Illogico

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-Ti pare? Ho lasciato i biscotti dove sempre, Freia.- Dissi, cercando di farmi capire nonostante la confusione che c'era in sala. La cena era appena finita e adesso toccava al ballo. Solitamente alternavano canzoni da discoteca con canzoni da ballo da sala. Io speravo sempre di restarmene a sedere in un angolo, ma quella sera Jack mi sembrava troppo su di giri per starsene fermo da una parte. -Freia, mi dici cos'hai? Non mi chiami mai a quest'ora e sai che sto lavorando!-
-Non ho niente...soltanto torna a casa presto. Ho paura a restarmene da sola.-
Soffiai via il ciuffo di capelli dalla faccia. -Va bene. Chiuditi in casa e aspetta il mio ritorno. Tanto con Jack non facciamo mai più di mezzanotte.-
La sentii sospirare e poi riattaccò.
Sbuffai. Era strana quella sera. Sembrava volesse dirmi qualcosa, ma non fosse in grado o fosse frenata. Infilai il telefono nella pochette e alzai lo sguardo sulla pista da ballo, che era stata velocemente liberata dagli enormi tavoli rotondi e dalle ingombranti sedie. Jack era a chiacchierare con due uomini, quindi avevo il tempo per rilassarmi e starmene per conto mio.
Afferrai un calice di vino bianco e cominciai a gustarmelo, poggiando la spalla contro il muro. Non appena a casa, mi sarei fiondata in bagno. Tutto quell'alcool e quella verdura avevano smosso i meandri più profondi della mia pancia, che si era gonfiata e aveva iniziato a farmi male.
-Melahel, giusto?-
Sbarrai gli occhi e buttai giù con difficoltà quel bel sorso di vino. Mi voltai e annuii. -Sì, esatto. Patrick?-
Lui sorrise. Aveva forse un brillantino sopra all'incisivo destro? -Cosa ci fai tutta sola, qui?-
Mi massaggiai le labbra l'una con l'altra. -Potrei farti la stessa domanda.-
Rise. -Ho fatto sedere Diana...era stanca e ubriaca.-
-O, beh, tra poco starà a me.- Scherzai, sollevando il bicchiere davanti ai suoi occhi.
Lui alzò un lato delle labbra. Era leggermente abbronzato. -Dove hai lasciato Jack?-
Indicai dietro di lui. -Sta parlando di lavoro. Come sempre.-
Patrick inclinò la testa. -Non è cambiato per niente. Con una bellissima fidanzata come te come può pensare al lavoro? Io avrei paura che qualcuno possa prenderti e portarti via.- Rise, scuotendo anche le spalle.
Mi morsi la bocca. -Qualcuno tipo te?-
I suoi occhi si sbarrarono e, se pensai di aver esagerato, mi sbagliai. Ben presto la sua espressione tramutò in lasciva curiosità. -E se anche fosse?-
Stavamo flirtando? Stavo dando corda a quel bellissimo svedese? Qualcosa non tornava. Non mi comportavo mai così. Soprattutto con una persona fidanzata. Probabilmente l'alcool era entrato in circolo prima del previsto.
Il mio sesto senso mi stava dicendo che non volevo veramente provarci con Patrick. D'istinto mi venne di girare la testa verso la mia sinistra. Sobbalzai dalla paura.
Nascosto dalla penombra un uomo alto più di un metro e novanta, con le mani in tasca e i capelli semi-raccolti, mi stava guardando. Deglutii lentamente. Era Adrian. Era rimasto lì tutto quel tempo. Patrick non si accorse di quella mia distrazione, così prese la mia mano. Il mio sguardo tornò sul biondo e poi guardai la sua presa. -Ti va di ballare?-
Boccheggiai. Odiavo ballare e odiavo essere fissata. In più temevo che Adrian potesse fare qualcosa. Ma poi il mio cervello mi tranquillizzò, cosa gliene importava ad Adrian di me? Se non mi aveva cercata in tre anni, perché doveva essere geloso adesso?
Accettai, titubante, e fui trascinata in mezzo alle persone, che ondeggiavano su scarpe di alta moda e vestiti firmati sul pavimento liscio. Patrick mi prese i fianchi e sorrise, poi la sua testa si girò verso Diana che annuì. Mi accigliai, cos'era stato quello scambio di sguardi strano? Non feci in tempo a preoccuparmi che il ragazzo mi fece fare una piroetta e il mio cervello dimenticò quel particolare. -Sei brava, hai un bel ritmo.-
Risi. -Non credo proprio. Sono coordinata come un sacco di farina. Ballare non fa proprio per me.- Risposi, fissando i nostri piedi. Temevo di poterlo schiacciare da un momento all'altro. -No, invece. Sei fluida e bella quando ti muovi.-
Le mie gote divennero rosse come due pomodori maturi. Istintivamente il mio sguardo andò verso Diana, che stava sorseggiando dello spumante accanto ad un gruppo di uomini. Non ci stava minimamente calcolando. Lui notò la mia rigidità e strozzò una risata. -Non ti preoccupare. Io e Diana siamo come te e Jack.-
La saliva mi si bloccò in gola e il collo si irrigidì. -C-cioè?- Balbettai.
Lui si avvicinò con fare misterioso, ma prima diede un'occhiata dietro di lui. -Fidanzati per apparenza. Io e lei non stiamo davvero insieme, anzi siamo pure cugini alla lontana.- Alzò le spalle. -Questo mondo ti porta a mentire più di una volta.-
Strabuzzai gli occhi, sorpresa. Allora io e Jack non eravamo gli unici ad esserci fidanzati per finta. Ma soprattutto Jack lo sapeva? -Incredibile! E io che pensavo di essere l'unica...-
Lui scosse la testa. -È per questo che sui giornali spesso scrivono che io sono un libertino e che amo tradire la mia ragazza e bla bla bla. Il fatto è che sono libero sì, ma non tanto quanto una persona dichiaratamente single.- Sospirò, facendo qualche passo indietro per tendermi le braccia con le sue mani. -È una tortura vivere così. Ma l'apparenza è necessaria.-
Sospirai. -Lo so bene.-
Lui strizzò gli occhi. -Pensavo fossi fidanzata con Adrian in realtà.-
La mia testa scattò in alto. -Come?-
-Sì. Vi ho visti parlare una sera ad una di queste cene. Sembravate intimi, pensavo che vi foste scelti per essere la coppia del momento. Ma poi Jack mi ha confessato che Adrian sposerà Megan in definitiva.- Si sistemò la giacca. -Onestamente fa bene a sposarsi, dopo tutto quello che la sua famiglia ha passato. Ha bisogno di ristabilire un certo equilibrio e una certa sintonia. Il matrimonio è ciò che serve.-
Buttai giù la bile amara. Lo stomaco aveva iniziato a bruciarmi. Odiavo sentire parlare di quegli argomenti con tanta leggerezza, eppure si trattava di persone e di sentimenti. Come potevano calpestarli così facilmente in nome degli affari e dell'onore? Ero sempre più convinta di essere una totale estranea a quei principi.
-Sì. Se secondo il vostro punto di vista un matrimonio è necessario, così faranno.-
Lui annuì con fervore. -Quando succedono guai, bisogna cercare di farli dimenticare con qualcosa di sacro come un matrimonio.-
Mi morsicai le labbra. Continuava a parlare di casini e guai, ma cos'era successo? Sapevo che William dopo essere stato male aveva lasciato le redini della famiglia ad Adrian e che Adrian aveva dovuto affrontare i suoi nemici da solo. Ma qualcosa mi diceva che mi era stato tenuto nascosto qualcosa di più. Qualcosa che già, dentro di me, avevo capito fosse successo.
-Ma di quali guai parli?-
Lui aggrottò immediatamente la fronte, portandosi indietro con il corpo. -Davvero non lo sai?-
Io feci di no con la testa. -Strano. Lo sanno quasi tutti.-
Io inspirai ed espirai. L'ansia aveva preso il controllo del mio petto e del mio stomaco. -Io no.-
Lui si leccò le labbra. -Tre anni fa è scomparso per un paio di mesi. Nessuno lo trovava più, persino James ha temuto che fosse morto da qualche parte.- Si fermò. -Ehm, James è suo fratello maggiore.-
Io annuii, sapevo bene chi era. -Lo hanno davvero cercato dappertutto, nessuno aveva sue notizie. Il fratello ha dovuto gestire da solo il giro di affari e i Toy sono riusciti ad accaparrarsi parte delle scommesse di auto. James non era in grado di stare al comando, lui stesso lo aveva detto. Ma Adrian era davvero scomparso nel nulla. Sembrava non gliene importasse nulla degli affari e della famiglia.- Prese un respiro. -Ed è strano per un Priest.- Si schiarì la voce e si avvicinò ancora. -Io credo che non gli sia del tutto ancora passata. Mi sembra stia combattendo ancora con i suoi demoni.- Sussurrò.
Il mio cuore si strinse in una morsa dolorosa e cercai di trattenere le lacrime. Era decisamente particolare che la sua scomparsa coincidesse proprio con tre anni prima, quando io me n'ero andata dalla villa. -E come l'hanno ritrovato?-
-È tornato lui.-
Mi morsi le labbra. -Ah. Capisco. E cosa ha fatto? Ha spiegato perché era scappato?-
Lui scosse la testa. -Da quello che so non ha voluto più parlare di quel periodo. Ha smesso di uscire per locali e si è dedicato solamente alla famiglia, cercando di riappropriarsi del proprio giro di scommesse.-
Io annuii. Quelle parole mi fecero male. Allora Adrian aveva attraversato un brutto periodo proprio come me. Non se l'era spassata come io pensavo. Era stato male. Se credevo di essere sollevata da quella presa di consapevolezza, in realtà mi rattristai ancora di più. Eravamo stati due anime in pena per il mondo, troppo lontane per consolarsi e troppo ferite per poter guarire. Guardai Patrick che aveva una strana espressione sul viso. Cercai di sorridere. -Come mai così interessata ad Adrian?-
Mi presi un momento per rispondere. -No, no. Solamente curiosità. Non sono una che ama molto il gossip, ma quando c'è non mi tiro indietro.- Cercai di buttarla sul ridere e mi sembrò che Patrick ci fosse caduto. O almeno sperai fosse così. -Brava, fai bene. È bene conoscere lati oscuri e lati buoni di ogni persona. Possono essere sfruttati a nostro vantaggio.-
Annuii. Il mio cuore voleva andare a cercare Adrian e abbracciarlo, fargli sapere che provavo sempre qualcosa per lui e che non avrei voluto lasciarlo tre anni prima. Ma il mio cervello mi frenava, sapeva che avrei preso un palo in piena faccia e che Adrian di lì a poco si sarebbe sposato con Megan. Patrick, improvvisamente, mi fece più vicina a sé e scostò una ciocca di capelli dal mio volto.
Ingoiai la saliva e lo guardai. Aveva due occhi azzurri molto chiari, che non creavano molto contrasto con i suoi capelli biondissimi. -Voglio farti un complimento. Posso?-
Aprii la bocca, sbalordita. -Mi chiedi se puoi farmi un complimento?-
Lui rise. -Non a tutti fanno piacere. C'è a chi imbarazzano.-
Abbassai la testa. -Bè, io sono un tipo del genere, però sotto sotto mi piacciono.-
La sua bocca si aprì in un dolce sorriso. -Sei proprio bella. E non lo dico per fare il cascamorto, anche perché ci conosciamo da nemmeno un'ora. Ma sei davvero bella.-
Le mie guance si imporporarono e mi sfuggì un sorriso. -Grazie.-
-Non sei abituata a riceverli, mh?-
Mi passai i capelli dietro all'orecchio. -No.-
Lui scosse la testa, fingendo di essere arrabbiato. -Così non va! Come si può non apprezzare tale bellezza!- Alzò la voce, ridendo.
Mi vergognai ancora di più, tenendo lo sguardo basso mentre tutti si erano voltati a guardarci. Sentii il peso degli occhi giudicatori dei presenti, tutti credevano che lui fosse fidanzato con Diana. Non si addiceva ad un uomo fidanzato fare complimenti ad un'altra donna. Mi sentii veramente in imbarazzo.

-Io apprezzo.- Una voce profonda uscì dal fondo della sala. I miei occhi scattarono in su e la gola si seccò. Persino la musica si era abbassata per sentire i passi di qualcuno che si stava avvicinando. Patrick mimò un sorrisetto soddisfatto e si spostò accanto a me. -Non avevo dubbi. Una bella ragazza del genere.- Poi si rivolse alla sua ragazza. -Non me ne volere Diana.- Lei strizzò gli occhi, contenta e leggermente alticcia.
Adrian fuoriuscì dalla penombra, guardando dritto verso di noi. -Il fidanzato di questa ragazza lascia Patrick sedurla?-
Tutti i presenti sospirarono, per poi cinguettare tra di loro. Io incrociai le braccia sul petto. -Non mi sta seducendo. So cavarmela da sola, grazie.-
Perché mi faceva irritare?
Il tatuato alzò un sopracciglio. -Ciò non toglie il fatto che il tuo fidanzato stia lì a guardare come un ebete.- Graffiò la voce.
Patrick fece un passo avanti. -Cosa c'entra questo con l'apprezzare la sua bellezza?-
-Patrick non fare il finto tonto. Tutti ti conoscono.-
La folla alzò la voce, bisbigliando tra di loro. -E a te cosa importerebbe?-
Adrian iniziò, ambiguamente, a sbottonarsi i gemelli.
Il cuore iniziò a battermi veramente forte e le gambe a tremarmi. Non sarei stata pronta per un'altra rissa.
Per fortuna Jack intervenne, aveva il fiatone. -Nessun problema, Patrick è mio amico. Sta soltanto ballando con lei. Datti una calmata.-
Patrick sorrise. -Mi sembra esagerato questo tua atteggiamento e alquanto fuori luogo.-
Adrian si passò la lingua sulle labbra e mi guardò. -Ti fa piacere la sua compagnia?- Rivolse la domanda proprio a me.
Mi guardai intorno. Tutti ci stavano letteralmente fissando e un incredibile silenzio tombale era sceso nella sala. Persino la musica si era fermata, per permettere al DJ di ascoltare.
Le mani cominciarono a sudarmi e le orecchie a fischiare. -Sì.- Risposi soltanto.
Per un attimo credetti che volesse sferrargli un pugno in faccia, ma il tatuato indietreggiò a mani sollevate in aria. -In tal caso tolgo il disturbo.-
Non mi guardò nemmeno, ritornandose nella penombra.
La folla si sparpagliò in fretta, non erano più interessati a noi. Patrick mi prese la mano. -Ora ho capito perché volevi sapere quelle cose su di lui.- Mi strizzò l'occhio, per poi allontanarsi anche lui.
Mi ritrovai al centro della sala da ballo da sola con i miei pensieri. Quell'intervento breve e illogico di Adrian mi aveva fatto riflettere su tante cose, che però non avevano senso. Doveva marcare il suo territorio? Come fanno i cani con la pipì? E cosa intendeva Patrick con quell'ultima frase?
-Cazzo, Melahel.- Mi spostò dal centro, Jack. Aveva imprecato. -Si odiano quei due.-
Mi accigliai, confusa. -Ma Adrian non voleva fare affari con lui?-
Jack si passò le mani sulla faccia. -Come devo fare con te?! È ovvio che voglia farci affari! Per distruggerlo!-
Scossi la testa. -Non mi torna. Che cosa avrebbe fatto di male Patrick?-
Lui sospirò. -È soltanto il secondo organizzatore di scommesse in tutti gli Stati Uniti.-
-Non mi sembrava si odiassero all'inizio!- Protestai. Dovevo sembrare così stupida. Jack mi prese per mano. -Andiamocene di qui. Ho paura che Adrian possa fare qualcosa di stupido.-

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