CAPITOLO 24

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ELENA

A causa delle siringhe ripiene di cose varie, la mia concezione del tempo è andata a farsi fottere.

L'unica cosa che so per certezza è quella di essere stata separata da Veronika.

Infatti, l'altro giorno ho provato a scappare.

Ho anche ucciso un paio dei loro uomini per cercare di ritornare dalla mia amica.

Ovviamente il mio piano è andato in fumo quando hanno chiamato i rinforzi.

Nonostante questo, sono riuscita a rubare un cellulare. Gli imbecilli ancora non se ne sono accorti.

Stamattina, quando ho notato che i corridoi erano vuoti, ho provato a chiamare papà.

Purtroppo, non ha risposto, poi mi sono ricordata del numero di Stephan.

Dopo un paio di tentativi nel comporre il suo numero, a causa della droga ormai in circolazione nel mio corpo, sono riuscita a far partire la chiamata.

Per fortuna Stephan ha risposto molto in fretta.

Non l'ho fatto nemmeno parlare, rendendomi conto in seguito, che era insieme ai Volkov.

Quando i cinesi sono venuti a prendermi, ho comunicato a Ivan la password del mio portatile molto velocemente, per paura che mi potessero scoprire.

Ho iniziato a sperare che Ivan avesse capito il mio piano, e l'uso dei numeri che gli ho dato.

Ho posto in Ivan tutta la fiducia che lui abbia capito la mia intenzione.

Mandare un messaggio al mio pc dal telefono rubato, con la nostra posizione.

Mentre ho iniziato a pensarlo, una lacrima mi è scesa lungo il mio viso provato dalla situazione in cui mi trovo.

Ogni giorno mi portano in due stanze diverse, facendomi domande di ogni genere.

Purtroppo, la chiamata con Stephan è stata conclusa in fretta, visto che gli uomini erano venuti a prendermi dalla mia cella.

Durante il percorso, verso la prima stanza, hanno scelto una strada alternativa, quella che non passava davanti alla cella di Veronika.

Appena entrata nella stanza, mi sono state tolte le funi dai miei polsi. Ormai hanno iniziato a lasciare i loro segni.

Sono stata accolta da Mr. Caffè, cioè Wang Liu che lavora per la mafia cinese, per il loro boss.

Ho iniziato a chiamarlo Mr. Caffè perché porta sempre un completo costoso dello stesso colore della bevanda.

<Allora... Signorina Morozov, cosa sa dirmi del diamante nero?> Mi ha chiesto, in un russo che faceva davvero pena.

Ovviamente, mi sono rifiutata di rispondere.

<Va bene, dove si trova allora?> Mi ha chiesto rivolgendosi nuovamente a me. Io ho continuato ad attuare la tattica usata precedentemente.

Lui incazzato, ha sbattuto forte il pugno sul tavolo, a cui entrambi ci eravamo seduti, facendomi sobbalzare.

Nella stanza sono rientrati gli stessi uomini che mi hanno prelevato dalla mia cella, però questa volta mi hanno portata nella seconda stanza.

Mi hanno buttano di getto all'interno tutto buio, sporco sia di muffa che di sangue.

Sangue mio e di altre persone, che hanno avuto la sfortuna di capitarci prima di me.

Mi hanno fatto sedere sulla sedia, posta al centro della camera.

Mi hanno legato piedi e mani, mentre preparavano una siringa, con del liquido all'interno.

Sicuramente era della droga per farmi parlare prima.

Dopo averla iniettata nel mio braccio, ho iniziato a sentire sin da subito la mia lucidità abbandonare il mio corpo.

Quando hanno ricominciato con le domande, ho continuato con il mio silenzio.

Stanchi del mio comportamento, hanno iniziato con le maniere forti.

Mi hanno tirato schiaffi, buttato acqua ghiacciata addosso, provocato ferite con le loro lame...

Così è passata tutta la mia giornata, esattamente come le altre che l'hanno preceduta.

Tra i vari dormiveglia, a un certo punto, riesco a scorgere una loro conversazione in cinese.

<E arrivato il tempo di portarle fuori dalla Russia.

Non ci hanno trovato, significa che non sanno dove ci troviamo...>

La conversazione tra gli uomini continua, ma io presa dal panico, inizio a tirare fuori il telefono e a mandare vari messaggi al mio pc.

Dopo l'ennesimo messaggio a cui non ricevo risposta, inizio a pensare a un ennesimo piano per fuggire.

All'improvviso lo schermo del telefono si accende, mostrandomi un messaggio.

"Eccomi shorty"

Appena lo leggo, la mia vista si appanna dalle lacrime di gioia.

Inizio a spiegare tutta la situazione a Ivan, e raccontargli quello che ho appena scoperto.

Quando sento le guardie avvicinarsi alla mia cella, inizio a preoccuparmi.

"oggi ho già fatto la mia doppia visita ai loro superiori" Penso, mentre cancello i messaggi tra me e Ivan, e mandando poi, la nostra posizione.

Finisco il tutto appena in tempo. Infatti, dopo aver mandato il segnale agli altri, vengo portata fuori dalla mia cella da due uomini.

Mi portano nella seconda stanza, nella quale aspetto per circa mezz'ora.

All'interno delle quattro mura, fa il suo ingresso un uomo mai visto prima.

Si toglie il giacchetto del completo costoso, si alza le maniche della camicia e inizia ad avvicinarsi a me.

Istintivamente mi avvicino sempre di più alla parete dietro di me, arrivando a scontrarmi con essa.

Come gli altri stronzi, anche lui usa la violenza per farmi sputare informazioni sul Diamante Nero.

Io continuo a non proferire parola.

Con tutta la forza che l'uomo possiede, mi strappa il maglione che avevo addosso, datomi da loro i primi giorni di prigionia.

Le gambe iniziano a non reggermi, e di conseguenza cado ai suoi piedi.

<Lo so che tu hai informazioni importanti sul Diamante Nero. Dammele!> Mi ordina, e io decido di rispondergli a tono.

<Lo vuoi capire che non lo so! Che cazzo c'entro con tutto questo?>

<Non fare la stupida, io so chi sei. I miei uomini sanno la tua vera identità. Ti conviene parl....>

Non fa in tempo a finire la frase, che cade a terra accanto a me.

Alzo lo sguardo, e davanti a me vedo l'imponente figura di Ivan.

Lui mi si avvicina in modo cauto, inginocchiandosi davanti a me.

Mi mette qualche ciocca di capelli dietro le mie orecchie.

Mi sforzo di sorridere ma non riuscendoci più di tanto, mi butto tra le sue braccia, cercando un po' di consolazione, dopo questo incubo.

La collana dello Zar |Trilogia Diamante Nero #1|Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora