Si parte?

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TRE MESI DOPO

-Hanno chiamato ancora da New York. Cosa devo fare?- Dissi, mentre stavo salendo le scale con affanno. Adrian comparve da dietro il corridoio, aveva la camicia aperta sul petto e l'addome nudo. Ingoiai a fatica la saliva e cercai di non fissare quei muscoli. Dovevo essermi abituata ormai...ma era più forte di me. Lui accennò un sorriso malizioso. -Di' loro di andare a farsi fottere. Non gestisco più niente ormai.-
Gli arrivai proprio davanti agli occhi. Lui sollevò le mani per scostarmi i capelli dalla faccia. -E poi sei così carina con queste guance rosa.-
Arrossii ancora di più. Ancora non mi sembrava vero. Ci eravamo trasferiti in una zona poco conosciuta di Miami, in una villetta di tutto rispetto, e nessuno degli uomini di William ci aveva rintracciati. Nessuno ci aveva più cercati. Adrian aveva parlato con il padre e, inaspettatamente, sembrava aver capito. Ebbi molti sospetti all'inizio, non pensavo potesse essere così semplice. Eravamo fuggiti, lui aveva divorziato. E suo padre lo aveva lasciato andare così? Poi con il tempo mi abituai e non ci feci più caso. Trovai lavoro come blogger e iniziai a godermi la vita accanto al mio uomo.
-Timothy passerà oggi pomeriggio. Parte per l'India.-
Trattenni il respiro. -Come mai così lontano? Non aveva smesso di lavorare per te?-
Lui inarcò leggermente le sopracciglia. -È...è una semplice vacanza.-
Mi grattai il naso. Qualcosa dentro di me mi stava urlando di non credergli, di indagare più a fondo. Ma poi riflettei che ormai quel mondo marcio era lontano e che avrei dovuto lasciarmi tutto alle spalle. Adrian, adesso, faceva il semplice consulente finanziario a qualche azienda della zona, non aveva più a che fare con scommesse e droga. Ogni tanto, però, arrivava qualche chiamata da New York, ma lui mi diceva sempre di ignorarle o di mandarli a quel paese. Facevo sempre così e non chiedevo nulla, da tre mesi ormai.
I suoi pollici strofinarono i miei zigomi freddi. -Avrei voglia di prenderti qui.- Gracchiò. I suoi occhi avevano cambiato aspetto. Io sorrisi appena. Spostai in avanti la gamba e la mia coscia sfiorò la sua intimità. Lui inspirò ed espirò. Non mi diede il tempo di comprendere che affondò la sua lingua nella mia bocca e si aggrappò ai miei capelli. Poi la sua mano destra si portò sotto alla mia maglietta leggera e strizzò il mio seno sinistro. Mugolai e lui continuò con più foga. Mi prese in collo e mi fece sbattere la schiena contro al muro, passò con le labbra sopra al mio collo e cominciò a succhiare. -Ahh.-
Mi tappò la bocca con una mano e mi sibilò di stare zitta. Ruotai gli occhi all'indietro, mentre la sua erezione premette contro il mio basso ventre. Iniziò a strusciarsi tra le mie cosce e a baciare e leccare la mia pelle nuda. Il mio telefono squillò. Saltai in aria e sbattei la testa contro il mento di Adrian. Lui imprecò ed io raccolsi velocemente il telefono dalla tasca. Era Freia. Lui mi disse di non rispondere, ma lo ignorai. Non sentivo la mia amica da giorni, era alle Hawaii con Elèna da una settimana e sembrava non pensare ad altro che a lei. -Finalmente ti sei fatta sentire!- Gridai, allontanando Adrian con una mano, mentre cercava di spogliarmi in mezzo al corridoio. -Non arrabbiarti! Tra gite, immersioni e nuotate non ho avuto molto tempo.- Ridacchiò, la sentii sorseggiare qualcosa. Probabilmente si trovava lungo mare. Quanto la invidiavo, io erano mesi che non uscivo da Miami e quando andavo per strada a fare shopping o altro, Adrian veniva sempre con me. Somigliava tanto a una guardia del corpo, anche se cercavo di vedere quelle sue attenzioni come puro amore, un po' eccessivo, ma sempre amore. -Tu? Come stai?-
Sospirai. Adrian era davanti a me con un sopracciglio alzato, sperava che chiudessi in fretta la chiamata. -Tutto bene. Non faccio molto...scrivo sul blog e ogni tanto esco a fare qualche camminata. Mi annoio un po'.-
Il tatuato iniziò a mordicchiarsi le pellicine delle labbra. Sembrava non gli piacesse quello che stavo dicendo. Ma era la verità.
-Perché non torni a New York? Io fra cinque giorni sono di nuovo a casa.-
Tossicchiai. -Adrian lavora qui ormai.-
-E chissene frega? Mi puzza un po' questa cosa...perché stare rintanati a kilometri da New York? A me pare proprio che lui non voglia tornare a casa.-
Mi strinsi tra le braccia e feci cenno all'uomo davanti a me di allontanarsi. Volevo un attimo di privacy con la mia migliore amica. Lui socchiuse gli occhi e poi alzò le mani, indietreggiando. Scomparve dietro la porta di una camera e chiuse. Io buttai fuori l'aria. -Ti devo confessare che hanno chiamato anche oggi da New York e come sempre Adrian mi ha detto di riattaccare in faccia a chiunque fosse. Ma questa volta...ho risposto e mi hanno detto che cercavano proprio lui per sistemare un affare "d'oro". Cos'è secondo te?-
La mia amica sbuffò. -Sarà qualcosa inerente alle aziende che segue...non credo niente di strano.-
-Ma lui segue soltanto aziende di zona.-
-Magari ne ha qualcuna a New York. Ricorda che conosce bene la città.-
Sospirai. Non mi convinceva del tutto. Mi morsi le labbra. -Elèna che dice?-
Freia fece schioccare la lingua sul palato. -È stronza come il fratello.- Sentii la voce di Elèna urlare "ma stai zitta" e poi una serie di risate. Le invidiavo davvero più che un po'. Erano felici e spensierate in vacanza. Invece Adrian aveva sempre l'aria di uno a cui avevano appena ammazzato l'animale domestico. Era sempre teso come una corda di violino e non appena cercavo di capire cosa avesse, si chiudeva in se stesso. -Sono belle le Hawaii?- Buttai giù un nodo alla gola.
-Bellissime! Ti vorrei tanto qui con noi! Ci sono pesci stupendi e si mangia da Dio! Poi le persone sono così carine e accoglienti...ti divertiresti.-
Annuii, pur sapendo che non mi avrebbe vista. -Lo so, piacerebbe tanto anche a me. Ma sai, non posso...- Non mi lasciò finire la frase. -Lascialo a Miami, prendi il primo volo e raggiungici! Puoi farti anche solo un week-end con noi.-
Scoppiai a ridere. -Troppo impulsivo per me.-
-Si vive una volta sola, Mela.-
-Non so...lasciare Adrian da solo adesso...non credo stia bene.-
Lei sbuffò. -Nemmeno tu mi sembri molto felice.-
-Ma io non ho dovuto...- Stetti per dire "io non ho dovuto abbandonare la famiglia e trasferirmi a migliaia di kilometri da casa", ma in realtà avevo fatto la stessa cosa. Il mio cuore si strinse in una morsa. Non avevo una famiglia, io. Solo un padre, ma chissà dov'era. E una madre biologica che nemmeno conoscevo, se non per vista. E chissà dov'era pure lei. La mia unica famiglia erano Freia e Adrian.
Mi salirono le lacrime agli occhi, ma le ricacciai indietro velocemente. Dovevo essere forte. -Ne parlerò con Adrian.- Tagliai corto. La mia amica cominciò a strillare come un uccellino. -Non vedo l'ora! Devo farti assaggiare il vero poké, non quelle schifezze che ci fanno mangiare a New York. Qui è tutta un'altra cosa.-
Riattaccai e inspirai l'aria profondamente. Sentii la porta della stanza di fronte aprirsi lentamente.
Apparve Adrian, aveva la faccia triste. -Non stai bene qui?-
Strinsi le dita delle mani tra di loro, strofinandole ansiosamente. -No! Sto bene.-
-Ti ho sentita al telefono.-
Una scarica elettrica attraversò il mio corpo. -Ah.-
-Vuoi andare da Freia e mia sorella?-
Abbassai lo sguardo, strofinando il piede per terra. Lui con due falcate fu davanti a me. Piegò due dita sotto al mio mento e mi alzò la testa, in modo che lo guardassi negli occhi. Aveva proprio lo sguardo triste, triste per me. -Dimmi di sì e domani partiamo.-
Spalancai le palpebre, del tutto presa contropiede. -C-cosa?- Balbettai. Lui sorrise. -Sì. Prendiamo il jet privato e andiamo.-
Sbattei più volta le ciglia, non poteva essere vero. Non si era allontanato dal lavoro nemmeno un giorno in quegli ultimi tre mesi e adesso veniva a dirmi che sarebbe partito dall'oggi al domani senza organizzare niente? Doveva essere impazzito.
-Prepara la valigia. Ho deciso.-
Gli saltai addosso, abbracciandolo con tutta la forza che avevo. Non pensavo di poter essere felice così. Poi lui mi prese la faccia con le mani. -Se non vuoi che venga, nessun problema. Resto qui e parti tu.-
Mi si strinse il cuore. Gli afferrai entrambe le mani, portandomele al petto. -Voglio che tu venga con me. Davvero, mi sentirei persa altrimenti.-
Gli si illuminarono gli occhi. -Pensavo di essere troppo assillante. Lo faccio per tenerti al sicuro, non si sa mai.-
Quell'ultima frase accese un campanello di allarme dentro di me. Ma lo allontanai, lasciandolo in un angolo recondito della mia mente. Il giorno dopo saremmo partiti per Honolulu, dovevo essere felice e grata per questo. Niente rimuginazioni inutili.
-Faremo una piccola luna di miele.- Scherzai.
Lui mi baciò su una guancia. -In effetti con Megan non l'ho fatta.-
Gli tirai un finto pugno sulla spalla. -Lei è acqua passata. Sono io la tua nuova "moglie".-
Lui scoppiò a ridere. -Non voglio sentir parlare di matrimoni per almeno altri cinque anni.-
Feci spallucce. -Meglio così. Non potrei resistere un'altra ora chiusa nelle quattro mura di una chiesa.-
Lui passò l'indice sulla mia guancia accaldata. -Forse ti sei dimenticata che sono un uomo divorziato, niente chiesa.-
Ridacchiai. -Il matrimonio più breve della storia.-
-E più inutile direi.- Aggiunse. Poi le sue mani finirono sui miei fianchi. -Mi piacerebbe tanto, comunque, terminare quello che avevamo iniziato prima che Freia ci interrompesse.-
Avvampai in un attimo. Sentivo bene tutte le sue dita sul mio corpo, premevano con decisione. Ingoiai la saliva. -Cosa?- Domandai, in modo falsamente innocente. Lui sghignazzò, portandosi indietro i capelli lunghi. Se li legò in una crocchia bassa e poi mi afferrò il collo con una mano. -Non fare la suora con me.-
Accennai un sorriso malizioso. -Non sto facendo la suora.-
Lui annuì. -O, sì. La suora porca.-
Trasalii e poi posai le mani sulle sue spalle muscolose. -Mi piace come suona tra le tue labbra.-
Lui si leccò quello inferiore e sorrise. -Porca.-
Strinsi la presa per poi lasciare le sue spalle e portarmi le dita a sganciarmi i jeans. Lui sollevò un sopracciglio, allibito. Gli feci cenno di fare silenzio. Mi aprii bottone dopo bottone la patta e lasciai scivolare i pantaloni fino a terra. Poi li lanciai via. Lui fu sul punto di saltarmi addosso, ma lo feci indietreggiare. Con un movimento repentino mi tolsi la maglia e restai in reggiseno, ma ben presto anche quello sparì. Rimasi soltanto in mutande di fronte a lui. Lo vidi palesemente in difficoltà. Gli afferrai una mano e gliela portai sul mio seno turgido. Socchiuse gli occhi, in preda agli ormoni.
Allora si tolse la camicia e si levò anche i pantaloni. Eravamo pari. Nudi, ma non completamente. Lo trovavo molto più eccitante, soprattutto vedere la sua erezione spuntare fuori dall'elastico dei suoi boxer, che non riuscivano a contenere la sua eccitazione. -Facciamolo qui.- Sussurrai.
Lui alzò le spalle. -Nessun problema.-
Si chinò velocemente per poi tirarmi giú con uno scatto felino le mutande di pizzo. Si infilò due dita in bocca e le inumidì per bene, poi con l'altra mano mi divaricò le gambe per bene. Conficcò con leggerezza e armonia le due dita tra le pieghe già bagnate della mia intimità. Mi aggrappai alla sua schiena per non cadere. Così lui mi premette di più contro il muro. Tolse le dita e si mise prima una e poi l'altra gamba sulle spalle. Credevo di cadere da un momento all'altro, ma lui mi stava sorreggendo molto bene. Eravamo in equilibrio, io con le cosce divaricate davanti alla sua bocca. Sentii subito la prima passata della sua lingua umida, poi lo percepii soffiare contro. Ansimai, infilando le unghie sulla sua pelle. Grugnì. Partì dal basso con la lingua bella larga e me la leccò fino al clitoride, dove indugiò leggermente di più, senza darmi fastidio. Poi con la punta della lingua giocherellò più a fondo, succhiando e muovendola come una biscia. Quel caldo-freddo mi faceva impazzire, poi la morbidezza e la sveltezza di quella lingua erano puro piacere. Più andava avanti e più sentivo di essere vicina all'orgasmo. Sbattei la testa all'indietro, mormorando di continuare e fare di più. All'ennesimo mio grido mi fece scivolare a terra e si tolse le mutande. Prese immediatamente in mano la sua erezione, il glande luccicava e la lunghezza era ben attraversata da vene grandi e piccole, sembrava quasi pulsare dalla voglia. Iniziò a fare movimenti in avanti e indietro sull'asta, come a mimare un atto di autoerotismo. Mi stava guardando con una eccitante intensità. Poi si chinò su di me e mi allargò ancora di più le cosce, entrando con una spinta bella carica dentro di me. Sentii attraversare la morbida ruvidità del suo pene, che strusciò contro le mie pareti già ben sollecitate prima dalla sua lingua. Cominciò a spingere sempre più forte e sussurrando il mio nome. Si aggrappò ai miei seni, stritolandoli. I suoi fianchi sbattevano sul mio bacino, creando quegli inconfondibili rumori di pelle contro pelle. -Ancora, ancora, ancora...- Lo incitavo.
-Se fai così, duro poco.-
-Ancora!- Gridavo con voce stridula, macchiata dalla lussuria. Allora lui mi schiaffeggiò un seno ed io mi morsi le labbra dal piacere. Adoravo quando faceva così. Uscì fuori e il suo glande gocciolava in maniera ingenuamente arrapante. Mi fece girare, sbattendomi la testa contro il pavimento. Poi mi fece drizzare le anche, così che il mio sedere fosse più in alto. Non passò molto che con una spinta fu di nuovo dentro di me, tenendosi ai fianchi per dare decise botte di bacino. Continuò incessante a muoversi in avanti e indietro, ogni tanto mordendo o schiaffeggiando il mio sedere che ormai era diventato rosso fuoco. Mugolai di non smettere mai e lui mi assecondò aumentando la velocità delle spinte.
Ormai ero vicina, lo sentivo. Glielo feci capire e allora lui oltre alla sua erezione, portò due dita bagnate sopra al mio clitoride, strofinandolo con delicatezza. Gettai la testa all'indietro, in preda al piacere. Venni in una sorta di scoppio, tutta di un colpo. Poi percepii il suo pene pompare, contrarsi e poi rilassarsi. Stava venendo anche lui. Ansimò e strinse le dita ai miei fianchi. Il seme caldo scivolò dentro di me e caddi con tutto il peso sul pavimento, stremata. Lui uscì, per poi rotolarmi accanto. Aveva l'affanno. -Dobbiamo preparare...le valigie.-
Sorrisi. -Dopo.-
-Sì, meglio.- Gracchiò, stanco.

N.B.
MI SCUSO! C'è stato un enorme ritardo nella pubblicazione, perché ho dovuto preparare l'ultimo esame prima di laurearmi. Mi scuso comunque per non aver rispettato i tempi di pubblicazione, vedrò di rimediare nei prossimi giorni!

Grazie per seguirmi e supportarmi sempre!

Eleonora❤️

Sotto un cielo pieno di noiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora