Capitolo 3

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Capitolo 3


La sera del suo risveglio fu un evento traumatico: trovarsi lì in quella stanza bianca, circondata da estranei. L'unica cosa che poteva avere un senso in quella faccenda era la luna, di un rosso splendente che le ricordava Barian.

«Ehm... signorina Kamishiro?» disse una voce maschile alle sue spalle.

La ragazza non si mosse, continuava ad osservare la città fuori dalla finestra. Con la faccia e le mani incollate al vetro, i suoi occhi vagavano dai negozi con le insegne luminose alle persone che si fermavano un momento ad osservare il cielo stellato, prima di tornare alle loro faccende. La stessa voce riprese a parlare, avvicinandosi lentamente. Sentiva i passi cauti muoversi nella sua direzione, ma li ignorò. In quei pochi minuti aveva capito che gli estranei non presentavano una minaccia, ma davano più l'impressione di essere spaventati dalla sua figura.

«Signorina Kamishiro va tutto bene?» chiese una seconda voce, questa volta femminile.

Allora Rio si voltò e inclinò leggermente la testa a destra, come per chiedere se si riferissero a lei.

«Cosa è successo?» chiese con tono calmo.

«È stata coinvolta in un brutto incidente cinque mesi fa, un incendio... Non ricorda?» chiese il medico che si era avvicinato, trovandosi a poco più di un metro di distanza dalla ragazza.

«Io...» disse con un filo di voce. Sforzandosi di ricordare, trovò solo immagini sfocate nella sua memoria. L'ultima cosa che ricordava era suo fratello, poi il vuoto più totale fino al risveglio in quella stanza.

Si voltò nuovamente in direzione della piccola TV e la osservò con più attenzione. La prima cosa che le saltò agli occhi fu la data: 24 maggio 2012

"Sono passati venti anni... Come è possibile?"

«Non ricordo più niente» disse a bassa voce, più a se stessa che ai presenti. Abbassò lo sguardo, confusa come mai prima d'ora; quella situazione appariva assurda e inconcepibile.

«Stia tranquilla, sapevamo che sarebbe potuto succere. Vedrà che con il tempo tornerà da sé» cercò di confortarla l'infermiera accanto a Ryoga, utilizzando un tono di voce dolce e comprensivo.

Quest'ultimo era rimasto impietrito per tutto il tempo, non si era mosso neanche di un centimetro e non aveva aperto bocca. I suoi occhi erano fissi sulla sorella, così vicina ma anche così distante. Quel risveglio era forse l'unico a cui non si era preparato mentalmente in quei cinque mesi di sofferenza.

Merag continuava a tenere gli occhi fissi su i suoi piedi nudi, poggiati sul freddo pavimento della stanza, dondolandosi leggermente mentre si perdeva nuovamente nei suoi pensieri.

"Kamishiro è un cognome giapponese, le scritte sui negozi sono in giapponese... Almeno so dove mi trovo, più o meno. La Terra... l'ultimo posto in cui vorrei perdermi, come posso risolvere il mistero su questo pianeta? Spero tanto che qualcuno mi stia cercando anche se è passato tutto questo tempo."

Senza neanche accorgersene, si sedette sul pavimento a gambe incrociate e iniziò a giocherellare con l'anello di metallo che portava al dito mignolo della mano destra.

Così come Ryoga non si aspettasse quell'imprevisto, l'equipe medica sembrava fin troppo sorpresa dall'atteggiamento della loro paziente. Di solito chi ha perso la memoria è più rumoroso, fa numerose domande ed esterna i propri sentimenti. Rio, invece, aveva escluso i presenti e si era persa nel fiume di pensieri che non riuscivano a trovare delle risposte sensate.

Il Misterioso Caso di Merag KamishiroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora