Contraddittorio

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Gli camminò incontro con felina lentezza. Un piede dietro l'altro e i denti fuori, come quando i cani ringhiavano contro qualcosa di minaccioso. Nessuno avrebbe avuto il coraggio di fermarlo. L'uomo che mi aveva picchiata, invece, sputò per terra. Non sembrava nemmeno essersi pentito. -Per una puttanella tutto questo casino?-
Adrian spalancò gli occhi e fu terrificante. Alzò la mano in aria e i suoi anelli in acciaio brillarono sotto alla luce fioca delle lampadine. Ingoiai un rospo e mi nascosi la faccia tra le mani. Poi le sue dita si chiusero a pugno e il primo colpo fu micidiale. Sentimmo chiaramente le ossa dell'uomo scricchiolare.
Mi salì la nausea.
-Lasciatelo. Deve combattere.- Disse con voce incredibilmente profonda.
James mi venne accanto e poi si spostò avanti, coprendomi la faccia con la sua schiena. Sentii il rumore di pugni, schiaffi e botte contro al muro. -Testa di cazzo, infame!- Urlava Adrian.
-Vai a fanculo te e quella troia!- Gridava di rimpetto l'altro.
-Ti ammazzo ora.- Adrian era fuori di sé. Stava avendo la meglio.
-Cazzo, lo ammazza sul serio.- Sussurrò James. Aveva le spalle tese. Non voleva che il fratello si macchiasse di quell'omicidio senza senso. E nemmeno io. Spostai James da davanti e vidi la scena. C'era sangue dappertutto, chiazze, schizzi e strisciate per terra e sui muri. Gli anelli di entrambi tagliavano la pelle come lame affilate. Adrian era sopra all'uomo, proprio a cavalcioni. Aveva le sue mani strette attorno al suo collo, gli occhi fuori dalle orbite. I capelli gli erano ricaduti sulla fronte, bagnati dal sudore. Quello sotto era diventato tutto rosso, le vene stavano per scoppiargli. Lo stava uccidendo sul serio. D'istinto mi portai in avanti e mi inginocchiai lì accanto, scuotendo Adrian. Sembrava in trance, non rispondeva agli stimoli esterni, per lui esistevano soltanto la sua rabbia e la sua furia in quel momento. -Adrian!- Lo scossi ancora. -Adrian, ti prego!- Avevo la voce rotta. -Adrian, non voglio stare con un assassino! Mi senti?-
Lui stava stringendo ancora di più. -Adrian, cristo! Sono Melahel, riprenditi! Non vuoi davvero ammazzarlo, sai che è sbagliato. Ti prego, ritorna da noi. Ti prego...- Le lacrime solcarono le mie guance arrossate, facendomi frizzare la ferita aperta sul labbro. Lui improvvisamente si fermò. L'altro riniziò a respirare, rotolando in fretta di lato. Il tatuato mi guardò. Poi si guardò le mani. -Meritava di morire.- Mugugnò.
Poi sentimmo un colpo di pistola. Ci voltammo tutti alla nostra sinistra e guardammo il corpo del mio aggressore scivolare lungo il muro, lasciando dietro di sé una lunga striscia di sangue rosso vivo. Mi tappai la bocca con le mani, scioccata. Adrian mi abbracciò in fretta, togliendomi dalla vista di quel corpo senza vita.
Madame si era avvicinata a noi. -Qualcuno doveva pur farlo.-
Iniziai a tremare e sentivo di essere sul punto di svenire. Fui sollevata in piedi, in fretta, dalle braccia muscolose del mio salvatore, ma le ginocchia cedevano comunque alla forza di gravità. Ero impallidita, totalmente inerme. Allora mi prese in collo, soffiandomi via i capelli dalla faccia. -Ti riporto a casa, piccolina.-
Avevo le sopracciglia aggrottate, ancora scossa da quello che era successo. Lui sorpassò Madame e imprecò. -L'alleanza sarà fatta. Ma giuro su dio che se mi freghi, la pagherete cara.- Poi fece cenno a James e agli altri suoi uomini di seguirlo.
Madame mi sorrise, ma senza coinvolgere gli occhi. Uscimmo dalla stanza e poi dalla casa, mi lasciai andare tra le sue braccia. Ero stremata, tutta quella tensione raccolta in poche ore mi aveva consumata. Sarei potuta morire sul serio. Madame non mi sembrava una donna che si faceva molti problemi ad uccidere le persone.

-Lo sai che non è finita con lei, vero?- James era seduto davanti, mentre Adrian era dietro e non mi aveva mai lasciata. Ero distesa sopra di lui. Continuava a fissarmi la ferita. Era ancora arrabbiato. -Lo so.-
-Hai accettato per un motivo ben preciso?-
-Ho accettato perché altrimenti se la sarebbe presa con lei.- Mi guardò velocemente. -So come lavora e so come agisce in queste situazioni.- Borbottò.
-Sì. Te l'avrebbe fatta trovare morta chi sa dove.-
Alzai la testa di scatto, guardando James. Adrian imprecò. -James, evita.-
Il cuore aveva ricominciato a battere fortissimo. Me lo sentivo quasi in gola. Ma Adrian posò la sua mano sulla mia fronte e mi spronò ad appoggiare di nuovo la testa sulle sue gambe. -Non capisco i Toy che ruolo abbiano.- Sentenziò uno dei loro uomini.
Vidi Adrian ingoiare la saliva e guardare verso il finestrino. -Loro vogliono semplicemente vendicarsi.-
-Ma adesso ci siamo alleati con i loro alleati.-
-Infatti dobbiamo stare molto più attenti di prima. Non crediamo certo alle favole, questa alleanza è una fottuta facciata. Siamo sopravvissuti fin'ora con il porto diviso in due, non aveva senso chiedere adesso una unione.-
James annuì. -Tramano qualcosa.-
-Stiamo attenti ai container. Potrebbero farli esplodere ora che hanno accesso alle nostre aree.-
Il fratello annuì ancora.
-Ma da quando lavorate con la droga?- Domandai, guardando il tettino della macchina.
Adrian si irrigidì. -Non la vendiamo.-
-E che fate allora?-
Sospirò. -Noi garantiamo soltanto i container e i contatti al porto. Poi ci pensano altri.-
-È come contrabbandarla però.-
-No.-
-Sì.-
-Ho detto no.-
-E io dico sì.-
Roteò gli occhi verso il cielo. -Pensa a riposare.-
Sbuffai. -Sto bene.-
-Non mi sembra.- Bofonchiò James da davanti. Adrian sbuffò. -Fatti gli affari tuoi anche te.- Poi si rivolse di nuovo a me. -E tu dormi. Hai visto fin troppe cose nelle ultime ventiquattr'ore. Sei così...- Passò distrattamente due dita tra le ciocche sparse dei miei capelli. Fui attraversata da una scarica di adrenalina, avrei voluto baciarlo. Prendergli la testa e premere le mie labbra contro le sue. Era così bello e dannato. Poi il suo telefono decise di interrompere la mia estasi. -Pronto?-
-Stiamo arrivando.-
-Megan, non me ne frega una cazzo dei fiori. Prendili bianchi e basta.-
Non appena sentii quelle parole iniziai a provare del forte disagio a stare tra le sue braccia. Come se le sue gambe fossero diventate improvvisamente scomode e non fosse giusto che mi trovassi lì.
Lo stomaco si era tutto attorcigliato, provocandomi delle piccole fitte odiose. Drizzai la schiena e tolsi la sua mano dalla mia pancia. Lui mi guardò, confuso, ancora al telefono. Allora gli scivolai accanto, mettendomi a sedere. -Fai come ti pare, ciao.- Chiuse la chiamata e mi fece segno di dirgli cosa non andava.
Mi morsicai le labbra, scuotendo la testa. Non volevo dirgli proprio niente. Che senso aveva? Tuttavia lui premette un pulsante alla sua sinistra e un pannello nero salì dal basso verso l'alto, separando i due abitacoli dell'auto. Non potevo più vedere e ascoltare chi si trovava nei posti davanti. Mi chiesi da quando avessero avuto un auto così tecnologica? -Perché ti sei alzata?-
-Non mi sembrava...molto carino.-
-Carino per chi?-
Sospirai. -Per Megan.-
Lui si accigliò, ancora più confuso.
-Dai, Adrian. Sta preparando il vostro matrimonio che ci sarà fra pochissimi giorni. Sta decidendo i fiori senza di te, perché te sei qui a salvare me e a carezzarmi la testa. Non è normale!- La mia voce apparve più indispettita di quello che pensavo. Ma ormai avevo detto quello che volevo dire. Era bene che sapesse che non si stava comportando nel modo giusto.
Lui alzò le spalle. -E quindi? Non sono innamorato di lei.-
Sollevai le braccia in alto, stremata. -Cosa c'entra! Te la sposerai ugualmente e io di certo non voglio essere la terza incomodo da carezzare o scopare ogni tanto.-
Lui raddrizzò la testa. -Sai che non sei solo questo per me.-
Risi, ironicamente. -No, non lo so! Perché non me lo dici! Non dici mai niente, non parli mai di quello che provi.-
Lui distolse lo sguardo. -Te l'ho spiegato centinaia di volte. Il matrimonio è per convenienza, niente amore.-
Sbuffai. -Lei non la pensa così, però. E, anche se mi dispiace ammetterlo, non è giusto nei suoi confronti. Lei ti ama e sa che ti sposerà fra poco. Pensa che sarai tutto suo. Cosa le dirai quando vorrà passare la prima notte di nozze con te? "No, grazie, sono a posto così"?-
Lui si morse le labbra, passandosi, poi, la mano fra i capelli. -Dio santo, Melahel. Non ci penso a queste cose.-
-E invece dovresti. Non è bello spezzare cuori a destra e a sinistra. Devi deciderti, o stai in una scarpa o stai nell'altra.-
Lui si avvicinò con fare minaccioso. -La vita non sono due fottute scarpe, Mela.-
Quindi portai in avanti la testa anche io. -Lo so, ma i fatti restano questi.- La ritirai indietro. -Io non voglio che tu scelga tra me e lei, perché so già cosa sceglieresti. Io vorrei che tu, nel frattempo, non mi prendessi in giro. Devi stare per conto tuo, senza stuzzicarmi o che altro!-
-Senza salvarti la vita?-
Lo fulminai con lo sguardo. -Se non ti avessi conosciuto, non sarei mai nemmeno incappata in un casino del genere.-
Adrian annuì. -Lo so.-
-Ecco.- Conclusi, guardando la strada passare velocemente accanto a noi.
-Quindi se mi sposo, tu sparisci?-
Mi girai di scatto verso di lui. -Certo. Cosa pensavi? Vi portassi le fedi all'altare?-
Lui scosse la testa. -Ma ci sposeremo per affari, non ci sarà niente fra me e Megan.-
-E quindi? Perché me lo stai dicendo? Non vuoi che me ne vada dalla tua vita? Parla!-
Lui si passò entrambe le mani tra i capelli ricci. -No. Sì. Non voglio che tu scompaia dalla mia vita.-
I polmoni mi facevano male. -È troppo tardi. L'hai detto tu stesso. Prima mi dici che dobbiamo stare lontani, che non è destino. Adesso ritratti tutto?-
Lui scosse la testa con forza. -No! Cerco di proteggerti, di tenerti lontana da questo mondo del cazzo. Vedi che ti tocca sopportare? Madame ti avrebbe uccisa, se io non avessi accettato. Che vita è?-
Chiusi gli occhi e presi un bel respiro. Si stava comportando come tutte le altre volte, si contraddiceva ogni secondo. Prima mi diceva una cosa e un minuto dopo la ritrattava per dire il contrario. Forse era una tecnica per farmi vacillare ancora accanto a lui, per non farsi lasciare solo. Così mi teneva nel dubbio e io non potevo farci niente. -Ti sfugge il fatto che sono io quella che non vuole stare con te.-
Lui mi diede un'occhiata poco convinta. -Lo escludo.-
Sbuffai, adirata. -Da cosa lo escludi?-
-Dal fatto che abbiamo letteralmente fatto sesso due sere fa?-
Sgranai gli occhi e gli dissi di abbassare la voce. Il colmo sarebbe stato farci sentire. -Non dirlo! È stato un errore, ero in un momento di crisi. Ti ho...ti ho usato come valvola di sfogo.-
Lui sorrise appena. -Felice di essere la tua valvola di sfogo allora.-
Gli diedi una botta sul braccio, imprecando. -Non sei serio. Non lo sei mai stato.-
-Mi piacerebbe fare il serio con te, se solo venissi dal mio stesso mondo.-
Roteai gli occhi verso il cielo. -Questo mi conferma che non siamo fatti per stare insieme.-
I suoi occhi si rabbuiarono. -Non posso cambiare quello che è successo.-
Mi morsi la lingua. -Cosa?-
-Il fatto che ti abbiano rapita per colpa mia, picchiata.-
Buttai fuori l'aria. -Cosa c'entra adesso?-
-Eh...non posso vederti con quel cazzo di labbro. Mi ribolle il sangue, ti giuro.-
Mi soffiai via una ciocca di capelli e la mia attenzione si focalizzò proprio sulla ferita, facendomela bruciare ancora di più. Lui si dovette essere reso conto della mia smorfia di dolore e inarcò verso il basso le sopracciglia. -Vieni qui.- Sussurrò.
Io restai sospesa tra la paura di avvicinarmi e la voglia di farlo. Allora lui mi prese per il braccio e mi avvicinò a sé con forza, ritrovandomi a pochi millimetri dal suo naso perfetto. Ingurgitai la saliva. Mi stava fissando. Aveva due occhi magnetici, avrebbero attratto chiunque. -Devi disinfettarlo dopo, a casa.-
Quel "a casa" sarebbe suonato così bene come "a casa nostra" e in effetti il modo in cui l'aveva detto faceva sembrare che dovessimo tornare davvero a casa nostra. Peccato che fosse tutto frutto della mia immaginazione. Ero fortemente sottona dentro.
-Lo so.- Gracchiai.
-Non posso più baciartele...- Sussurrò.
Trattenni il respiro, mentre il mio basso ventre cominciò a lanciarmi stilettate di piacere. Il mio corpo rispondeva eccellentemente alle sue provocazioni. -No. Non puoi.-
-Peccato...- Stava accarezzando con i suoi occhi le mie labbra rovinate. Sembrava stesse ammirando un quadro enigmatico. Il mio sguardo cadde sul suo tatuaggio "Amore e Tormenta". Io e lui eravamo un po' così, io amore e lui tormenta.
-Adrian...- Ingoiai ancora la saliva. -Ti sposi fra pochi giorni.- Cercai di farlo ragionare. Lui annuì, sollevando le spalle. Non gliene importava niente. -Non puoi fare questo con me. È sbagliato.-
Lui sollevò un lato della bocca. Era micidiale come tutto nella sua faccia fosse perfetto. -Sono Adrian Priest, amore.-
Mi bloccai. Per poco non sputai la saliva contro di lui. "Amore"? Era ironico o gli era sfuggito? Da quando aveva deciso di chiamarmi così? E poi con che coraggio? Mi aveva letteralmente abbandonata, poi ripresa, poi lasciata andare ancora... -Come scusa?-
-Che c'è?- Si accigliò.
-Come mi hai chiamata?-
Lui sbuffò. -Dimenticalo.-
Spalancai la bocca. -Hai detto "amore".-
-Ero ironico.- Si schiarì la voce.
-Ah, ecco. Adesso mi sembra normale. Pensavo fossi impazzito tutto insieme.-
Lui risucchiò l'interno delle sue guance. Non era contento. -Siamo arrivati.- Concluse.
Fuori dall'auto mi aspettavano Freia, Patrick, Elèna e Jack. Erano tutti entusiasti di rivedermi. Patrick mi si fiondò addosso, scansando tutti. Mi sollevò da terra e mi fece roteare. Fui sorpresa da quella sua reazione. -Credevo di non rivederti più! Sei ancora più bella con questo segno sul viso!- Mi abbracciò ancora. Adrian ci passò accanto e per sbagliò diede una spallata a Patrick,  che barcollò. -Portatela dentro, deve riposare e disinfettarsi la ferita.- Brontolò poi, irritato.

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