CAPITOLO 13

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ELENA

Mentre mio padre è concentrato sulla strada, io porto la mia attenzione sugli edifici che sfrecciano fuori dal mio finestrino.

<Allora Elena, di cosa volevi
parlarmi?> Mi chiede papà.

<Lo sai già di che cosa voglio parlare, papà.> Gli rispondo, dopodiché continuo.

<Come sai bene, poco tempo fa mi hai proposto la scelta di entrare completamente nella mafia, oppure rifiutare tale proposta.

Ho deciso di accettare perché voglio diventare una di quelle poche donne che lavorano nella mafia.

Iniziando a essere rispettata per le mie abilità, dimostrando che posso essere pericolosa e capace di cavarmela.

Per questo la mia risposta finale è sì. E vorrei anche completare il mio addestramento.>

<Sicura Elena?> Mi chiede papà con tono dolce ma, allo stesso tempo, con un filo di preoccupazione.

<Si papà. Sono sicurissima, voglio dimostrare che anche noi donne possiamo far parte di questo mondo.> Gli dico.

<Ve bene tesoro. E quando vorresti iniziare con la fase finale del tuo addestramento?>

<Vorrei iniziare subito e finire il prima possibile.>

<Allora... Penso che del tuo addestramento si occuperanno Boris oppureStephan. Va bene, no?>

<Si papà, va più che bene!> Gli dico mostrandogli un mio tipico sorriso a trentadue denti.

Nella macchina, tra di noi, cala il silenzio, fino a quando non arriviamo a casa.

Dietro di noi arrivano anche le nostre due guardie personali.

Papà ed io scendiamo dalla macchina, e nel frattempo veniamo raggiunti da Stephan e Boris.

Entriamo tutti quanti nella casa. I due fratelli si separano da noi e si dirigono nelle proprie stanze salutandoci.

Incontro a me e mio padre arriva Vania. <Buonasera signor Sergei, Elena. Bentornati. Avete mangiato?>

A rispondere è mio padre. <Purtroppo no Vania, abbiamo finito molto tardi e non abbiamo avuto né il tempo né il modo di cenare.>

<Va bene, allora vi vado a preparare qualcosa.>

Papà decide di congedarsi recandosi nel suo ufficio, mentre io mi tolgo il cappotto, e lo appoggio all'attaccapanni presente all'entrata.

Mi dirigo verso la mia camera e appena entrata, butto le mie borse sulla mia scrivania.

Mi tolgo i tacchi e mi cambio, mettendomi dei semplici vestiti.

Mi dirigo nel mio bagno personale, mi strucco e decido di rinfrescarmi, lavandomi il viso.

Ritorno in camera e tiro fuori il pc dalla sua custodia, dopodiché prendo la grande borsa di pelle e la metto sulla sedia, adiacente alla scrivania.

Penso di riposare gli occhi per un po', ma i miei piani svaniscono quando vengo chiamata a tavola.

Esco dalla mia camera, scendo le scale e mi dirigo nella sala da pranzo che, grazie al open space, dà sull'isola della cucina.

Mi dirigo verso il tavolo, dove noto che mio padre è già seduto a capo tavola, aspettandomi.

Nel frattempo che inizio ad avvicinarmi al ripiano di legno, noto che è ricolmo di cibo, e mentre contemplo il tutto, mi siedo alla sinistra di papà.

Entrambi iniziamo a parlare della nostra giornata.

Papà mi ascolta attentamente, esattamente come io faccio con lui.

A un certo punto mi passa per la testa la proposta di Veronika di uscire insieme domenica sera.

Come aveva detto anche lei, è più che fattibile questa uscita, visto che ormai da domani iniziano le nostre vacanze estive, e di conseguenza siamo libere.

Perciò mi giro verso mio padre, <Papà, domenica sera posso uscire con Veronika?>

Papà mi guarda un attimo e nel fare questa semplice azione, scruta attentamente il mio volto, dopodiché risponde.

<Va bene per me. Anche questa volta non volete delle guardie tra i piedi, giusto?>

Io scoppio in una piccola risata alle sue parole e infine rispondo.

<Sì papà, ci farebbe piacere non sentire lo sguardo dei tuoi uomini addosso tutto il tempo. Dopo tutto siamo adulte ormai.

Vedrai che non succederà nulla e che ce la caveremo. Dopotutto questa sarebbe la nostra seconda volta senza uomini appresso.>

<Elena sinceramente non vorrei rischiare, soprattutto ora con la mafia cinese. Non sappiamo che cosa vogliono e a chi vogliono arrivare.>

<Perché? Papà, perché hai detto che non voi rischiare? Cosa centro io?>

Papà non mi risponde e decide di evitare la mia domanda esattamente come sta facendo con il mio sguardo.

Come se mi stesse nascondendo qualcosa che non vuole dirmi.

<Porterete un paio di uomini con voi che vi aspetteranno fuori. Così va bene, no?> Dice, non rispondendo alla domanda di prima.

<Va bene, papà. Grazie mille.> Gli dico mentre mi alzo, e gli poggio un bacio sulla guancia.

Entrambi finiamo di mangiare, ci alziamo e ci separiamo, dividendoci per andare nelle nostre rispettive camere.

Una volta che rientro in camera, mi dirigo verso il mio armadio e cerco di organizzare un outfit per il pranzo di domani.

Rovisto tra i miei vestiti e tiro fuori un paio di pantaloni neri e vita alta a palazzo, di un tessuto molto morbido al tatto, insieme a un maglioncino color beige.

Dopo aver preso l'essenziale per domani, mi dirigo verso la mia scarpiera per scegliere il mio solito tacco, di almeno dieci centimetri.

Dai tacchi passo agli accessori. Scelgo un paio di orecchini pendenti, con una piccola pietra nera all'interno, che si ricollegano alla mia collana.

La collana, che attualmente porto al collo, non la tolgo mai. È il mio piccolo porta fortuna, che mi aiuta in ogni occasione.

La collana mi è stata regalata da papà, per il mio sedicesimo compleanno. Da allora non l'ho tolta mai, nemmeno durante la doccia.

Una volta finito, ed uscita dai miei pensieri mi avvicino al letto e tiro via le coperte.

Mi metto al di sotto di esse e mi giro verso il comodino, per spegnere l'unica fonte di luce fino a quel momento presente nella stanza.

La mattinata del giorno dopo passa molto velocemente, e si avvicina l'ora di pranzo.

Dopo aver fatto un paio di commissioni per papà e aver comprato qualche regalo per i Volkov, decidiamo di dirigerci verso la loro residenza.

Dopo una quarantina di minuti, arriviamo, insieme alle nostre guardie.

Io e papà ci avviciniamo al portone e suoniamo il campanello.

La collana dello Zar |Trilogia Diamante Nero #1|Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora