-Sei impazzito?-
-No.-
-Non vengo insieme a te.- Dissi con decisione. -E nemmeno insieme a te.- Continuai, rivolgendomi a Jack. -Pensate soltanto ai vostri affari, a come vi girano le palle, a quello che vi passa per la testa! E poi ci sono io, che sono quella che viene messa in mezzo e prende pure le partacce da voi!- Mi voltai, passandomi le mani fra i capelli, stremata. -Volevo soltanto vivere in maniera normale! Almeno una volta nella mia vita. E invece mi tocca far finta di essere fidanzata con te e far finta di non conoscere te!- Avevo l'affanno. Il cuore trottava come un cavallo, ma finalmente avevo detto ciò che pensavo.
Mi voltai un'altra volta e li guardai. Adrian aveva la testa leggermente inclinata in basso e le mani dentro alle tasche, mentre il sangue gocciolava dalle sue nocche lacerate dai pugni. Il mio capo, invece, scuoteva la testa. Non voleva sentire quelle parole da me. -Melahel, tu sei fantastica! Scusa per le parole che ho usato, non lo farò più. E non ti toccherò più se non lo vorrai.-
-Certo che non lo vuole.- Intervenne, cupo, Adrian.
Gli lanciai un'occhiata di fuoco, immaginando nella mia testa di chiudere le bocche ad entrambi e urlare al mondo intero quanto fossi stanca di quella situazione. Ma purtroppo non potevo farlo ed ero arrivata ad un punto di rottura. Lavorare mi serviva, avevo bisogno di guadagnare e non potevo certo permettermi di mandare al diavolo un lavoro come quello con Jack.
Sollevai la testa e incrociai lo sguardo di Adrian. Si passò la lingua sulle labbra spaccate e poi le risucchiò. Non potevo ignorare quello che mi provocava. Una stilettata di piacere passò in mezzo alle mie gambe e le incrociai per non sentire più quella sensazione. Il ragazzo tatuato ingoiò la saliva e il suo pomo di Adamo scese e risalì. Era infinitamente attraente, soprattutto dopo aver preso a cazzotti un gruppo di uomini. Ero attratta da tipi del genere, insomma persone da cui stare alla larga se si tiene alla propria salute mentale. -Adesso torno a casa. Da sola. Penserò a questa serata e saprò dirti, Jack.-
Sapevo bene che avrei continuato a lavorare per lui, ma dovevo almeno fingere di doverci pensare. -Okay, ma ti prego perdonami! Ho bevuto troppo...poi l'adrenalina...ti prego.-
Adrian sbuffò. -Patetico.-
-Vuoi che ti riprenda a botte?-
Mi infilai immediatamente nel mezzo ai due, evitando un'altra rissa. -Calmi! Adesso vi separate. Forza!-
Il primo ad indietreggiare fu Jack, che aveva le mani alzate in aria. Annuì, guardandomi. Finalmente stava ragionando. Scomparve nella folla dei suoi amici, un po' più distanti da noi. Tirai un sospiro di sollievo e mi calmai.
Poi mi ricordai che alla mia destra c'era ancora Adrian. Come dimenticarsene? Un metro e novanta di fisico perfetto, carattere di merda e puzzo di fumo di sigaretta. Feci un mezza piroette per trovarmi davanti a lui, cercai di essere il più seria possibile. Non volevo che mi imbambolasse con la sua voce profonda e le sue mani grandi e incredibilmente esperte. Stai già andando fuori pista, Melahel. -Mi dispiace per stasera. Speravo di lasciarti un bel ricordo di Miami.-
Sospirai. Non era veramente dispiaciuto. -Non ho un singolo ricordo felice qui.- Riflettei a voce alta. Lui sembrò colpito da quelle parole e sgranò gli occhi. Poi si schiarì la voce. -Ah no?-
-No. Non sono mai stata davvero felice qui.-
-E a New York lo sei?-
Deglutii. -Sto con Freia.-
-Non hai risposto.-
Mi morsi le labbra. Ero nervosa. -Sì. Sono felice a New York. Tu? Tu sei felice?-
Il suo petto si gonfiò per poi buttare fuori l'aria. -In realtà no.-
Alzai entrambe le sopracciglia, passandomi le mani sulle braccia, cercando di abbracciarmi. -Mh, interessante.-
Mi odiavo quando cercavo di fare la disinteressata per finta. Avrei voluto chiedergli mille cose. E soprattutto avrei voluto sapere perché non era felice. Ma il mio stramaledetto orgoglio me lo impediva. -Melahel.-
Mi spaventò essere chiamata con il nome per intero. -Sì?-
Passò qualche secondo di silenzio. -Ce l'hai un passaggio per l'hotel?-
Mi grattai la nuca. -In questi giorni dormo in una delle case di Jack, che ha qui vicino.-
Lui annuì lentamente. -Non hai ancora risposto alla domanda.-
Roteai gli occhi verso il cielo. -Allora rispondi tu a una domanda. Perché volevi farmi licenziare? Sai bene che ho bisogno di soldi per sopravvivere.-
Adrian parve imperturbabile. -Ti avrei mantenuta io.-
-Che cosa maschilista.- Dissi subito. -E pure falsa, tra l'altro. Ora di punto in bianco ti frega di me?-
Lui si avvicinò, la maglietta leggermente strappata sul petto da cui pendeva una collana nera. La sua mano smaltata finì sulla mia faccia, stringendo le mie gote. Mi guardò per un tempo che sembrò infinito. Scrutava, indagava e cercava di capire i miei occhi. Le sue ciglia nere e folte facevano ombra alle sue iridi scure. Premette i denti superiori sul labbro inferiore, quello più carnoso. Il mio respiro divenne pesante e non sentivo più gli arti, come se si fossero staccati da me. Vedevo soltanto la sua bellissima faccia da testa di cazzo. Quei ciuffi ribelli che ricadevano sulla sua fronte. Quel naso spigoloso e perfetto. Sembrava un vero e proprio angelo caduto dal cielo, di quelli con le ali nere però. -Mi è sempre importato di te.- Disse sottotono. L'aria calda si strofinò sulle mie guance già accaldate di loro. -Sono solo stato bravo a non fartelo capire.-
-No.- Lo incalzai. -Sei stato stronzo, è diverso.-
Sorrise, quel tipico accenno della bocca che non concedeva a chiunque. -È strano come siano passati tre anni e io abbia sempre una maledetta voglia di fotterti fino a farti gridare il mio nome, magari mentre le tue cosce fredde stringono le mie natiche che spingono dentro di te.- Lo disse con una tale tranquillità da farmi sentire trasportata in cielo. Quel solito fastidio piacevole venne a bussare alla porta del mio basso ventre.
Buttai giù, con difficoltà, la saliva e chiusi gli occhi. Strinse ancora di più le mie guance, finché le mie labbra non divennero una smorfia di dolore e piacere. -Non ti dispiacerebbe fare sesso qui, mh?-
Decise di rispondere lui al posto mio, facendomi muovere la testa dall'alto verso il basso. -Bene. Perché io ho una cazzo di voglia di entrarti dentro e sfogare tre anni di frustrazioni con te.-
Spalancai gli occhi. Quindi anche lui aveva sofferto come me in quei tre anni? Lo intimai di togliere le mani dalla mia faccia e lo fece. -Ti stai per sposare.- Pronunciai quelle parole con la voce interrotta dal dolore. -Non farò mai l'amante. Non farò mai la terza incomodo.-
Lui indietreggiò, passandosi le mani fra i capelli. La crocchia si era ormai sciolta e i capelli erano sparsi ovunque. -Non la amo.-
-E perché la sposi allora?-
Chiuse gli occhi. -È complicato, Mela.-
Alzai le braccia in aria, sconfortata. -Non mi aiuti se fai così. E comunque io...io non voglio avere niente a che fare con te.-
La sua testa scattò verso di me velocemente, per poi piegarla da un lato. Mi stava studiando. -Stai mentendo.-
Mi leccai le labbra. -No. Sono realista. So bene come vanno a finire le cose con te, con Megan e con i Priest in generale.- Sospirai. -È un mondo talmente tossico...-
Lui annuì. Il sangue si era rappreso sotto alle sue narici. -Sto cercando di venirne fuori.-
Spalancai la bocca. -Ma se ti sei messo a capo della tua famiglia per continuare a fare la malavita!-
Adrian apparve scosso. -Ma tu cosa ne sai? Ti farei stare al mio posto soltanto un'ora e poi capiresti.-
-Non mi interessa. È passato il tempo in cui mi importava qualcosa.-
Mi afferrò il polso, strattonandomi verso di sé. Trattenni il fiato, spaventata. -Non è vero.- Sussurrò. -Te lo leggo negli occhi.-
Risi, amareggiata. -Ti stai facendo inutili film mentali.-
Adrian parve divertito. -Può darsi. Ma lo vedo quando ti tocco come reagisce il tuo corpo.-
Lo strattonai via, spingendolo. Mi vedeva come un pezzo di carne da macello? -Sto cercando qualcuno con cui sfogare la mia voglia di fare sesso repressa, scusami tanto.- Dissi di getto, pentendomi subito di quelle parole. L'ultimo uomo con cui ero stata, era stato proprio lui. Non avevo più incontrato nessuno di interessante o coinvolgente. Adrian drizzò le spalle. -Scusa?-
-Sì. Spesso la sera vado per locali, sperando di incontrare qualcuno di sufficientemente piacevole da portarmi a letto.- Mentii. Ma dovevo fargli capire che non era il centro del mio mondo, che non pensavo continuamente a lui, che non era stato l'ultimo uomo della mia vita. -Freia è d'accordo con me.- Conclusi.
Le sue narici si allargarono e le vene del suo collo sembrarono corde tese di un violino. Mi spaventò. Le sue mani non facevano che chiudersi e aprirsi, stava tentando di mantenere la calma. Dovetti ammettere a me stessa che ero soddisfatta di quella reazione, lo avevo ferito in qualche modo. -Sono contento per te.- Disse solamente, senza guardarmi.
-Grazie.- Strizzai gli occhi.
-In quali locali vai?-
Sorrisi. -Perché? Vuoi venire anche tu?-
Adrian si avvicinò pericolosamemte. -Sì, forse. Ti darebbe fastidio?-
Feci di "no" con la testa. Peccato che io non andassi per locali con Freia a rimorchiare. Avevo detto una balla bella e grossa. -No. Potrei sfidarti a chi rimorchia di più.- Gli strizzai l'occhio. Lui serrò la mascella, scrutandomi. -Ci sto.-
Mi irrigidii. Non pensavo prendesse sul serio quello scambio di battute. -Domani sera avete già deciso da dove iniziare?-
-Adrian.- Cominciai. -Tu ti devi sposare.-
Sbuffò. -Mere formalità. Allora? Dove andate domani?-
Roteai gli occhi in aria. -Io e Jack abbiamo il volo la mattina presto. Non credo di farcela ad uscire la sera.- Tentai di trovare una scusa per prendere tempo, magari Adrian si sarebbe dimenticato di quella cavolata che gli avevo raccontato.
Lui si avvicinò ancora, con un malizioso sorrisetto sotto ai baffi. -Hai forse paura di essere battuta?- Sbatté più volte le ciglia.
-No. Sono sicura di essere più brava di te a conquistare uomini o donne.-
Lui rise. -Convinta tu...-
Gli diedi una botta sulla spalla. -Non mi conosci davvero.-
Si tirò indietro i capelli che erano ricaduti sulla fronte. -Dici? Staremo a vedere.- Alzò le spalle. -Nome del locale?--Capisci che ho raccontato una cazzata grossa come una casa?- Parlai, seduta sul letto dell'enorme casa a Miami di Jack. Freia era dall'altra parte della cornetta. Si stava passando lo smalto sulle dita dei piedi. -Cristo, Mela! Ancora con quel deficiente!-
Sospirai. -Mi devi aiutare. Voglio fargliela pagare.-
Ci fu un attimo di silenzio. -Devo ammettere che la cosa mi emoziona. Non ho mai provato a rimorchiare una ragazza in coppia con te! E comunque credo che anche Adrian sia abbastanza abile nel far cadere ragazzi e ragazze ai suoi piedi.- Ci pensò su un attimo. -Purtroppo è un fico da paura.-
Buttai fuori l'aria, esausta. -Volevo allontanarlo dalla mia vita e invece mi sono ritrovata in un gioco perverso con lui. Come devo fare?- Mi buttai all'indietro sul letto, pesticciando i piedi contro la coperta. Lei rise. -Almeno la tua vita subirà una leggera accelerazione verso qualcosa di più piccante. Ultimamente sembravi mia nonna.- Affermò, pacata.
Guardai il telefono, facendole la linguaccia. Sapevo che non poteva vedermi. -Sì, ma così lui resterà nei paraggi. Io dovevo liberarmene.-
Freia sbuffò. -Fa affari con il tuo capo. Sarebbe stato comunque impossibile non vederlo più.- Disse. -E comunque almeno hai una possibilità per umiliarlo al suo stesso gioco.-
Mi morsi le labbra, pensierosa. In effetti, potevo dimostrargli che non ero più innamorata di lui e che ero in grado di conquistare quante persone volessi, senza dover dare conto a lui. -Mi sembra un gioco sporco.-
La mia amica gridò. -Ma che noia che sei! È il tuo momento! La tua vendetta! Vedrai che ti farà stare bene. E poi chi lo sa, potresti incontrare la tua anima gemella nel frattempo.-
Mi grattai il naso. Non ero ancora sicura al cento per cento di iniziare questo gioco con Adrian, sapevo che era pericoloso, poteva farmi avvicinare a lui ancora di più. Non volevo soffrire ancora, dovevo allontanarlo, non scommettere con lui. Ero così stupida! Ogni volta che pensavo a lui, dovevo tirarmi una botta sulla testa così da apprendere che: Adrian = male.
Agganciai la chiamata e guardai il soffitto. Perché l'idea di passare le serate a rimorchiare gente insieme a lui mi eccitava da morire? Che problemi avevo? Dovevo essere arrabbiata, furiosa! Dovevo essere rancorosa nei suoi confronti! E invece non vedevo l'ora di andare a ballare e dimostrare a lui quanto fossi stronza e attraente. Doveva mangiarsi le mani, doveva implorarmi di tornare con lui. Mi aveva detto che teneva a me, ma se fosse stata una sua strategia? Magari gli piaceva tornare dalle vecchie fiamme per divertirsi un po' e poi scomparire ancora. Strinsi il cuscino, spiaccicandoci la faccia contro. Era successo tutto così in fretta, la rissa, la proposta di scommettere, la voglia di umiliarlo e al tempo stesso farlo rosicare. Chiusi gli occhi, pensando a quanto fossi stupida e ingenua. Non avevo ancora accettato e parlare con Freia non aveva fatto altro che portarmi verso il "sì". Lei non vedeva l'ora di vedermi in azione. Non mi mettevo in gioco da anni ormai, ero diventata come una bambola di pezza messa sopra ad un mobile vecchio e polveroso.
Sentii la campanella delle notifiche. Alzai immediatamente la schiena e mi buttai sul cellulare. Messaggio da un numero sconosciuto. "Domani a mezzanotte ti aspetto. Porta i fazzoletti, piangerai per la sconfitta."
Imprecai dentro di me, era lui.
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Sotto un cielo pieno di noi
RomanceSEQUEL di "Sotto un cielo pieno di te" 🚨COMPLETA La storia prende vita 3 anni dopo gli eventi di "Sotto un cielo pieno di te". Le vite di Melahel e Adrian hanno preso due strade diverse, non si sono più visti né sentiti. Lei ha scelto la via più si...