La neve aveva ricoperto tutta l'erba verde del bosco e giaceva anche sugli stessi rami che molti mesi prima erano ricoperti di foglie colorate e allegre. In quel momento invece erano completamente spogli. Gli alberi dai tronchi lunghi e magri costeggiavano uno spazio vuoto che sembrava invitare Tom a proseguire, quasi come se fosse un sentiero costruito interamente dalla natura che voleva accoglierlo fra le braccia delle sue meraviglie. Tutto restava immobile nel clima freddo e congelato di quella mattina nel pieno dell'inverno, come se qualcuno avesse premuto il tasto pausa fermando la vita, anche se sarebbe bastato allontanarsi un po' e tornare al suo villaggio per vedere ogni persona svolgere il suo lavoro nella tranquillità di quelle abitazioni sul versante della montagna. Tom cominció a sentirsi fuori luogo, come se nonostante la calorosa accoglienza che quel posto gli aveva riservato lui dovesse trovarsi altrove. Sarebbe bastato anche il semplice cinguettio di un uccellino per rassicurarlo, però ogni cosa restava ferma e non sembrava avere la minima intenzione di muoversi.
-I morti stanno fermi- pensó, eppure quel bosco sembrava tutt'altro che morto. Pareva più vivo che mai, solo che non voleva farsi scoprire e preferiva restare in silenzio nascondendosi sotto il manto bianco nella neve. Oppure lo stava semplicemente osservando, magari dietro quell'apparenza innocua stavano succedendo tante cose e Tom non se ne rendeva conto.
Strinse a sè l'album da disegno e continuò ad avanzare con calma e a piccoli passi, seguendo quella specie di sentiero che aveva trovato. Si fermó davanti a un piccolo corso d'acqua e accompagnato dal dolce suono dell'acqua cristallina che scorreva indisturbata sui sassi, si sedette su una grande roccia lí di fronte. Le ginocchia si erano già arrossate dal freddo, così decise di coprirle con la sciarpa.
Rimase per qualche minuto fermo in quella posizione, a guardare un po' la zona circostante. Non era la prima volta che decideva di trascorrere parte del suo tempo nella tranquillità di quel boschetto, eppure ogni volta che succedeva non poteva fare a meno di fermarsi a osservare ciò che lo circondava e rimanerne stupito. Sebbene fosse sempre lo stesso scenario, sentiva che sarebbe potuto restare lí a guardarlo per ore senza stancarsi. Aprí l'album, e cominciò a fare lo schizzo del suo disegno tracciando qualche linea appena accennata con la matita. Aveva scelto di rappresentare quello che vedeva con i suoi occhi, aggiungendoci magari qualche piccolo particolare di sua iniziativa, ad esempio un piccolo gnomo dietro un albero o magari un demone seduto vicino al corso d'acqua proprio di fronte a lui. Non aveva mai visto creature simili, però gli piaceva immaginarsele e disegnarle per rendere i disegni più interessanti.
Rappresentò prima una parte del terreno, poi l'acqua creando qualche sfumatura in modo tale da dare l'idea del movimento. Qualche roccia coperta dalla neve e infine uno schizzo dei tronchi degli alberi sullo sfondo. Ormai era da un po' di giorni che disegnava paesaggi ed era migliorato parecchio. Aggiungendo qualche sfumatura e un pizzico di dettagli in più i disegni cominciavano a sembrare sempre più realistici, come se la realtà si stesse trasferendo gradualmente sul suo foglio.
"Ciao" disse improvvisamente una voce. In un primo momento Tom sussultò e pensò di esserselo immaginato, ma alzó comunque la testa per guardarsi intorno. Di fronte a lui, sulla sponda opposta del corso d'acqua, c'era un ragazzo dai capelli neri e occhi marroni che lo guardava. Tom rimase immobile a guardarlo per qualche secondo. Indossava anche lui dei pantaloni che arrivavano poco sopra le ginocchia e una giacca. Bastava semplicemente dare un'occhiata per capire che non proveniva da una famiglia benestante come la sua, tuttavia doveva avere più o meno la sua stessa età e sebbene fosse ancora una persona sconosciuta non gli sembrava affatto cattiva.
"Guarda che puoi parlare, non ti mangio mica" disse poi, accennando un sorriso.
"C-ciao" rispose Tom in maniera un po' impacciata abbassando lo sguardo.
"Stai disegnando?" domandó l'altro incuriosito, poi, con un gesto rapido e agile saltò dall'altra parte della sponda e si avvicinò a Tom. A causa di quell'improvvisa vicinanza lui strinse le gambe e arrossì lievemente sulle guance. Non che gli desse fastidio fare nuove amicizie, ma era sempre un po' più timido all'inizio. Annuí con la testa.
Il ragazzo osservò il disegno incompleto per qualche secondo, ma non fece commenti.
"Vieni spesso qui?" gli chiese poi, sedendosi comodamente su una grande roccia lí accanto. Al contrario suo, il nuovo arrivato sembrava sentirsi perfettamente a suo agio.
"Sí, qui è tranquillo"
"è vero, ovunque ti sposti non si vede anima viva"
"e tu?"
"Mi piacerebbe venirci spesso, però mi tocca aiutare mio padre con il suo lavoro. Oggi però avevo poche cose da fare, quindi ho deciso di rimandarle a domani e venire qui a camminare un po' senza rotture di scatole intorno"
"Oh... quindi non vai a scuola?"
"Non mi è mai piaciuta la scuola. Il mio insegnante diceva che andavo lí solo per dare fastidio, così una volta compiuti quindici anni ho scelto di aiutare un po' a casa"
Tom non rispose nulla. Sì limitó ad annuire leggermente con gli occhi puntati sul ragazzo, ma senza incrociare il suo sguardo. Aveva qualche graffio e qualche livido sulle gambe e pensó che probabilmente erano piccole conseguenze che portava il lavoro. Anche lui aveva pensato di aiutare suo padre con le stoffe, ma gli aveva sempre detto che guadagnava abbastanza per una vita agiata e non ce n'era bisogno. Avrebbe potuto lavorare una volta raggiunta la maggior età, per prendersi una fcasa tutta sua e cominciare una nuova vita in totale autonomia.
"E tu?" chiese l'altro.
"Io... ogni tanto vado a scuola, ma preferisco studiare e fare tutto il resto per conto mio"
"Quindi se oggi sei qui vuol dire che non sei andato a scuola"
"Non volevo andarci"
"Ho capito. Ma la tua famiglia non ti dice niente? Non ti hanno mai detto di lavorare per portare soldi a casa?"
Improvvisamente Tom si sentí stupido. In effetti, non faceva nulla di produttivo se non frequentare le lezioni quando gli andava. Certo, sapeva lavare, cucire, cucinare, leggeva molto e sapeva disegnare piuttosto bene, ma alla fine veniva mantenuto comunque dai guadagni di suo padre, che non vedeva praticamente mai. E anche se era consapevole del fatto che tutto ciò non era causato dalla sua mancanza di volontà ma semplicemente perché era suo padre a dirgli che a soldi se la cavavano bene e che non c'era bisogno che anche Tom iniziasse a lavorare, ogni tanto ci pensava e si sentiva inutile.
"Mia madre non c'è" disse soltanto. Era una risposta poco sufficiente e questo lo sapeva, ma non gli sembrava il caso di approfondire l'argomento con una persona che aveva appena conosciuto.
"Mio padre invece é sempre in viaggio" aggiunse.
"Quindi sei solo tu? Hai casa libera e tutta per te?" fu la prima cosa che domandó l'altro. Tom era sorpreso, immaginava che gli avesse chiesto qualcosa di più riguardo ai suoi genitori, invece la questione si era spostata immediatamente su come gestiva lui la sua vita senza di loro.
"La maggior parte del tempo sì. Tranne quando mio padre ritorna, o quando il mio vicino di casa fa una visita per controllare come sto"
"Forte! Vorrei essere al tuo posto" esclamò allora il ragazzo, entusiasta.
-No, non lo vorresti- pensò Tom. A volte si sentiva solo. Certo, aveva qualche amico con cui parlare ogni tanto, suo padre che gli scriveva molte lettere e il vicino di casa che quando si ricordava passava a salutarlo, ma si sentiva vuoto, quasi come se fosse costantemente alla ricerca di qualcosa in grado di colmare quella sensazione ma senza mai trovarla. Non sapeva nemmeno che cosa fosse. Se si trattasse di una persona, di un oggetto o di un luogo, ne tantomeno dove cominciare a cercarla. Perciò si limitava a vivere la sua vita come capitava, in attesa che quella "cosa" arrivasse da sola. Se era vero che ognuno seguiva un destino già scritto, allora prima o poi sarebbe entrata nella sua esistenza quando meno se lo sarebbe aspettato.
"Ma quindi" riprese il ragazzo dopo un breve pausa, catturando nuovamente l'attenzione di Tom.
"Per le faccende di casa... fai tutto te?"
Tom annuí.
"Quindi sai lavare, cucinare... insomma, sai fare tutte quelle cose lí?"
"Sí..." rispose Tom abbassando il tono di voce.
"Wow, allora sei un ragazzo da sposare" esclamò all'improvviso. Tom sussultò a quelle parole e arrossì timidamente abbassando lo sguardo. Forse doveva essere un complimento, pensò, ma lui si sentiva ugualmente imbarazzato.
"hey tranquillo, sto scherzando" disse il ragazzo seduto sulla roccia di fronte a lui divertito da quella sua reazione. Tom era leggermente infastidito, soprattutto perché non riusciva a capire se lo stesse prendendo in giro o meno. Avrebbe voluto avere almeno un minimo di coraggio per ribattere dicendo qualcosa, ma si sentiva bloccato e a disagio.
"L'ho sentito dire da delle signore nel mio villaggio. Dicevano che un uomo che fa anche le faccende di casa è da sposare, quindi quando me l'hai detto la prima cosa che mi è venuta in mente è stata questa" spiegó in tono tranquillo e Tom lo guardò.
"Il mio villaggio sta da quella parte" disse, indicando la parte opposta al piccolo corso d'acqua, notando che il più timido non si decideva a parlare.
"Il tuo invece?" gli chiese.
"Il mio da quell'altra" gli rispose, indicando il lato opposto. A quell'affermazione però, l'allegria che fino a poco prima riaffiorava negli occhi del ragazzo sembrava esser svanita di colpo. Tom pensava di aver detto qualcosa di insensato o sbagliato ed era già pronto a scusarsi, ma aveva solo risposto alla sua domanda e non capiva dove potesse essere il suo errore.
"Tu vieni da una famiglia benestante?" chiese, prima ancora che Tom potesse dire qualcosa. Lui annuí con la testa.
"E non ti da fastidio parlare con me?"
A quella domanda Tom rimase immobile a guardarlo. Quella domanda lo aveva colto alla sprovvista ed era incerto su cosa rispondere. La risposta era ovviamente no, perché avrebbe dovuto dargli fastidio parlare con lui? Sembrava una persona umile e sincera, forse un po' troppo spontanea ma a lui andava bene ugualmente.
"Io..." cominció, ma le parole non gli uscivano dalla bocca, parevano anch'esse congelate dal freddo.
"Non hai paura che io possa essermi fermato a parlare per approfittarmi di te e di quello che hai?"
Tom sussultò. La conversazione stava prendendo una strana piega, però il ragazzo sembrava fare quelle domande più per soddisfare una sua curiosità piuttosto che raggiungere qualche scopo particolare. Forse, immaginò Tom, persone appartenenti a villaggi più benestanti a causa di alcuni pregiudizi avevano trattato con poco rispetto le classi sociali più umili tra cui la sua famiglia, era un fenomeno che purtroppo capitava spesso ma per lui era la prima volta. Non aveva mai parlato con qualcuno appartenente ad un villaggio diverso dal suo, ma non credeva che il nuovo arrivato potesse approfittarsi di lui in qualche modo.
"Se io non ti avessi indicato dove si trova il mio villaggio tu non avresti mai notato da che famiglia provengo. E se avessi voluto approfittarti di me, non mi avresti mai fatto questa domanda" rispose semplicemente. Era ciò che pensava.
"Oh..." quella risposta sembrava averlo sorpreso. Era la prima volta da quando si erano incontrati che il ragazzo sembrava esitare prima di dire qualsiasi altra cosa.
"Pensavo che sapere che vengo da un villaggio non benestante come il tuo ti desse fastidio" disse dopo una breve pausa, quasi in tono di scusa.
"Che tu venga da un villaggio benestante o meno a me non cambia niente" disse Tom.
Il ragazzo alzó lo sguardo e incontrò suoi grandi occhi color nocciola.
Vide il suo naso rosso per l'aria fredda, il disegno incompleto ancora fra le mani e le gambe strette sotto la sciarpa. Sedeva in un modo così timido e composto che pareva quasi avesse paura di ingombrare troppo spazio e dare fastidio a qualcuno.
"Mi chiamo Zack" disse poi di punto in bianco alzandosi in piedi. Tom lo seguí con lo sguardo notando solo in quell'istante che non si erano ancora detti i loro nomi.
"Diventiamo amici" gli disse con un sorriso. Sembrava più un'affermazione che una domanda o una proposta, però il tono gentile e puro con cui l'aveva detto non lo faceva risultare per niente arrogante. Tom si sentí felice, era contento di aver passato quella mattinata a parlare con lui, con Zack.
Il ragazzo fece per allontanarsi e Tom immaginò che probabilmente doveva tornare al suo villaggio. Lo vide mentre si sistemava la giacca e con un rapido salto passò dalla parte opposta del corso d'acqua.
"Io mi chiamo Tom" gli disse infine, mettendo da parte il suo essere impacciato per qualche secondo.
"D'accordo Tom, allora ci vediamo" rispose Zack guardandolo un'ultima volta prima di cambiare direzione, salutandolo con un cenno della mano.
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Tom e Zack
FantasyEra una fredda mattinata d'inverno, e Tom se ne stava seduto su una sedia accanto al camino. Fuori nevicava, e i versanti delle montagne erano ricoperti da un manto bianco uniforme. Il calore del fuoco che ardeva sulla legna, era un sollievo per lui...