Quel giorno Tom era tornato a casa con un sacchetto contenente un paio di libri. Era andato a scuola, ma poco prima delle ultime due ore era giunta la notizia che il professore non sarebbe potuto venire a far lezione, poiché il figlio aveva la febbre alta e voleva occuparsi di lui. Approfittando dell'uscita anticipata, aveva ignorato gli sguardi interrogatori di Rose e salutando velocemente i compagni di classe era uscito. Aveva intenzione di andare a comprare qualche libro nuovo, e oltre alle storie di narrativa, voleva tentare con la poesia. Era un argomento che stavano affrontando durante le lezioni di letteratura, e il professore era stato in grado di spiegarlo in un modo così affascinante e coinvolgente da suscitare la curiosità di Tom. Voleva leggere e interpretare qualche altra poesia, e si chiedeva se magari un giorno sarebbe riuscito a scriverne una tutta sua.
Mentre vagava tra gli scaffali della piccola libreria del villaggio, pensava a Zack. Lui non era una persona che leggeva molto, però qualche poesia avrebbe potuto apprezzarla. La prossima volta che si sarebbero visti, gli avrebbe letto qualcosa per sapere il suo parere.
Acquistò due libri, uno che narrava una storia così interessante che Tom pensó di cominciarlo non appena tornato a casa, e uno di poesie degli autori più famosi.
Attraversò la strada principale e tornò a casa. Quando però aprí la porta, trovò qualcosa di inaspettato. L'abitazione non era vuota, ma c'era suo padre.
"Tom, devo parlarti" gli disse appena appoggiò i libri sul tavolo e Tom avvertí una spregevole sensazione di nausea nel suo stomaco. Era insolito vedere il padre a casa quando lui tornava da scuola, e sapere che si era fermato per parlargli, uno scopo preciso, lo preoccupava. Ancora un po' esitante, Tom lo raggiunse in cucina.
"Di che cosa vuoi parlarmi?" gli domandó, in tono calmo e gentile. A differenza sua però, la voce del padre suonava ferma e nervosa.
"Ho saputo una cosa, ma vorrei sentirla direttamente da te" gli disse incrociando le mani davanti a sè e guardandolo negli occhi. Tom ricambiò lo sguardo come meglio poteva, per dimostrarsi una persona abbastanza responsabile da subire consapevolmente le conseguenze delle sue azioni, allo stesso tempo però avvertiva l'agitazione nel petto che tradiva la sua sicurezza.
"Come va a scuola?" gli domandó poi, notando che il figlio era deciso a non rispondergli.
"bene" rispose il ragazzo, con un tono di voce più basso di quanto avrebbe voluto.
"Non con le materie, quello lo so già"
Tom restò in silenzio.
"Mi riferisco agli amici"
"Bene, parlo con tutti"
"Tom per favore, non farmi perdere la pazienza"
Tom aveva abbassato la testa, ma percepiva gli occhi inquisitori del padre sul suo corpo quasi come se lo stessero esaminando con molta cura.
"Con Rose, per esempio?"
"Non c'è niente che non va"
L'uomo sospirò impaziente. Tom sapeva che qualcuno doveva averlo informato della loro discussione e che quindi continuare a negare non serviva a nulla, ma il fatto che lui dovesse essere a conoscenza di qualunque aspetto della sua vita privata lo infastidiva, anche se si trattava dei rapporti con la figlia di un suo collega di lavoro e compagno di affari.
"Visto che non vuoi parlare, lo faccio io" annunciò deciso "ho parlato con il padre di Rose, e la figlia gli ha detto che in questi giorni era un po' giù di morale perché voleva aiutarti ma tu hai rifiutato il suo aiuto".
Tom restò in silenzio.
"La cosa che mi ha sconvolto di più, non è stata il fatto che tu abbia rifiutato il suo aiuto, ma il motivo per cui lei voleva aiutarti" esclamò l'uomo alzando il tono di voce. Ora essa risuonava più profonda e determinata, e Tom si sentí a disagio. Immaginava che il discorso sarebbe andato avanti per molto altro tempo, e al solo pensiero gli veniva da piangere.
"Ha detto che tu hai fatto amicizia con un ragazzo che viene da un altro villaggio, che a quanto pare è molto diverso dal nostro. È così?"
Era arrabbiato, ma anche deluso. Si era sempre aspettato che il figlio gli raccontasse tutto ciò che gli accadeva, soprattutto cose importanti come una nuova amicizia, ma mai si sarebbe immaginato l'arrivo di un ragazzo con così poche cose in comunque con Tom. Veniva da una famiglia economicamente non stabile e probabilmente aveva abbandonato la scuola per andare a lavorare. Aveva viaggiato molto e le situazioni di quelle persone le conosceva bene, che poi ci fossero anche molte famiglie oneste e accoglienti e che quelli fossero solo stereotipi era un dettaglio. Quando si ragionava in maniera così generale, bisognava tener conto di ogni probabilità e una persona inconsapevole come Tom era molto più facile da ferire. Avrebbe potuto approfittarsene. Si era assicurato di tenere a freno la sua curiosità, di assicurargli una vita agiata e sicura, gli aveva insegnato le faccende domestiche utili per il futuro e gli aveva permesso di continuare gli studi senza costringerlo a lavorare. Si chiedeva dove avesse sbagliato, e soprattutto come avesse fatto ad incontrarsi con una persona del genere a sua insaputa.
"Tom rispondimi!" sbottó e Tom annuí.
"Rose voleva solo tirarti fuori da una situazione difficile"
"Lo so"
"perché non gliel'hai permesso?"
"Perché è la mia vita, non la sua"
"A volte gli amici servono per aiutarti".
Suo padre era in collera. Si stava sforzando di non urlare, ma Tom sapeva che avrebbe voluto farlo. Lui aveva detto che gli amici servivano per aiutarlo, ma ultimamente quando Rose gli rivolgeva la parola non faceva altro che farlo sentire peggio.
"Papà" disse, con il cuore che gli batteva forte nel petto. Sapeva che stava per contraddirlo, ma raramente succedeva e non riusciva a prevedere la reazione dell'uomo, per questo si sentiva preoccupato.
"Il ragazzo in questione è una brava persona, tu e Rose state traendo conclusioni affrettate senza sapere niente" concluse, abbassando lo sguardo.
"Senza sapere niente?! È questo che pensi?!" chiese alzando il tono di voce.
"Guarda che io so tante cose Tom, ho sempre fatto del mio meglio affinché non ti mancasse niente e pensavo che stessi venendo su bene, poi all'improvviso vengo a sapere di questo tuo segreto. Mi sembra chiaro che il ragazzo in questione sia un problema, altrimenti me lo avresti detto"
"Non te l'ho detto perché sapevo che non lo avresti accettato"
"È ovvio che non l'avrei accettato! Vedendo come vivono le persone come lui..." si interruppe per un attimo, troppo agitato per andare avanti.
"Non è una persona per te!" affermò infine, con un tono profondo e deciso.
"Però se tu mi lasciassi-"
"Non ti lascio fare niente" lo interruppe poi "so come questa storia andrà a finire e tu non sei in grado di gestirlo".
Tom si sentí ferito dalle sue parole. Anche Rose aveva dato per scontato che sarebbe stato lui a soffrire. Si chiedeva perché le persone attorno a lui lo considerassero incapace di fare delle scelte e scoprire da solo cosa è meglio per lui. Questo atteggiamento eccessivamente protettivo nei suoi confronti aveva cominciato ad infastidirlo, solo che prima di allora non se n'era mai reso conto perché non aveva mai avuto qualcosa da proteggere ad ogni costo. Non aveva mai avuto alcuno scrupolo a dare ascolto ai consigli del padre, un uomo ai suoi occhi maturo e responsabile che sapeva come dargli una vita felice, ma in quel momento, tutta quella protezione non l'avrebbe voluta avere.
"Ma poi" sbottó l'uomo mentre Tom rifletteva sull'ultima frase che aveva sentito dalla sua bocca "quale umiliazione sarebbe per me, un commerciante di stoffe molto importante, avere contatti con gente così? Tom ti rendi conto di come la mia immagine cambierebbe?"
Tom non ci aveva pensato. L'aspetto lavorativo non l'aveva mai preso in considerazione, però trovava difficile credere che le sue amicizie potessero influire in qualche modo sui suoi affari. Erano due cose separate che secondo lui non avevano alcun collegamento, e non capiva il suo ragionamento.
"Non ci avevo pensato" ammise.
"Non ho intenzione di stare troppo dietro a questa faccenda che non doveva succedere già dal principio"
"Che cosa facciamo allora?"
"Che cosa facciamo?" ripetè il padre sarcastico "io non farò proprio nulla, però tu devi allontanarti da questo tipo, chiunque esso sia, hai capito?"
Tom tacque. La richiesta che gli stava facendo era possibile, perché in fondo senza Zack poteva vivere comunque. La verità però, era che avrebbe voluto chiedergli ancora tante cose, provare nuove esperienze insieme, conoscere il suo punto di vista sulla vita per confrontarsi con una realtà diversa e sentirlo parlare. Poteva vivere senza di lui, ma sentiva di non volerlo ancora.
"Tom hai capito?!" disse nuovamente l'uomo alzando il tono di voce.
"Perché?" rispose lui, quasi in un sussurro.
"Come?"
"Perché?" ripetè con la voce che tremava.
"Perché?! È ovvio, te l'ho appena spiegato! Oltre a rovinare la mia reputazione come uno dei commercianti più importanti di questo villaggio, non è neanche una buona compagnia per te!"
"Questo lo dici tu"
"Questa è la verità, finirebbe per approfittarsi di te per poi lasciarti solo in mezzo ad un sentiero ai confini del territorio" disse il padre, lasciando trasparire una nota di preoccupazione che avrebbe voluto tenere nascosta. Questo perché nonostante si fosse imposto di mantenersi deciso e irremovibile sulle sue decisioni, aveva visto che Tom esitava a dargli retta e temeva che non avrebbe potuto ascoltarlo.
"Non lo farebbe mai"
"Che cazzo ne sai?!" Sbraitò in preda all'impazienza, pentendosi di aver usato una parola del genere davanti al figlio, spaventandolo.
"Hai litigato con Rose per questo tipo e ora non vuoi ascoltare me, mi sembra evidente che sia una cattiva influenza per te!" continuò, più per lasciarsi alle spalle la volgarità detta in precedenza, così rara in quella casa.
"L'unica cattiva influenza..." iniziò Tom, ma la voce pareva più insicura di quanto avrebbe voluto. Aveva indietreggiato di un passo, e aveva la pelle d'oca. Stava trattenendo le lacrime a fatica ingoiando quel poco di saliva che gli era rimasto in gola, ma tremava per l'ansia e la paura di dover affrontare un litigio con suo padre.
"L'unica cattiva influenza siete voi che volete controllare tutta la mia vita" disse tutto d'un fiato.
Il padre rimase per un attimo senza parole, ma fu una sensazione soltanto temporanea perché le parole dette dal figlio non fecero altro che aumentare la sua collera.
"Vogliamo solo darti una vita decente razza di figlio ingrato!" sbraitò. Tirò un pugno sul tavolo, e Tom indietreggiò di un altro passo.
"Figlio ingrato, figlio ingrato, figlio ingrato" disse, più a se stesso che a lui, poi lo guardò in viso.
Tom aveva le guance paonazze e gli occhi lucidi. Sapeva che si stava trattenendo a fatica per non piangere, era un ragazzo sensibile e sebbene molto introverso, bastava guardarlo in viso per capire che cosa gli passasse per la testa. Tom era una persona timida, che preferiva ascoltare gli altri o trascorrere il tempo in silenzio, non era uno che si abbandonava facilmente a lunghe conversazioni o che si lasciava coinvolgere durante una discussione, ma le reazioni del suo corpo lasciavano intendere ciò che provava, ciò che sentiva. Suo padre lo sapeva bene. Sapeva quanto per lui doveva essere difficile una situazione del genere, tuttavia la sua posizione nel mondo del commercio ne avrebbe risentito e inoltre, percepiva una sensazione mista tra rabbia e delusione al solo pensiero che suo figlio avesse potuto intraprendere un'amicizia senza il suo consenso. Non riusciva a realizzare che una cosa del genere fosse accaduta, andava al di là di ogni sua immaginazione.
-Non dire queste cose come se io non fossi qui- pensò Tom, ma non riuscí a dirlo.
"Tom io sono deluso, non mi aspettavo che potessi fare una cosa del genere"
"Volevo solo-"
"TU NON VOLEVI NIENTE!" urló il padre, sbattendo nuovamente il pugno sul tavolo.
Tom ebbe un brivido lungo la schiena, ma quella volta voleva comportarsi in modo diverso. Voleva assumersi le conseguenze delle sue azioni ed esserne responsabile, o almeno provarci.
"Tu non lo sai quello che volevo io" sussurró.
"Sei solo un figlio ingrato. Mi sembra di averti dato tutto ciò di cui avevi bisogno, che motivo c'era di andare a frequentare quella gente lì?! Ti sembra un comportamento dignitoso?!"
"E tu invece?"
"Cosa?"
Le gambe di Tom continuavano a tremare, temeva di poter crollare a terra in ginocchio da un momento all'altro. La presenza del corpo caldo e arrabbiato di suo padre di fronte a lui lo rendeva nervoso. Percepiva il suo respiro affannato, e capí che stava aspettando l'ennesima risposta da parte del figlio, per poi smentire tutto usando altre motivazioni in suo favore. Ma Tom non ne aveva l'intenzione. Lui non vedeva Zack come uno di "quella gente lì", ma lo vedeva come una persona e un ottimo amico, insinuare che stare con lui fosse un comportamento poco dignitoso lo feriva.
"Allora Tom?! E io cosa?" ripetè l'uomo.
Tom ingoiò ancora una volta, e fece un ultimo sforzo per trattenere le lacrime che ormai premevano per uscire.
"Non sei mai a casa e mi lasci sempre solo, pensi di poterti assicurare la mia obbedienza dandomi solo cose materiali è non essendo nemmeno un padre presente nella mia vita, ti sembra un comportamento dignitoso?!" disse tutto d'un fiato chiudendo gli occhi. Una goccia d'acqua gli stava rigando il viso.
"Io volevo solo un amico che mi trattasse da tale e non come un essere da proteggere e controllare" continuò, ormai piangendo.
"Noi vogliamo farlo perché-"
"E io non voglio che lo fate! Smettetela di controllare la mia vita e fatemi vivere!" concluse, con un tono di voce più alto di quanto avrebbe voluto. Ormai era andato troppo oltre, aveva fallito nel mantenersi calmo per tutta la durata della conversazione e alla fine aveva permesso alle lacrime di inondargli il volto. Si girò in direzione della sua stanza e uscì dalla cucina.
Mentre correva nel corridoio, si sentiva insignificante. Era come se per tutto quel tempo fossero stati gli altri a vivere la vita al posto suo e lui non se ne era mai accorto, se non quando Zack era entrato a far parte della sua esistenza. Sentiva di esser stato controllato in continuazione e che non avesse niente di davvero suo, nemmeno emozioni e pensieri.
"DA OGGI USCIRAI DA QUESTA CASA SOLO PER ANDARE A SCUOLA, INGRATO CHE NON SEI ALTRO!" gli aveva urlato il padre ancora in cucina. Probabilmente, la risposta di Tom era stata così inaspettata che era rimasto troppo sorpreso per inseguirlo e continuare la discussione nella sua stanza, ma Tom non lo sentiva più.
STAI LEGGENDO
Tom e Zack
FantasyEra una fredda mattinata d'inverno, e Tom se ne stava seduto su una sedia accanto al camino. Fuori nevicava, e i versanti delle montagne erano ricoperti da un manto bianco uniforme. Il calore del fuoco che ardeva sulla legna, era un sollievo per lui...