ELENA
Della luce proveniente dall'esterno, punta sul mio viso, e mi fa aprire leggermente gli occhi.
Davanti a me non trovo il solito arredamento di colore chiaro della mia camera, anzi del colore opposto.
Lo spiraglio di luce scompare quando una figura vicino alla finestra, chiude le tende, per far rabbuiare maggiormente l'ambiente.
Appena si gira verso di me, riconosco la persona in questione. Ivan.
Cerco di alzarmi di poco, ma lui si avvicina velocemente per aiutarmi, ma io lo fermo con un gesto della mano.
<Preferirei fare da sola, grazie.> Gli dico con la voce ancora impastata dal sonno. <Per quanto tempo ho
dormito?><Quasi tre giorni Elena. Come ti
senti? > Mi chiede, sedendosi sul margine del letto, alla mia destra.<Sto bene per ora, anche se... Dove diamine mi trovo Ivan?>
<Ti trovi a casa mia, non ti aggrada?> Mi chiede con tono scherzoso.
Io mi allontano di poco dalla testiera del letto, e mi avvicino, e gli tiro un pugno leggero sul braccio.
Entrambi scoppiano a ridere come due ragazzini.
<Ma sei sicuro che siamo a casa tua? Casa tua non ha un arredamento chiaro?> Chiedo mentre continuo a ispezionare l'ambiente mentre sento i suoi occhi ispezionarmi.
<Sì sei a casa mia, solamente che questa è camera mia. Preferisco i colori scuri ai colori chiari. Quella è una preferenza di mia madre.>
Alla sua affermazione mi mobilizzo all'istante.
"sono nella camera dell'uomo che tutte le donne vogliono mettere le mani addosso. non ci credo..." Penso.
Nella mia testa, iniziano a crearsi degli scenari fin troppo focosi per una che si è alzata da poco, dopo una dormita di 72 ore.
Quando punto i miei occhi nei suoi, a causa dei miei stessi pensieri precedenti, la rigiro di scatto per l'imbarazzo.
A un certo punto, sento qualcosa toccarmi la mano appoggiata a letto.
Quando mi giro, vedo Ivan che nella sua grande mano tiene la mia, mentre gioca delicatamente con le mie dita.
<Sai Elena...> Inizia a dirmi, per poi continuare. <Mi dispiace per quello che è successo. Intendo quella sera in discoteca.
Ero ubriaco e non sapevo quello che stavo facendo. Inoltre, non ti avevo nemmeno riconosciuta.
Non volevo metterti in una posizione scomoda. Non dopo che siamo diventati amici da poco...>
<Tranquillo Ivan.> Gli dico mentre appoggio l'altra mano sulla sua per rassicurarlo. <Avevo capito che non avevi brutte intenzioni.>
<Mi dispiace davvero tanto, sono stato un coglione. Soprattutto il giorno dopo, mi sono sentito peggio.
Infatti, ho provato a chiamarti e non rispondevi. Quando ho visto tuo padre entrare in casa mia e dire che ti hanno rapita...>
<Ivan non è stata colpa tua, non è stata colpa di nessuno, a parte i cinesi, va bene?> Con queste parole riesco a farli girare il volto verso di me.
Lui punta i suoi occhi blu dentro i miei, e io punto i miei occhi verdi nei suoi.
Senza pensarci due volte mi avvicino a lui e lo abbraccio con tutta la forza che ho. Dopo pochi secondi, anche lui replica l'azione.
Appena ci allontaniamo uno dall'altra, la porta viene aperta di colpo da mio padre con dietro di lui il signor Lev, Boris e Stephan.
Appena vedo gli uomini entrare nella stanza inizio ad agitarmi, e inconsapevolmente stringo forte la mano di Ivan.
<Aspettate!> Tuona Ivan, ponendo una mano davanti a sé, per fermare gli uomini. Tutti loro si fermano.
Io purtroppo non do importanza ai loro sguardi mentre mi avvicino sempre di più a Ivan, per nascondermi.
Ivan mi guarda in modo stranito, dopodiché mi abbraccia, e mi fa tenere la testa appoggiata al suo petto.
Io chiudo gli occhi e faccio un respiro profondo. Dopodiché inizio a parlare.
<Potrebbero rimanere solo papà e Ivan nella stanza?> Chiedo.
Lev, Boris e Stephan mi danno ascolto, e decidono di lasciare la stanza.
Papà è incerto ad avvicinarsi a me. Sicuramente avrà capito il quadro generale della situazione.
Io mi allontano di poco da Ivan, e quest'ultimo decide di andare verso la finestra per lasciarmi dello spazio con papà.
Mentre apre le tende per far entrare la luce, papà si avvicina a me lentamente.
<Tranquillo papà, se voi uomini siete in pochi riesco a cavarmela.> Gli dico in modo di sdrammatizzare, e anche per tranquillizzarlo.
Lui non lo fa. <Sei sicura Elena, posso anche aspettare che tua sia pronta. Non devi sforzarti per me.>
Io gli sorrido, e gli faccio segno di avvicinarsi a me e sedersi sul bordo del letto.
<Io vi lascio soli. Intanto cerco di portarti qualcosa da mangiare Elena.> Ci comunica Ivan mentre sta per varcare la soglia della porta.
<Aspetta!> Lo fermo chiamandolo. <Vorrei mangiare di sotto se è possibile. Ovviamente, se non dispiace a Elmira.>
<Tranquilla, la mamma sarà molto contenta di sapere che ti sei svegliata. E non solo lei.> Mi dice sorridendo e chiudendosi la porta dietro le spalle, con un semplice click.
Dopo le piccole incertezze, io e papà iniziamo a parlare tra di noi.
Gli racconto tutto. Com'è andata in discoteca, dove ci hanno portate, cosa ci hanno fatto, cosa ci hanno chiesto e altre cose.
<Tesoro, io insieme a Lev abbiamo deciso che per te e Veronika sia meglio rimanere qui, a casa dei Volkov.
Ovviamente a causa di tutta la situazione, fino a quando non mettiamo in maggiore sicurezza il nostro perimetro, va bene?> Io faccio cenno di sì.
Quando mi alzo dal letto, mio padre mi porge alcuni miei vestiti pulti, che prendo, mentre mi consiglia di andare a farmi una doccia calda.
Dopo essermi lavata e vestita con i nuovi capi, esco dal bagno e finisco di asciugarmi i capelli.
Appena finisco il tutto, sento bussare, dopodiché vedo entrare la figura di Ivan.
Mi guida giù per scale, mentre mi porta in soggiorno.
Ci avviamo in cucina dove, da lontano all'isola della cucina, riesco a scorgere Elmira e Larisa.
A un certo punto, però, sento qualcuno buttarsi addosso a me per abbracciarmi.
Appena mi giro, riconosco la chioma rossa della mia migliore amica.
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La collana dello Zar |Trilogia Diamante Nero #1|
Action(da revisionare) |Primo libro della Trilogia Diamante Nero| Elena è una giovane ragazza che studia lingue straniere all'università di Mosca, Russia. Un giorno si ritroverà a portare dei documenti importanti, appena finiti di tradurre, ad uno dei ta...