Capitolo 14

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Tom non andava nel bosco da qualche giorno. Era stato impegnato con la scuola e ad aiutare suo padre nelle faccende di casa dato che lui trascorreva la maggior parte delle sue giornate riposandosi per il lungo viaggio o camminando per la strada principale andando a salutare tutti coloro che conosceva. La sera precedente, aveva invitato un suo amico a cena che si era presentato accompagnato dalla fidanzata. Erano entrambi tre anni più piccoli, ma la differenza di età quasi non si percepiva e i due uomini erano rimasti a parlare fino a tardi. Tom invece aveva tenuto una conversazione con la ragazza, più per noia che per interesse personale, anche perché suo padre gli aveva detto di restare seduto con loro sino a quando la cena non si sarebbe conclusa e di dimostrarsi gentile ed educato con gli invitati. Alla fine però lei si era rivelata una persona più simpatica del previsto, inoltre fin da piccola aveva sempre amato i libri, proprio come Tom, e la piacevole chiacchierata si era concentrata su quello. Gli aveva anche detto che se avesse voluto, gli avrebbe prestato volentieri qualche libro qualora ne avesse avuto bisogno.
Aveva raccontato a Rose ogni dettaglio dell'arrivo del padre e, anche se in sua presenza non poteva essere autonomo allo stesso modo di quando viveva solo, era molto felice. Anche lei sembrava entusiasta di vederlo rallegrato un po', soprattutto dopo che aveva avuto il vago sospetto che qualche pensiero tormentasse il suo amico. Adesso che però suo padre era arrivato, avrebbe avuto qualcuno in casa con lui e ci sarebbero state così tante cose da fare che per rattristarsi non ne avrebbe avuto il tempo. Qualsiasi cosa fosse a renderlo giù di morale, avrebbe dovuto aspettare un altro po' e questo per Rose fu un sollievo. Un tardo pomeriggio lei, Tom e suo padre erano addirittura andati a bere qualcosa in un bar insieme. Loro due si erano limitati a prendere un the, mentre l'uomo una birra ghiacciata. Gli piaceva Rose, secondo lui era una ragazza determinata e intelligente, gradiva sempre rivederla e rendersi conto che il figlio frequentasse persone come lei. Ogni tanto gli aveva anche chiesto di presentagli qualche amico maschio, ma Tom non era in confidenza con i suoi amici maschi tanto da invitarli a conoscere suo padre, e non ne sentiva nemmeno la necessità. O almeno questo pensava prima di incontrare Zack, ma era convinto che non lo avrebbe rincontrato per molto tempo ancora. Il padre comunque non aveva insistito molto e aveva lasciato perdere la questione, anche se alcune volte alludeva alla sua insoddisfazione da questo punto di vista.

"Allora ti sei deciso a frequentare anche le lezioni di matematica definitivamente?" domandó Rose a Tom sorridendo. Le lezioni erano appena terminate e i due erano sulla strada per tornare a casa.
"Purtroppo sì" rispose lui.
Frequentando la scuola regolarmente, Tom si era ritrovato a seguire anche le lezioni di matematica che per lui continuavano ad essere solo parole in un'altra lingua incomprensibile. E Rose se n'era accorta.
"Tuo padre è contento quindi di essere tornato?"
"Sì molto, in questi giorni sta andando a salutare i suoi amici e a rivedere un po' il villaggio, però a cena stiamo insieme"
"Menomale, così parlate un po' e te puoi trascorrere del tempo in compagnia di qualcuno anche quando stai a casa"
Tom annuí con la testa accennando un sorriso. Desiderava trascorrere più tempo con il padre e raccontargli nel dettaglio tutto ciò che era successo durante la sua assenza, ma lui sebbene fosse tornato pareva avere sempre qualcuno da visitare o un nuovo posto che voleva rivedere, quindi si limitavano a conversare la sera e Tom ne era ugualmente contento.
Si prepararono a svoltare l'angolo per imboccare la prima strada a destra dove si affacciavano gli ingressi delle loro abitazioni, ma una persona in lontananza catturò l'attenzione di Tom. A quell'ora non c'era tanta gente per le strade del villaggio dato che le lezioni obbligatorie dei bambini terminavano qualche ora dopo e molte persone si trovavano indaffarate nella strada principale, ma Tom avrebbe potuto riconoscerlo anche se fosse stato nel bel mezzo di una piazza affollata. Aveva le spalle coperte dalla giacca, capelli neri come il colore del cielo nel pieno della notte, pantaloni che arrivavano poco sopra il ginocchio scoloriti che lasciavano immaginare il gran numero di volte in cui erano stati indossati, le gambe graffiate e due grandi occhi intensi che lo guardavano con determinazione.
Era Zack.
A quella vista Tom sussultò. Forse aveva pensato così tanto alla loro ultima discussione che aveva cominciato ad avere delle allucinazioni e vedere il suo volto anche nelle altre persone, eppure più lo osservava più ciò che gli si era parato davanti sembrava reale. Zack era una persona capace di catturare la curiosità di tutti nel suo villaggio. I suoi vestiti erano eccessivamente consumati, al collo non portava nessuna sciarpa e quei piccoli segni che aveva sulle parti del corpo che lasciava scoperte sicuramente non passavano inosservate. Inoltre il villaggio non era particolarmente vasto e tutti si conoscevano almeno di vista, mentre lui era una persona nuova mia vista prima.
"Tom!" lo chiamò Rose con un tono di voce più alto del solito, e Tom la guardò. Aveva notato che era distratto da qualcosa, ma non glielo disse ne tantomeno glielo fece notare, sapeva già che il suo amico avrebbe negato anche se era ovvio da ogni punto di vista.
"S-scusami" rispose lui imbarazzato.
"Fa niente, tanto non stavo dicendo nulla di importante".
Tra i due ci fu una breve pausa di silenzio, interrotta poi qualche secondo dopo da Rose.
"Io penso che oggi non tornerò a casa con te. Il mio insegnante di pianoforte ha detto che oggi cominciamo prima così entro il tardo pomeriggio abbiamo finito" disse poi, ma non era vero. Tom però ne fu sollevato, altrimenti avrebbe dovuto inventarsi una scusa per lasciare Rose tornare a casa da sola e fermarsi a parlare con Zack.
"D'accordo, allora ci vediamo domani" le disse salutandola con un cenno della mano mentre lei proseguí dritto fino a sparire svoltato l'angolo in fondo alla strada.
Soltanto una volta che lei si era allontanata però, Tom realizzò a pieno quanto effettivamente stesse succedendo, e cioè che dopo aver visto Zack arrabbiato e averlo sentito gridare l'ultima volta, stavano per parlare di nuovo. Improvvisamente il cuore iniziò a battergli forte nel petto e per un attimo gli sembrò che stesse salendo su per la gola impedendogli di respirare. Aveva la giacca e il collo coperto dalla sua morbida sciarpa, eppure percepì dei brividi sulla schiena quasi come se si fosse sdraiato sulla neve indossando solo una semplice maglietta. Persino camminare gli risultava difficile ma raggiunse Zack, che non si era neanche mosso per venirgli incontro, poco dopo.
"Ciao" gli disse lui con gli occhi che guardavano un punto nel vuoto dietro Tom, e dondolando appena sui talloni. Era un comportamento piuttosto insolito da parte di Zack, ma si placò subito dopo restando fermo.
"Ciao" lo salutò docilmente Tom abbassando lo sguardo, ma non ebbe il coraggio di chiedergli che cosa lo avesse portato lì. Immaginò però che durante il tragitto avesse attirato su di sè l'attenzione di tante persone in quanto per il suo villaggio era un ragazzo dall'aspetto insolito.
"Non vuoi chiedermi perché sono qua?" gli chiese, poggiandogli due dita sotto al mento per alzargli il viso ma che ritirò appena qualche secondo dopo. Tom era contento che fosse stato lui ad incominciare con le domande, tuttavia non gli rispose e si limitò a guardarlo rendendosi conto quanto in quei giorni avesse desiderato parlare con lui.
Zack sospirò paziente aspettandosi già una reazione del genere, infondo non si erano visti per un paio di settimane dopo una discussione in cui lui aveva permesso alla sua rabbia e frustrazione di prendere il sopravvento spaventando l'amico, e presentarsi senza preavviso al suo villaggio doveva averlo colto alla sprovvista. Lo capiva, però mentre Tom lo osservava tanto valeva continuare con il discorso.
"Non devi rispondere alle mie domande, se non vuoi" gli disse in tono gentile, per fare in modo che Tom non si sentisse minacciato o a disagio e lo ascoltasse fino alla fine. Era stato un consiglio di Oliver. Tom annuí.
"L'ultima volta che ci siamo visti ero arrabbiato, perché avevo discusso con mio padre. Subito dopo sei arrivato te e mi hai detto che non volevi vedermi per un po' e ci sono rimasto male, per questo ti ho urlato contro" gli spiegò.
"Mi capisci?" gli chiese dopo un breve attimo di silenzio per accertarsi che Tom comprendesse, anche solo una piccola parte, del suo punto di vista. Tom annuí ancora.
"Però, non volevo veramente farlo. Tu sei venuto a dirmi che volevi interrompere qualche giorno la nostra amicizia per via di tuo padre e mi ha dato fastidio. Sinceramente penso che non avresti dovuto prendere questa decisione"
"Hai ragione" sussurró Tom arrossendo lievemente sulle guance. Si vergognava.
Zack sgranó gli occhi sorpreso dalla sua risposta, che non si aspettava. Ma ne fu felice, almeno sapeva che Tom stava seguendo il discorso e non era il solo a parlare. Forse anche lui sentiva il bisogno di chiarire la faccenda, ma era troppo insicuro per farlo temendo la reazione dell'altro.
"Non volevo spaventarti o renderti triste quel giorno. Alcune cose che ho detto non le penso neanche" continuò, più per essere certo di rendere meglio l'idea che per aggiungere effettivamente qualcos'altro al suo discorso.
Tom non rispose. Voleva scusarsi anche lui, ma non sapeva da dove cominciare. Anche in una situazione del genere si sentí inadeguato perché non riusciva a esprimere chiaramente a parole ciò che pensava, al contrario di Zack che era venuto fino al suo villaggio sotto gli occhi indiscreti di tutti per scusarsi del suo comportamento. Avrebbe tanto voluto sapere del suo arrivo, in modo tale da avere abbastanza tempo per mettere ordine fra i suoi pensieri e riuscire a tirarci fuori qualcosa di sensato da dire, per colmare anche solo di poco quel senso di colpa e di vuoto che lo aveva tormentato negli ultimi giorni.
"Va bene, ho capito" disse infine. Non era ciò che avrebbe voluto ma era sempre meglio che restare in silenzio e non dargli neanche una risposta, e si accontentò.
"Zack" lo chiamò poi alzando il viso. Era sicuro che le sue guance avessero raggiunto un colorito così tendente al rosso da fare invidia ad un pomodoro ma sperava che con la sciarpa non si notasse poi tanto. Anzi, sperava che con la sciarpa Zack non lo notasse poi tanto, altrimenti si sarebbe reso conto di quanto Tom fosse vulnerabile e di quanto la sua presenza influisse sulle sue emozioni. Temeva che Zack se ne sarebbe potuto approfittare facendolo sentire peggio di quanto non lo fosse già, ma cercò di ignorare questo pensiero.
"Se Non hai niente da fare, vieni a casa mia"
Pronunciate quelle parole, percepì un brivido lungo la schiena. Era stata una proposta improvvisata e non ne era ancora pienamente consapevole, dall'altra parte però Zack sembrava ancora più sorpreso di lui. Evidentemente, non era l'unico a cui era mancato trascorrere del tempo in compagnia dell'altro e ne fu contento.
"A casa tua? Posso veramente?" chiese sgranando gli occhi e Tom annuí con un cenno della testa nascondendo il volto nella sciarpa. All'improvviso però, l'espressione di Zack si trasformò in una faccia pensierosa, quasi come se si fosse appena ricordato di qualcosa di molto importante.
"Ma Non c'è tuo padre?" domandó, preoccupato. Era vero che si era arrabbiato quando Tom gli aveva detto che non potevano più vedersi a causa di quell'uomo, ma se si fosse presentato a casa loro senza neanche un preavviso e soprattutto da perfetto sconosciuto, si sarebbe arrabbiato con Tom e non voleva che l'amico corresse questo pericolo.
"Non c'è" rispose Tom semplicemente.
Zack restò una manciata di secondi senza dire una parola, immobile.
-Quindi lo sta facendo di nascosto- pensò accennando un sorriso, ma non lo glielo fece notare per evitare che l'altro si sentisse imbarazzato.
"D'accordo, allora il pranzo me lo offri tu" affermò infine, e Tom annuí, entusiasta di avere un pranzo in compagnia di qualcuno.
Entrambi si avviarono verso la sua abitazione e Zack aveva insistito affinché portasse lui la borsa di stoffa con dentro i libri della giornata, al posto di Tom.
Si guardò intorno e notó quanto quel villaggio fosse diverso dal suo anche nei dettagli più piccoli. Innanzitutto i bar non erano particolarmente affollati, le case una affiancata all'altra avevano tutte un camino e le pareti non risultavano danneggiate nel corso del tempo. I negozi avevano grandi vetrine per tenere esposti i loro prodotti e nessuna di queste pareva esser stata rotta da un pallone o aggiustata arrangiando qualche grave di legno e una manciata di chiodi. Quasi ogni persona che gli capitava sott'occhio aveva una giacca pesante oppure una sciarpa simile a quella che portava Tom, e le strade risultavano complessivamente tranquille e benestanti. Vedere come la vita quotidiana cambiava semplicemente andando al di là del fiume nel bosco era straordinario, pensò Zack. Probabilmente, lì i ragazzi erano incoraggiati più ad andare a scuola che ad aiutare la famiglia andando a lavorare, soprattutto per quanto riguardava i bambini.
Entrarono nella casa di Tom e Zack si prese qualche minuto per ammirarla. Era più grande e spaziosa rispetto alla sua. Non c'erano oggetti abbandonati sugli scaffali impolverati o vestiti ammucchiati sulle sedie, muri consumati e neppure piatti sporchi lasciati nel lavandino. Non c'erano mobili eccessivamente decorati come si era immaginato ed erano molto modesti per essere nella casa di una famiglia benestante, tuttavia ogni cosa sembrava pulita e al suo posto. Alcune stanze erano più luminose di altre e nel complesso ordinate, un ambiente che Zack giudicò accogliente e non troppo lontano dalla sua portata. Forse più perché era la casa di Tom in realtà, e la sentí già famigliare. Sul muro nel corridoio poco prima dell'ingresso della cucina, c'erano appesi dei disegni che raffiguravano creature del mondo come giganti, demoni e gnomi in boschi fitti e ampie distese di acqua. Zack restò a guardarlo uno per uno. Aveva già visto Tom disegnare ed era piacevole dare un'occhiata ai suoi lavori una volta finiti.
"Sono bellissimi" commentò e Tom lo ringraziò timidamente prima di voltarsi ed entrare in cucina. Poco dopo anche Zack lo seguí. Sarebbe rimasto volentieri a ispezionare altre figure, ma la fame aveva cominciato a farsi sentire.
"Umm... te che cosa preferisci mangiare?" gli chiese Tom con una leggera nota di imbarazzo nella voce. Era la prima volta che invitava Zack a mangiare ed era visibilmente nervoso. Prima di rispondergli, l'amico rimase fermo a guardarlo per un momento restando sorpreso da tanta gentilezza. Era sicuro che se avesse detto a Tom cioè che desiderava mangiare, lui avrebbe fatto del suo meglio per accontentarlo e sarebbe stata un'ottima opportunità per avere un pranzo diverso da quelli che era solito fare a casa sua, quando capitava che sua madre gli avesse lasciato degli avanzi al suo ritorno dalla falegnameria o che lui si mettesse ai fornelli e provare a tirar fuori qualcosa di commestibile per riempirsi lo stomaco. Ma non lo fece, non ne aveva bisogno. Quella semplice domanda venuta dall'animo ingenuo e spontaneo di Tom per lui era già sufficiente.
"Fai quello che vuoi" gli rispose, e Tom obbedì di buon grado. Erano nel bel mezzo della settimana e non aveva avuto tempo di comprare qualcos'altro, perciò dovette arrangiarsi con quello che trovava in cucina. Preparò delle lenticchie e del formaggio fuso da mangiare con il pane tostato e piacquero molto ad entrambi.
"Lo sai che in alcuni territori le lenticchie portano fortuna?" disse Tom poi, durante la loro conversazione.
"Ah sì? Perché?" domandó Zack incuriosito mentre sgranocchiava una fetta di pane.
"All'inizio di ogni anno viene regalato un sacco pieno di lenticchie come buon auspicio. La loro forma è rotonda e ricorda un po' quella delle monete, perciò vengono viste come simbolo di ricchezza e prosperità"
"Non lo sapevo, te lo ha detto tuo padre dopo un viaggio?"
"No, lui non mi racconta molto dei suoi viaggi. L'ho letto in un libro"
"Perché non ti racconta molto dei suoi viaggi?"
"Non lo so, dice che il mondo è un posto troppo pericoloso e che qui ho tutto ciò di cui ho bisogno, perciò non serve che conosca anche cosa c'è all'esterno"
"Però te queste cose le impari comunque leggendo libri"
"Mh" disse Tom per concordare. Doveva essere un sì, ma aveva la bocca piena di formaggio e non fu molto chiaro. Zack sorrise, l'amico gli parve quasi un bambino che mangiava il suo piatto preferito, anche se era sicuro che quello che stava apprezzando maggiormente il cibo era proprio lui.
"Vorresti vedere certe cose con i tuoi occhi, vero?" gli chiese andando con lo sguardo in direzione dei disegni che aveva visto prima, laddove c'erano giganti, distese immense di acqua, gnomi e boschi fitti con alberi dai tronchi così lunghi che parevano toccare il cielo. Tutte cose che nemmeno lui aveva mai visto.
"Sì, sarebbe bello"
"Anch'io vorrei" rispose,mettendo le mani dietro la testa.
Entrambi restarono in silenzio per qualche attimo a terminare gli ultimi pezzi di pane. Si guardarono per un secondo negli occhi, scambiandosi quello sguardo complice di due persone che sanno di star pensando la stessa cosa, perché sia Tom che Zack erano felici di essere finalmente uno in compagnia dell'altro. Zack pareva sentirsi a suo agio, sebbene si trovasse in un ambiente per lui totalmente nuovo. Questo perché c'era Tom, che non aveva mai sottolineato le differenze tra loro e lo trattava come un suo pari evitando i tipici atteggiamenti di superiorità che adottavano quelli più benestanti nei confronti di chi non poteva permettersi il loro stesso stile di vita, o almeno così diceva sempre suo padre in tono dispregiativo. Dall'altra parte, Tom che nonostante fosse in casa sua si sentiva pieno di sensazioni nuove. Forse perché aveva invitato una persona a casa all'insaputa di suo padre, ma sapeva che non sarebbe tornato prima del tardo pomeriggio perciò non si sentiva particolarmente preoccupato. Zack però era lì di fronte a lui, e questo bastava per fargli battere forte il cuore.
"Zack" lo chiamò poi.
Zack alzò il viso e lo guardò.
"Anche a me dispiace per... per quello che è successo" disse, stringendo le mani sulle ginocchia. Zack in un primo momento era incredulo. Fu colto alla sprovvista e non si aspettava che Tom cambiasse l'argomento della conversazione di punto in bianco.
"Non ti preoccupare, so che lo hai fatto perché non vuoi che tuo padre sia deluso o arrabbiato con te" rispose, riprendendo la sua solita spontaneità e leggerezza.
"Ma non è giusto nei tuoi confronti"
"Tranquillo, ora abbiamo parlato e ci siamo chiariti"
Tom non era convinto. Si guardava le mani appoggiate sulle ginocchia e teneva il volto basso. Avrebbe voluto aggiungere qualcosa per far capire a Zack che anche lui ci aveva riflettuto attentamente ed era giunto alla conclusione che si sbagliava e che il suo comportamento non era stato giusto nei suoi confronti, che lo aveva trattato male e che voleva fare qualcosa per farsi perdonare, ma non ci riuscì.
Zack guardò i suoi occhi bassi e l' espressione assente. Sembrava lí con il corpo ma con la testa concentrata su pensieri altrove, e immaginò che le sue parole non lo avevano soddisfatto e che era insicuro. Magari stava temendo che la loro amicizia fosse cambiata e che non avrebbero mai più rifatto le stesse cose di prima.
"Tom ascoltami" gli disse calmo "a me stare con te piace. Quando ti parlo e ti racconto quello che mi succede, mi sento felice. Anche adesso che abbiamo mangiato insieme sono felice, lo farei tutti i giorni se potessi"
Tom alzò la testa e lo guardò incuriosito.
"Non so quello a cui stai pensando ora, però per me la nostra amicizia non è cambiata. Da parte mia continuerò a volerti vedere, spero anche tu"
In un primo momento, Tom pensò che Zack avesse detto quelle cose soltanto per farlo contento, poi però bastó guardarlo in faccia per capire che era sincero. Accennò un timido sorriso, imbarazzato.
"Anche io" rispose.

Tom e ZackDove le storie prendono vita. Scoprilo ora