Capitolo 4

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Capitolo 4


Senza i suoi poteri, Rio si sentiva persa. Erano una parte di lei, una delle più importanti. La loro mancanza non poteva essere un caso, il suo trovarsi lì non poteva essere un caso.

Cosa era successo negli ultimi vent'anni?

Era questo il primo grande quesito che la ragazza aveva deciso di scoprire. Non sarebbe stato difficile, almeno credeva, bastava chiedere in giro e informarsi.

La TV era ancora accesa. I telegiornali non avevano smesso di parlare della luna rossa, tutti ne sembravano ossessionati.

«Cosa so della luna? Dovrebbe essere un satellite, una specie di mini pianeta disabitato che gira intorno alla Terra... Si, ma perché ora è rosso? Gli scienziati dicono che è un fenomeno che avviene raramente... Ma centra qualcosa con quel che mi è successo? Non può essere una coincidenza che mi sia svegliata proprio questa sera, ma la luna non dovrebbe avere poteri mistici» ragionò ad alta voce.

Al contrario del pensiero comune, per cui il parlare da soli è un brutto segno, in realtà esso rappresenta un'ottima tattica per mettere in ordine la mente. Le parole, essendo più lente dei pensieri, permettono al cervello di concentrarsi su un unico concetto alla volta, aiutando così ad eliminare il superfluo e non perdersi1. Ora che era sola, poteva parlare liberamente, poteva concentrarsi senza che nessuno la disturbasse.

«Ok, una cosa per volta... Ryoga aveva detto che abbiamo quattordici anni, quindi siamo nati sei anni dopo il mio ultimo ricordo, il nostro forse... Quel lasso di tempo meglio lasciarlo da parte per il momento, devo concentrarmi su quel che è successo dopo. Allora aspetto domani, mi ha promesso che sarebbe tornato.»

Rio si lasciò andare sul letto, stesa a pancia in su con le gambe e le braccia aperte. Fece dei respiri profondi, chiuse gli occhi e cercò di ricordare qualcosa.

Un vuoto totale. Era questo che avvertiva nel suo animo, nel suo corpo. Un vuoto freddo e cupo, che si era fatto strada già da molto tempo, non avendo trovato nessun ostacolo. Un vuoto nel suo cuore e un troppo nel suo cervello, le due cose si compensavano senza un equilibrio.

Caldi lacrime scesero dai suoi occhi, bagnandole il viso in un lamento silenzioso. Un grido di aiuto che nessuno avrebbe ascoltato, perché nessuno era lì per Merag. Venti anni, per venti anni nessun bariano si era interessato alla sorella del loro leader, il suo bene più prezioso. Venti anni è un tempo più che sufficiente per esplorare tutti i pianeti dell'universo.

Si rimise a sedere aprendo gli occhi, la vista era annebbiata dalle lacrime. Con il lembo del vestito si asciugò il viso e notò qualcosa che le tolse un altro dubbio. Non indossava biancheria intima e un piccolo tubicino di plastica si trovava tra le sue gambe. Il catetere le aveva provocato un leggero fastidio, che aveva ignorato per tutto il tempo. Lo prese delicatamente e lo gettò via infastidita.

«Spero tanto che a mettermelo sia stata una persona professionale... chissà a cosa serve» e, così dicendo, si alzò distrattamente dal letto ed attraversò la seconda porta presente nella stanza.

Il bagno era piccolo e semplice. Mattonelle bianche e azzurre ricoprivano pavimento e pareti, da un lato la doccia, dall'altro la tazza e di fronte il lavandino con uno specchio.

Lasciò la porta aperta e si avvicinò lentamente alla sua immagine, un riflesso molto più giovane, fin troppo. Le sue forme si notavano solo leggermente, il suo viso presentava ancora dei tratti infantili e le punte dei capelli volgevano verso l'alto.

«Il mio aspetto... Allora quattordici anni fa sono veramente rinata... Quindi significa che ero morta, per questo nessuno mi ha cercato, perché credevano fossi morta...»

Il Misterioso Caso di Merag KamishiroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora