EPILOGO

4.4K 119 22
                                    

Nonostante fosse inverno, quel giorno il cielo aveva deciso di piangere insieme alle persone presenti, la morte della loro persona amata.

Una figlia, un'amica, una sorella più grande, una donna amata... 

Il cimitero era circondato da alberi che erano spogli, ricordano i tipici paesaggi descritti nei libri più spaventosi.

Il cielo non era solamente grigio, ma era nero, e qualche volta veniva attraversato da qualche lampo e tuono, rendendo l'ambiente sempre più malinconico.

Nonostante ciò, le persone riunite restavano in silenzio tutte vestite nero.

Intorno al contenitore di legno, si trovavano tutti le persone che l'avevano amata quando era in vita, pronte a lanciare sulla bara la tipica rosa bianca.

Come traduzione tipica del paese che la vista crescere, si voleva che la giovane ragazza fosse seppellita con un abito bianco, per non essersi maritata.

Ma a questa tradizione, un uomo si oppose, e consigliò di farle indossare un vestito di colore bordeaux, un colore che la ragazza amava.

Appena la bara fu calata nella sua apposita buca, a una a una, le persone fecero a turno per buttare il fiore bianco.

Simbolo di purezza. Simbolo che si avvicinava all'animo della giovane ragazza

Alla fine della fila, però, c'era un uomo con una rosa sì, ma diversa dalle altre.

Quando arrivò il suo turno, egli non buttò una rosa bianca, ma una rosa rossa.

Rossa della passione che tra i due, anche se a pochi era nota, c'era.

Il loro primo incontro, la loro prima notte di passione, la loro amicizia e il loro primo litigio.

Il loro amore, e il sangue di lei che aveva perseguito i sogni dell'uomo in questione.

Dopo aver gettato la sua passione lui fu il primo ad andarsene, non reggendo tutto quello che stava accadendo davanti a suoi occhi.

Lui continuava a pensare che non fosse vero, che tutto quello fosse solo un suo ennesimo sogno.

Che si sarebbe svegliato nel letto dell'Hotel dove aveva alloggiato insieme alla donna.

Che l'avrebbe osservata per ore, prima di farsi coraggio a uscire dal letto, per non affezionarsi maggiormente a lei.

Ma il suo piano non aveva funzionato. Più si allontanava, più sentiva l'attrazione verso la figura minuta della ragazza amata.

L'aveva chiamata ragazzina la prima volta che la vide, e solamente ora si rendeva conto che era una donna.

E che era la sua donna, la donna con cui avrebbe passato la sua vita, con cui avrebbe creato una famiglia.

Le persone piano piano, dopo la sepoltura della bara, avevano iniziato ad allontanarsi.

Tra loro una ragazza dalla chioma rossa e riccia, accompagnata da un uomo più alto di lei che li faceva compagnia, non riusciva ad allontanarsi.

Piangeva e piangeva, non riuscendo a calmarsi.

Nemmeno l'uomo che stava in piedi accanto a lei  non riusciva a calmarla.

Dopo alcuni minuti furono raggiunti da un uomo, che nella sua vita passata era il braccio destro della persona più pericolosa, che era venuta a consorla.

E dopo averle detto qualcosa all'orecchio, la giovane ragazza decise di allontanarsi dalla lapide.

Ormai il luogo era rimasto vuoto, o almeno così pareva, perché dietro a un grande salice piangenti li vicino, c'era ancora l'uomo che aveva buttato la particolare rosa rossa.

Una volta che si rese conto che tutti i presenti se ne erano andati, si riavvicinò alla lapide.

Con passi molto lenti, finalmente arrivò. Si fermò davanti ad essa e lesse più volte la scritta sulla pietra.

Non riusciva a perdonarsi per quello che era successo.

Si dava la colpa di tutto, come faceva sempre.

Ma più di tutto si dannava per non aver detto delle semplici parole di scusa, nemmeno quando era in fin di vita.

Non era riuscito a rispondere alla sua dichiarazione, non era riuscito a fare nulla, non era riuscito a dire nulla.

Egli alzò lo sguardo verso il cielo, facendosi bagnare tutto il viso dalla pioggia, che continuava a cadere incessantemente.

Lui odiava la pioggia, ma in quel momento ringraziava che quel giorno il cielo aveva deciso di piangere la sua donna insieme a lui.

Li era grato che per tutta la cerimonia aveva nascosto le sue lacrime di dolore, con le lacrime fredde della pioggia.

Riabbassò lo sguardo verso la lapide davanti a lui, iniziò a sorridere lievemente ricordandosi una delle battute dirette della donna amata.

Poggiò la sua mano sulla lapide per darsi aiuto per sedersi per terra.

Non li importava se si sporcava i suoi vestiti costosi, non li interessava come non interessava e lei che cosa indossavi.

L'uomo continuò a guardare davanti a sé, continuando a darsi le colpe di tutto.

All'improvviso decise di tirare fuori dalla tasca interna del suo cappotto un piccolo pugnale.

Non era un coltello comune, ma molto particolare, soprattutto il suo manico.

Era attraversato da una decorazione di una pistola, un coltello e una rosa incrociati.

Ricontrollò nuovamente la propria tasca, e tirò fuori una collana.

La aprì e dentro di essa c'era un anello con un serpente raffigurato.

L'uomo aveva creato l'ipotesi che quella lingua biforcuta era la solita che piaceva assaggiare mentre baciava, ma allo stesso tempo la stessa che era pronta a dire la sua e litigare prontamente con lui

Mentre i denti affiliati erano il luogo che contenevano il veleno, da cui fu colpito e che non esisteva alcuna cura per guarire da esso.

Era un veleno lento, molto lento. Che entrava nella circolazione sanguigna molto lentamente, ma in modo prepotente.

Tale veleno anche se non era velenoso, e non poteva aggravare alla sua salute, era solamente un veleno doloroso che lo avrebbe accompagnato per tutta la sua vita.

L'uomo decise di alzarsi, dando le spalle alla lapide, avendo paura che non sarebbe riuscito ad andarsene se le avesse guardata per altro tempo.

È lentamente, accompagnato dalle lacrime del cielo e dalle sue, si diresse verso la sua macchina stringendo nelle sue mani la collana.

Una collana d'oro che brillava tra le sue mani.

Aveva un ciondolo d'oro, con al suo centro raffigurato una luna e un piccolo sole in diamanti.

La collana dello Zar |Trilogia Diamante Nero #1|Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora