Capitolo 9

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Il giorno successivo Tom si svegliò quando la luce opaca del sole illuminava già parte della sua stanza e dalla finestra si udivano le voci che caratterizzavano la tarda mattinata del suo villaggio, che comprendevano per lo più giovani adulti, negozianti che sistemavano le vetrine e qualche anziano che preferiva passeggiare nella strada principale piuttosto che stare a casa seduto sulla poltrona a leggere un libro. Di bambini e ragazzi ovviamente non se ne vedeva quasi nessuno dato che la loro giornata scolastica era iniziata da almeno due ore. Tom aprì la bocca in un grande sbadiglio pronto per incominciare una nuova giornata, anche se il solo pensiero di ciò che avrebbe dovuto fare qualche ora dopo gli aveva fatto passare immediatamente la voglia di alzarsi. Per sentirsi più tranquillo, pensò che Zack non era a conoscenza del fatto che lui sarebbe andato a trovarlo alla fine della sua giornata lavorativa, perciò era ancora in tempo per cambiare idea e modificare i suoi programmi. Però il tempo scorreva, il ritorno di suo padre si stava avvicinando e sparire di punto in bianco senza neanche avere la decenza di comunicarglielo era fuori discussione.
Quello era uno dei lati che più odiava di se stesso. Prima di fare qualcosa ci pensava molto e valutava con attenzione tutte le opzioni che gli venivano in mente in modo tale da sentirsi più convinto quando poi sarebbe passato all'azione. Quando però si ritrovava sul punto di farlo, tutta la sua insicurezza tornava a tormentarlo e a farlo cadere nuovamente nell'indecisione. La determinazione che aveva avuto fino a un attimo prima spariva lentamente e lui non riusciva più a vedere chiaramente quale fosse il suo obiettivo. Era come se sotto di lui si aprisse un vortice profondo da cui spuntavano due lunghe braccia così soffici che quando lo avvolgevano rischiava persino di annegarci dentro, e stringendolo forte lo trascinavano sempre più in basso, nell'oscurità. E Tom odiava trovarsi nell'oscurità, nelle sue insicurezze. In quel modo, non poteva concludere niente.
Un po' più per ignorare il problema ancora per qualche ora decide di distrarsi tenendosi impegnato nelle sue attività giornaliere.
Dopo aver rifatto il letto la prima cosa che fece fu lavare a mano tutti i vestiti che aveva accumulato nel corso degli ultimi giorni e che si era limitato ad appoggiare sulla sedia. Suo padre a breve sarebbe arrivato, perciò quel compito avrebbe dovuto svolgerlo ugualmente. Fu un lavoro lungo che gli impiegò l'intera mattinata, poi per pranzo mangiò semplicemente qualche fetta di pane con il formaggio dato che non aveva particolarmente fame. Nel pomeriggio uscì ad acquistare la farina e le uova e una volta tornato a casa provó a disegnare qualcosa con scarsi risultati. Si era accomodato sulla poltrona accanto alla finestra nella speranza di ricevere un po' di ispirazione dalla visione delle cime delle montagne innevate, ma mancava di concentrazione e quindi dopo qualche schizzo si era limitato a osservare la pagina ancora vuota del suo quaderno appoggiata sulle gambe. Intanto il sole andava calando e la giornata stava giungendo al termine senza che Tom avesse ancora preso una decisione di cui fosse pienamente convinto. In quel momento, avrebbe tanto voluto qualcuno che gli fosse rimasto vicino e gli avrebbe detto ciò che sarebbe stato meglio fare, ma c'era soltanto il vuoto. Quel vuoto che non smetteva mai di seguirlo e che Tom non era stato ancora in grado di riempire.
Il silenzio della sua casa gli parve improvvisamente insopportabile. Forse perché in momenti come quelli aveva bisogno di sentire dei suoni, anche lievi come lo scorrere dell'acqua del ruscello nel bosco che lo aiutassero a concentrarsi su qualcos'altro, altrimenti il frastuono dei suoi pensieri sarebbe diventato troppo alto e in quel caso non sapeva se sarebbe poi riuscito a sopportarlo tanto a lungo. Poi pensò a Zack, e a quanto sarebbe stato bello se in quel momento gli fosse accanto. Ma non necessariamente a casa sua, bastava anche stare in sua compagnia camminando fra le strade del suo villaggio, nella falegnameria, oppure vicino al piccolo corso d'acqua nel bosco, sul sentiero coperto da soffice neve e costeggiato dagli alberi. Non sapeva se sarebbe riuscito a proseguire la sua vita allo stesso modo senza di lui, anche se si trattava di poco tempo, ma intanto che suo padre era ancora lontano doveva incontrarlo di nuovo.
Si alzó dalla poltrona, indossò la giacca, si avvolse la sciarpa intorno al collo piuttosto lentamente e ancora esitante uscì.
Lungo la strada principale c'erano tre bambine sedute su una panchina che ammiravano la bambola che teneva in braccio quella che stava in mezzo, la panetteria ormai vuota e le prime persone che cominciavano a rientrare nelle loro abitazioni dai tetti a punta. Svoltò l'angolo e si diresse verso il bosco. Il paesaggio circostante era silenzioso e calmo come al solito, quasi come se lì la vita si fosse completamente fermata, l'aria era era gelida e ad ogni respiro si diffondeva una nuvola di vapore bianco davanti al suo viso mentre proseguiva passo dopo passo sul sentiero innevato nascosto dai tronchi alti degli alberi.
Camminò per un po' lungo l'acqua cristallina che scorreva veloce sui sassi e poi con un salto un po' goffo lo attraversò e si diresse dall'altra parte. Ormai aveva superato quella sorta di confine che separava il suo villaggio da quello di Zack, perciò dal momento che si era spinto così oltre tanto valeva affondare il naso nel morbido tessuto della sua sciarpa, mettersi le mani nelle tasche calde della giacca e arrivare a destinazione.
Nonostante fosse tardo pomeriggio, la strada principale del villaggio di Zack era ancora affollata di gente. C'era un gruppo di bambini che giocava a calcio con un pallone piuttosto malconcio e troppo utilizzato proprio davanti alla panetteria. Due uomini stavano discutendo animatamente di qualcosa in uno degli spazi tra un'abitazione e l'altra mentre seduti ad un tavolino c'erano una coppia di anziani intenti a giocare una partita a carte. Il gruppo di cinque ragazzi dell'altra volta per fortuna non c'era, così sentendosi un po' più tranquillo decise di avvicinarsi alla falegnameria. Sebbene ci fosse stato solo una volta, il villaggio era piccolo e si incordava bene dove fosse, perciò la trovò subito. La porta di legno che segnava l'ingresso era semichiusa, ma dalla fessura che lasciava intravedere l'interno filtrava la luce di una lampada. Tom rimase per qualche minuto fuori ad esaminare bene la scena e ad immaginare un possibile scenario di ciò che di lì a poco sarebbe successo. Doveva comunicargli che suo padre sarebbe tornato la settimana successiva e che per un po' di tempo non si sarebbero potuti incontrare, ci avrebbe impiegato pochissimo tempo e Zack sicuramente avrebbe capito, però si sentiva ancora un po' incerto e forse, sarebbe stato meglio aspettare che Zack finisse di lavorare per poterne discutere con più calma.
Mentre valutava con attenzione le varie alternative però, una voce al suo fianco lo fece sussultare riportandolo alla realtà.
"Sei l'amico di Zack?" disse. Tom si voltò e notó con stupore che si trattava del ragazzo che aveva visto al bancone l'unica volta che aveva fatto il suo ingresso nella falegnameria. Quel giorno stava intagliando con molta precisione un pezzo di legno per trasformarlo in chissà quale forma, però in quel momento era in piedi alla sua sinistra e sembrava essersi appena alzato dalla panchina in legno che stava dietro di lui. Magari era sempre stato lì, sin dal suo arrivo al villaggio, ma Tom era così impegnato ad immaginare che cos'avrebbe dovuto dire e come sarebbe andato il discorso che non l'aveva nemmeno notato. Il ragazzo continuò a guardarlo con insistenza aspettando una risposta e Tom annuí con un cenno della testa.
"Tu e Zack dovevate vedervi?"
"No" rispose semplicemente Tom, poi, notando che l'altro si aspettava una spiegazione in più aggiunse "sono solo venuto per dirgli una cosa".
"È importante?"
"Sí... credo" rispose, esitando un po'.
"Adesso lui..." continuò il ragazzo, ma si interruppe subito dando l'impressione di una persona che non trova le parole giuste per esprimere un concetto.
"È impegnato, diciamo così" disse infine "io lo stavo aspettando qua fuori. Dovrebbe finire tra poco" disse sedendosi sulla panca di legno. Tom rimase ancora qualche secondo in piedi lì di fronte, poi quando il ragazzo gli fece cenno di sedersi accanto a lui lo seguí senza fare commenti. Appoggiò le mani sulle ginocchia e tenne il viso basso. Se fosse stato possibile, avrebbe voluto nasconderlo interamente nella sua sciarpa.
"Ti trovi bene con Zack?" gli chiese, dopo qualche istante di silenzio.
"Sì molto" rispose Tom.
"Ti sembra una brava persona?"
"Sì. Mi piace stare con lui"
"É di ottima compagnia. Anche quando non hai più niente di cui parlare, lui riesce sempre a inventarsi qualcosa pur di non restare in silenzio"
"È vero" ammise Tom con un lieve sorriso, anche se la persona accanto a lui probabilmente non lo aveva notato.
"Pensa che persino al mattino, quando ci vediamo in falegnameria, si mette a parlare come se non ci vedessimo da tantissimo tempo. È come se dopo esser uscito di casa cominciasse ad essere felice, tanto da discutere con entusiasmo persino del lavoro che c'è da fare"
"Così peró ti mette di buon umore"
"Sí, ti mette di buon umore" ripetè l'amico alzando la testa come se ad un tratto un qualche pensiero gli avesse attraversato la mente.
-Forse però, quello che non è di buon umore è proprio lui- pensò, ma non lo disse.
"Senti..." balbettò poi, incerto sul se continuare oppure lasciare la frase in sospeso. L'amico di Zack seduto accanto a lui però, si voltò per guardarlo incuriosito da ciò che avrebbe detto.
"Sì?"
"Zack ti sembra di buon umore oggi?" gli chiese. Non che la risposta avesse potuto influire molto su di lui, però se fosse stato di buon umore sarebbe stato più facile affrontare un discorso con lui, e si sarebbe potuto sentire più tranquillo.
Il ragazzo abbassò la testa e sembrò pensarci su. Forse non aveva capito bene la domanda, oppure voleva sapere perchè gli avesse chiesto una cosa del genere, pensò Tom. E immediatamente si sentí a disagio, quasi come se avesse fatto una domanda che andava evitata assolutamente.
"Apparentemente sí" rispose poi, dopo una breve pausa "vuole sembrare sempre contento, quello là".
Tom si chiese perché aveva usato la parola "sembrare", ma non gli pareva il caso di domandare una cosa del genere perciò si limitò ad analizzare quella risposta per quanto possibile e cercare di immaginarsi Zack quando di lì a poco sarebbe uscito dalla falegnameria. A quel punto da lì uscì un uomo che attirò l'attenzione di entrambi.
Era alto e piuttosto in carne, con i pantaloni spiegazzati e una camicia beige. Le spalle erano coperte da una giacca probabilmente troppo piccola per essere allacciata. Il viso invece era paffuto, con occhi piccoli e un grande naso che occupava la maggior parte dello spazio, la testa cominciava a scarseggiare di capelli e sul mento era situata una barba di qualche giorno. Tutto sommato poteva sembrare un normale signore appartenente a quel villaggio, come quelli che Tom aveva visto parlare di fronte ad un negozio, se non fosse però che notava una certa somiglianza con il volto di Zack. Il suo era più giovane e spontaneo, però c'erano dei lineamenti simili per entrambi che stavano and indicare il loro legame sanguigno.
L'uomo uscì sbattendo la porta e borbottando qualcosa tra sè e Tom pensò che doveva essere molto arrabbiato. Per un attimo ebbe paura che potesse prendersela con lui e accusarlo di essere la causa del suo malumore, ma probabilmente era così concentrato sui suoi problemi che non lo degnò di uno sguardo.
Poco dopo, quando il signore si fu allontanato confondendosi con gli altri abitanti del posto uscì Zack. Aveva aperto delicatamente la porta e appena fuori fece un respiro profondo, poi si girò.
"Cosa ti ha detto?" Chiese l'amico. Solo in quel momento Tom si ricordò che il suo nome era Oliver. Zack glielo aveva spiegato un po' di giorni prima e gli aveva detto che erano amici d'infanzia. Era rimasto concentrato sui suoi pensieri e non gli era venuto in mente prima.
"Dobbiamo finire il tavolo e il comodino entro otto giorni" spiegó, ma pareva più stanco del solito.
"Ho capito. Senti, qui è venuto il tuo amico, voleva vederti"
Zack alzò lo sguardo.
"Tom" disse, salutandolo con un cenno della mano. Sembrava essersi accorto della sua presenza solo in quel momento. Forse, se Oliver non glielo avesse fatto notare lui non lo avrebbe nemmeno visto.
Tom ricambiò timidamente il saluto.
"Vi lascio soli" disse Oliver alzandosi e entrando spazientito nella falegnameria. Magari aveva aspettato fuori per troppo tempo e non vedeva l'ora di entrare.
"Non pensavo di vederti oggi" disse Zack, ma Tom non rispose.
"Va bene, allora andiamo in un posto dove non può sentirci nessuno e parliamo un po'. Non troppo lontano, oggi devo tornare a casa subito" propose, e andó nell'angolo dietro la falegnameria. Tom su limitò a seguirlo rimanendo in silenzio.
"Perché sei qui?" gli chiese Zack immediatamente, senza lasciare all'altro neanche il tempo di aprire bocca. Qualche secondo dopo sembrò rendersi conto di quanto fosse risultato affrettato e nervoso, ma non aggiunse commenti. Il suo solito modo di fare spontaneo e allegro era stato condizionato dalla discussione conclusa appena dieci minuti prima con suo padre che ad un certo punto aveva iniziato anche ad alzare la voce senza ascoltare ciò che Zack aveva da dirgli e questo lo aveva infastidito parecchio, era solo contento che all'esterno non si fosse sentito nulla e più tardi avrebbe ringraziato Oliver per non averlo fatto entrare e magari sentire anche parole volgari di cui un ragazzo proveniente da un villaggio per bene come lui non conosceva nemmeno l'esistenza. Tom su sentí intimidito dalla reazione di Zack, ma si sforzò di restare concentrato su ciò che avrebbe dovuto dirgli senza lasciarsi distrarre da dettagli futili come il tono della sua voce che probabilmente non voleva essere così aggressivo come gli era sembrato.
"Volevo dirti una cosa" disse semplicemente,stringendo le mani a pugno dentro le sue tasche.
"Dimmi" rispose mantenendo lo sguardo fisso su di lui, e Tom avvertí una lieve sensazione di disagio. Era come se avesse già capito che cosa era venuto a comunicargli, ma volesse sentirlo dire direttamente dalla sua bocca.
"Mio padre è stato in viaggio per un po' di tempo" cominció a spiegargli, poi gli lasciò qualche secondo di pausa per permettergli di focalizzare l'attenzione su ciò che stava dicendo "e tornerà la prossima settimana"
"okay" rispose Zack sospirando.
La discussione avuta poco tempo prima con suo padre lo aveva spazientito, e desiderava che Tom dicesse ciò per cui era venuto in modo chiaro e veloce, senza perdersi in lunghe descrizioni ne tantomeno in dettagli futili che non avevano nulla a che fare con il nucleo del discorso, tuttavia sapeva che esprimersi così non era esattamente il suo forte e si limitò ad ascoltarlo parola dopo parola, cercando di portarsi avanti immaginando quello che gli avrebbe comunicato, anche se non gli veniva in mente nessun collegamento sensato che potesse avere anche vagamente qualcosa a che fare con suo padre.
"Dal momento che sarà a casa..." disse Tom abbassando il viso per l'imbarazzo.
"Sì?"
"Ecco io non gli ho ancora parlato... insomma..."
Aveva tentato di comporre qualche frase di senso compiuto, ma non riusciva a parlare. Dall'altra parte, Zack non comprendeva il filo logico delle sue parole. Era come se Tom avesse in testa un'idea chiara ma che la stesse esprimendo a pezzi apparentemente non collegati tra loro, e si sentí infastidito. L'unica cosa che desiderava era un po' di sicurezza, delle risposte che gli facevano capire ciò che lo circondava senza vivere costantemente nel dubbio, perché anche Tom, l'unica persona in cui aveva trovato un po' di questa sicurezza e tranquillità, non riusciva semplicemente a parlare?
Suo padre gli aveva addirittura detto "se non lo capisci da solo, non esiste spiegazione che ti aiuti a comprenderlo", però se forse qualcuno glielo spiegasse, se solo qualcuno lo aiutasse ad avere le idee un po' più chiare, forse la vita gli sembrerebbe molto più facile e vivibile. C'erano troppe menzogne. Troppe cose non dette. Troppi enigmi. Ne aveva abbastanza.
"Tom per favore sii un po' più chiaro" gli disse, con un tono più duro di quanto avrebbe voluto.
"Non ti capisco se mi parli in questo modo"
Tom ci pensò su qualche minuto. Zack era nervoso per qualche motivo che lui non conosceva, e non concludere quello che aveva iniziato lo avrebbe fatto innervosire ancora di più peggiorando la situazione, lo sentiva.
"Vorrei che non ci vedessimo per un po' "
disse infine. Le gambe tremavano e la punta del naso era diventata paonazza per l'aria gelida, ma Zack sembrò non notarlo. Pareva non capire la frase che aveva appena sentito, quasi come se fosse stata in una lingua a lui completamente sconosciuta.
"Spiegati meglio"
"Mio padre tornerà la prossima settimana e starà a casa per qualche giorno, o forse poco più di una settimana. Vorrei che noi..." Tom si bloccò, e riprese dopo un silenzio durato appena qualche secondo.
"che noi per quei giorni non ci incontrassimo" Zack sembrava ancora non comprendere a pieno quelle parole e non rispose nulla. Se fosse stato di buon umore come al solito avrebbe sicuramente tirato fuori qualcosa per non restare in silenzio. Tom non lo conosceva ancora tanto bene però di questo era sicuro, inoltre temeva che la causa di quelle reazioni per lui così insolite era proprio la discussione con il padre, anche se non l'aveva dato troppo a vedere.
"Tom ti ho detto di spiegarti meglio, perché non potremo incontrarci?"
"Perché..."
"Senti" lo interruppe lui "dimmi le cose come stanno, non posso interpretare sempre tutto quello che dici. Voglio che rispondi alle mie domande senza girarci troppo intorno"
Tom era immobile. L'unica cosa che riuscì a fare fu annuire e far capire a Zack che aveva capito e che avrebbe cercato di spiegarsi meglio. Non aveva mai visto l'amico arrabbiato, e sebbene quel giorno pareva più irritato del solito non ci teneva a farlo innervosire ancora di più. Il solo pensiero gli faceva terribilmente paura.
"M-mio padre è convinto che io vada a scuola regolarmente e che trascorra il mio tempo con persone che conosce anche lui" disse tutto d'un fiato dopo un paio di respiri profondi "Se continuiamo a vederci come facciamo adesso si farà sicuramente delle domande, e..."
"E cosa?" insistette Zack avvicinandogli il suo volto, un gesto che rese Tom più teso di quanto non lo fosse già.
"E verrebbe a conoscenza del nostro rapporto. Non gliene ho mai parlato"
"Quindi tu mi stai dicendo che dobbiamo smettere di vederci perché tuo padre non sa della nostra amicizia e hai paura che venga a scoprirlo?"
Tom annuí silenziosamente.
"Non potresti parlargliene? O che ne so... dirgli una bugia? Del tipo che vai a comprare del cibo e intanto vieni nel bosco per parlare con me?" gli domandó, quasi come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
In effetti Tom ci aveva pensato. C'era stato un momento in cui aveva davvero preso in considerazione l'idea di mentire a suo padre, però non era bravo in questo genere di cose. Se persino la sua amica Rose si accorgeva quando diceva qualcosa di non vero, suo padre lo avrebbe scoperto in un battibaleno e a quel punto si sarebbe sentito deluso e arrabbiato con suo figlio. C'era il rischio che il loro rapporto peggiorasse e Tom non voleva che questo accadesse, soprattutto perché le occasioni in cui vedeva suo padre erano poche e preferiva godersele senza creare ulteriori problemi.
"Non posso" rispose.
"Non puoi? Perché?"
"Perché lo scoprirebbe subito"
"Sei così terrorizzato all'idea che possa scoprirlo?"
"Non lo so..." sussurró più a se stesso che a Zack, che nel frattempo sembrava innervosirsi dalle sue risposte poco chiare.
"Quindi noi dovremmo smettere di vederci perché tu sei troppo spaventato da tuo padre" gli disse, con il tono di una persona che vorrebbe urlare ma che si sta sforzando di mantenere la calma "è questo che mi stai dicendo?"
"N-non... non è questo..."
"È allora qual è il problema?"
Tom rimase in silenzio.
"Tom cazzo rispondimi" disse alzando il tono di voce e appoggiando violentemente una mano al muro.
A quel punto, Tom avrebbe preferito che urlasse, che si sfogasse, che si arrabbiasse perché ormai quello che doveva dire lo aveva detto e non poteva di certo tornare indietro, ormai doveva subirne le conseguenze anche se la discussione stava prendendo una piega che non aveva tenuto in considerazione e non riusciva a comprendere a pieno.
"Sí, è così" riuscí a dire. Ingoiò il poco di saliva che gli era rimasto in gola, anche se ormai era tutto secco.
"Per favore, non incontriamoci per un po' " gli disse infine, sperando di non prolungare ulteriormente quella discussione. Zack però avrebbe tanto voluto proseguire, poiché non si sentiva ancora pienamente soddisfatto delle risposte date da Tom. Erano troppo confuse e faticava a seguire il suo discorso, inoltre non gli era ancora chiaro il motivo per cui dovessero interrompere i loro incontri ormai diventati abituali. Lui mentiva ai suoi genitori continuamente, oltre al punto di vista lavorativo non conoscevano quasi nulla della sua vita privata. Non conoscevano i suoi amici, le sue litigate in mezzo alla strada, i suoi pensieri, i suoi pianti notturni, la voglia di tirare pugni contro un muro fino a farsi uscire il sangue dalle nocche, la tranquillità che Tom gli regalava ogni volta che stava con lui, e che avrebbe tanto voluto trovare a casa, nella sua vita quotidiana. Loro non sapevano niente di lui, perciò perché Tom continuava a esitare? Perché per lui era così complicato trovare un'altra soluzione per vedersi senza che suo padre lo venisse a sapere?
Era una cosa tanto semplice, tuttavia si ostinava a preferire evitare d'incontrarlo. Questo non riusciva a capirlo.
"Io non ti capisco. Quanto ci vuole a nascondere la nostra amicizia? L'hai fatto fin'ora"
"Non è vero" contestò con voce tremante.
"Ah no? Hai per caso detto a qualcuno che mi conosci? Che abbiamo parlato tante volte nel bosco?"
Tom non rispose niente. Sentí solo un'improvvisa voglia di mettersi a piangere, perché era quello ciò che faceva ogni volta che la situazione si faceva troppo difficile e temeva di non riuscire a superarla. Si sedeva sul pavimento, piegava le gambe portando le ginocchia al petto e con il viso fra le mani crollava in un pianto silenzioso, fino a quando non scorrevano più lacrime e gli occhi diventavano rossi e gonfi.
"Lo hai mai detto a qualcuno? Ti rispondo io visto che tu non vuoi parlare. No, non l'hai mai detto a nessuno. Tu non dici mai niente a nessuno"
"Zack..."
"Zack cosa?"
"Calmati... per favore..."
"Calmati? A me? Sei venuto fin qui per dirmi che non mi vuoi più incontrare perché tuo padre torna settimana prossima, come fai a dirmi di restare calmo? Forse tu non lo sai, ma gli amici non si trattano così. Non puoi farti vivo solo quando ti è più comodo, un'amicizia si porta avanti sempre anche a costo della vita" urló spazientito in preda alla collera, puntandogli un dito al petto.
Tom aveva gli occhi lucidi. Zack guardò per un attimo quei suoi grandi occhi color nocciola diventare cristallini, però stava facendo del suo meglio per trattersi. Voleva mostrarsi forte e degno di sostenere un discorso come quello, ma la prima cosa che pensò era che lui non era forte per niente. Alla prima difficoltà aveva voluto tirarsi indietro e questo lo innervosiva. Le persone come lui lo innervosivano, e forse era solo perché gli effetti del litigio avuto con suo padre quel pomeriggio non erano ancora svaniti però Tom gli sembrava più irritante del solito e avrebbe preferito che quel giorno non si fosse fatto vedere.
"Io tengo alla nostra amicizia, non era questo quello che-"
"Non è vero" lo bloccò lui "tu non tieni per niente alla nostra amicizia"
"Zack"
"Finiscila di chiamarmi per nome, mi da fastidio"
Tom abbassò la testa.
"Se alla prima difficoltà che incontri ti allontani dalle persone, allora non andrai molto lontano"
"Non mi sto allontanando"
"E invece sì. Dovresti tirare fuori le palle e sostenere quello che tu ritieni sia giusto, poi non importa degli altri"
"Però... però..."
"Però un cazzo. Non è così che si trattano gli amici, le persone come te sono quelle peggiori"
"Z-Zack" balbettò Tom ormai sull'orlo delle lacrime, però Zack non lo ascoltò.
"Senti ho capito, non vediamoci per un po' "
"Io non volevo-"
"Però lo hai fatto" lo interruppe lui "Non volevi però lo hai fatto, perciò ora non iniziare a piangere. Va bene, non vediamoci per un po', forse è meglio"
"Per favore, voglio soltanto... non volevo che andasse così"
"Però è andata così"
"I-io..."
"Va bene, basta. Non voglio più continuare questo discorso, oggi è stata una giornata pesante"
"Mi dispiace"
"Non mi interessa. Stammi lontano" disse, per poi spostarlo colpendolo con la spalla e sparendo dietro l'angolo.
Tom non ebbe il coraggio di muoversi. L'unica cosa che fece fu guardare la sagoma scura dell'amico allontanarsi da lui.

Tom e ZackDove le storie prendono vita. Scoprilo ora