavo un'ultima volta. Ma non sarebbe stato corretto, né nei suoi confronti né nei confronti di Megan e neppure nei miei, quindi ero rimasta nel letto a fissare il soffitto come un'ebete. Sarebbero rimasti nello spazio più recondito del mio cuore, prima o poi quei sentimenti si sarebbero affievoliti fino a scomparire. Aspettavo in gloria quel giorno.
Indossai un abito corto, intrecciato sulla schiena, che restava comunque completamente scoperta. Una fascia passava attorno alla vita, segnandone il punto. Un sandalo con i lacci fino al polpaccio, argentati, racchiudevano le mie gambe appena depilate con la lametta sotto alla doccia. Mi ero anche tagliata all'altezza della caviglia, ma pazienza. Presi la pochette altrettanto argentata e mi sciolsi i capelli, che avevo acconciato la sera prima. Morbide onde carezzavano le mie spalle, scendendo fino al petto. Mi guardai allo specchio, sospirando. Megan era fortunata e sfortunata allo stesso tempo, si sarebbe sposata con uno degli uomini più ambiti del paese e contemporaneamente con qualcuno che non l'amava affatto. Cosa c'era di peggiore? Io lei la capivo, sapevo bene che sensazione fosse. Un nodo doloroso allo stomaco, le budella tutte attorcigliate e la paura e la rabbia che il tuo innamorato possa lasciarti da un momento all'altro o, come nel mio caso, non essere mai amata. La consapevolezza di non essere ricambiati, dunque. Guardare da lontano un desiderio, che per altri si sarebbe avverato al tuo posto.
Cercai di ricacciare indietro le lacrime e mi diedi un tono, guardando come quel vestito cadesse leggero ben sopra le mie ginocchia. Presi un bel respiro e mi ripetei nella mente che il giorno dopo a quell'ora sarebbe finito tutto, che dovevo pazientare soltanto un altro po', niente di che. "Niente di che", se non fosse stata una giornata da dimenticare sicuramente.

Sotto un cielo pieno di noiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora