Capitolo 4

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Il giorno seguente dunque, Tom voleva fare un tentativo e raggiungere il villaggio dove Zack abitava, nella speranza di rivederlo ancora. Ci aveva pensato attentamente tutta la sera prima di addormentarsi, e inizialmente aveva anche pensato di rinunciare dato che anche se lo avesse trovato non avrebbe concluso comunque nulla perché Zack sarebbe stato impegnato con il suo lavoro e di certo non poteva fermarsi a parlare con lui e a fare conversazione come l'ultima volta, inoltre avrebbe corso anche il rischio di disturbarlo perciò dopo un'attenta analisi decise che sarebbe comunque andato a dare un'occhiata ma niente di più, e se fosse pure riuscito a trovarlo avrebbe riflettuto meglio su cosa fare in seguito.
Erano circa le quattro del pomeriggio quando Tom uscì di casa. Con sè non aveva portato nulla se non la sciarpa avvolta piú volte attorno al collo e qualche soldo per comprare qualcosa da mangiare nel caso gli fosse venuta fame strada facendo. Fuori i lati della strada erano ricoperti di neve e i rami degli alberi che costeggiavano il villaggio traboccavano di soffice bianco, quella notte aveva nevicato ancora. Tom affondò il viso nella morbida sciarpa fino a coprire anche il naso e con le mai nella tasca della sua giacca intraprese il cammino verso il bosco. Ascoltò la tranquillità di quel luogo che sebbene non distasse molto dal suo villaggio sembrava situato in un altro universo, dove dominavano il silenzio e il dolce suono dell'acqua che scorreva in lontananza. Camminò per un pó lungo il solito sentiero che sembrava gli alberi avessero lasciato libero di proposito per permettere libero passaggio a qualcuno, ascoltando il rumore delle sue scarpe che affondavano nella neve. Se non ci fosse stato il vento e il suo costante respiro, Tom era sicuro che immerso in quella calma e serenità avrebbe potuto udire anche il battito del suo cuore. Poco dopo vide la roccia dove si era seduto giorni prima a disegnare e davanti ad essa il piccolo corso d'acqua che scorreva fra i sassi. Rimase per qualche secondo fermo a chiedersi ancora se fosse necessario, poi alla fine balzó dalla parte opposta con un salto, come aveva fatto Zack durante il loro primo incontro per venire verso di lui. Non era mai passato dall'altra parte anche se a dire il vero non ci aveva neanche mai pensato, peró anche se si trattava pur sempre di un bosco non c'era rischio di perdersi dato che bastava seguire le impronte lasciate nella neve per tornare indietro. Accertatosi di questi piccoli dettagli Tom proseguí sempre dritto, alla ricerca di uno sbocco da cui uscire fino a quando cominciò a sentire dell voci in lontananza. Non sapeva se effettivamente era quello il villaggio in cui voleva dirigersi, però ormai era lì e tanto valeva proseguire. Erano vicine, perciò non diventò particolarmente difficile trovarle. Piano piano la calma e la tranquillità del bosco si allontanava quasi come se stesse diventando soltanto un ricordo ovattato vissuto molto tempo prima. Il villaggio in cui giunse Tom era piccolo come il suo, ma molto diverso. La salita del versante della montagna era leggermente più accentuata, forse gli abitanti del posto ci erano già abituati e ormai non ci facevano più tanto caso ma lui, che metteva piede lí per la prima volta se ne accorse subito. Non tutte le abitazioni avevano il tetto a punta, e disposte una accanto all'altra attorno alla strada centrale erano così simili che sembravano confondersi l'una con l'altra. I negozi non avevano una struttura propria ed erano semplicemente disposti al piano terra di case a due piani, nonostante le loro piccole dimensioni però all'interno parevano davvero accoglienti. Alcuni muri erano rovinati dalla neve e dalla pioggia, pieni di grosse macchie che non sarebbero andate via tanto facilmente, e nessuna casa pareva munita anche di un balcone. Nonostante questi piccoli dettagli però, era un villaggio abbastanza popolato. C'era un gruppo di donne anziane che giocavano a carte sedute attorno ad un tavolo fuori da un bar, due uomini di mezza età che chiacchieravano con due bottiglie in mano, genitori diretti da qualche parte e bambini che giocavano con le bambole di stoffa o con la palla in mezzo alla strada. Seduti su un'asse di legno c'erano anche cinque ragazzi che dimostravano un'età maggiore rispetto a quella che probabilmente avevano realmente dato che anch'essi indossavano pantaloni che arrivavano poco sopra al ginocchio, segno che non erano ancora diventati adulti, perciò Tom dedusse che non dovevano essere tanto più grandi di lui. Se ne stavano lì a ridere e parlare, mettendo Tom a disagio. Sapeva che sicuramente non lo avevano neanche visto passare, ma alcune volte la sua insicurezza prendeva il sopravvento e piano piano cominciava a convincersi che quelli lo stessero segretamente giudicando.
- Sono solo paranoie - gli aveva detto Rose tempo prima, eppure non poteva fare a meno di sentire i loro sguardi addosso. Improvvisamente sì sentì un estraneo, un intruso che non doveva trovarsi lì.
- Tornatene da dove sei venuto - si sentiva dire. Tom provó una lieve sensazione di imbarazzo. Prima di andare al villaggio non aveva minimamente pensato al fatto che potesse sentirsi un po' spaesato senza sapere come continuare ad andare avanti. Era un posto completamente nuovo, con case nuove, negozi nuovi e gente nuova, ma non lo aveva tenuto in considerazione. Forse se gli fosse venuto in mente ci avrebbe riflettuto un po' più a lungo, prima di prendere quella decisione.
Entrò in quella che sembrava una panetteria, più per non vedere gli sguardi di quei ragazzi seduti di fronte a lui sull'asse di legno che per prendere qualcosa da mangiare in preda alla fame, però era la prima cosa che gli era venuta in mente. Non voleva dare l'impressione di una persona che girava a vuoto per il villaggio senza avere la più pallida di idea di dove stesse andando, in questo modo si sentiva ancora più a disagio e gli occhi di tutti addosso.
Ad accoglierlo c'era un grande bancone vuoto per metà. Evidentemente le persone avevano comprato gran parte della quantità di pane sfornato al mattino, mentre a quell'ora del pomeriggio erano rimasti solo degli avanzi. Tuttavia nel piccolo negozio aleggiava ancora un lieve odore di pane piuttosto piacevole. Dentro c'era solo una giovane donna dai capelli biondi legati in uno chignon dietro al bancone e una madre e un padre che stavano discutendo tra loro per decidere cosa comprare da uno scaffale. C'era anche una bambina che camminava avanti e indietro fermandosi ogni tanto a osservare i dolciumi sugli scaffali. Sembrava avere tre o quattro anni e indossava un grazioso vestito rosa. Tom pensó che fosse molto carina. Dal momento che si trovava là, diede anche lui un'occhiata agli alimenti alla ricerca di qualcosa da comprare, quando ad un certo punto la bambina prese una tavoletta di cioccolato e la portó alla donna di fronte.
"Mamma" chiamò, scuotendo un lembo del vestito. In un primo momento la donna la ignorò e sussurrò qualcosa al marito.
"Mamma, mamma" ripetè la piccola. La donna sospirò e si decise ad abbassare la testa. "Maria, che cosa vuoi?" le chiese in tono calmo.
"Me la compri?" domandó lei mostrandole sgranando gli occhi la tavoletta di cioccolato.
"No" rispose lei in modo secco.
"Ma- ma perché?" balbettò lei delusa.
"Perché dobbiamo comprare cose più importanti"
"Ma io la voglio" contestò.
"Ti ho detto di no. Non possiamo comprarla"
"Ma-"
Notando che la bambina aveva iniziato ad assumere un tono di voce tremolante e prossimo alle lacrime, il padre che fino a quel momento era rimasto concentrato a guardare i pacchi di farina sugli scaffali si giró per dire due parole alla figlia.
"Maria non discutiamo" disse, poi abbassò il tono di voce per non attirare troppo l'attenzione, anche se Tom era molto vicino a loro e udì comunque.
"Non possiamo permettercela perché non ci sono abbastanza soldi. Lo capisci questo? Te lo ripetiamo sempre, vero?"
La bambina annuí con un cenno della testa, senza rispondere.
"Non vedi che io e la mamma siamo impegnati? Vai fuori e siediti al marciapiede ad aspettarci" le ordinó, e lei obbedì sconsolata, abbandonando tristemente la tavoletta di cioccolato sullo scaffale.
Tom le guardò per un istante e ne prese tre, in più aggiunse anche un vasetto di marmellata. Magari più avanti avrebbe potuto preparare qualche crostata.
Pagó subito dopo i due genitori e una volta fuori dal negozio chiamò la donna.
"Mi scusi" disse, ma quando lei si girò cominció a provare un leggero disagio.
"Ho preso una tavoletta di cioccolato in più per sbaglio. Ho visto che sua figlia la voleva, posso farle questo regalo?" Chiese tutto d'un fiato, sentendosi terribilmente stupido. La scusa del -ho preso una tavoletta di cioccolato in più per sbaglio- non reggeva molto, però sperava di sembrare credibile almeno un pochino.
La donna sgranó gli occhi ed esitò per un istante, stupita da quel gesto improvviso.
"Non accettiamo elemosina dagli sconosciuti" disse il marito in tono brusco e deciso.
Tom arrossí di colpo. Desiderò ancora una volta di non aver mai messo piede in quel villaggio ma ormai si era spinto troppo oltre quindi tanto valeva insistere ancora un po'.
"Non è nessuna elemosina. Ho preso una tavoletta di cioccolato in più e dato che la bambina-"
"La bambina sta bene così, fine del discorso" disse infine, lanciando un'occhiata alla bambina e alla moglie e cambiando direzione per tornare verso casa. Le due femmine della famiglia rimasero ferme dietro di lui che nel frattempo stava già camminando, incerte su cosa fare. La bambina era ancora triste per la tavoletta di cioccolato che non aveva e la madre desiderava accontentarla ma suo marito si era già allontanato e parlarne non era più possibile. Tom decise di approfittarne porgendo la tavoletta alla donna.
"La accetti per favore. Non è elemosina, ne sto solo approfittando perché ne ho presa una in più e la bambina la desiderava, mi creda. Io non la mangerò e se non l'accettasse andrebbe sprecata, non ho parenti a cui darla" disse infine.
La donna fece una breve pausa e Tom affondò il naso nella sciarpa per nascondere parte del suo viso.
"Grazie" disse poi lei accennando un sorriso intenerita dalla reazione del ragazzo.
"Grazie!" rispose entusiasta la bambina, sprizzando gioia dai suoi grandi occhi.
Tom le accarezzò la testa e poi le due raggiunsero il marito poco più avanti. La donna sussurrò qualcosa nell'orecchio della bambina e quella annuì felice, poi la guardò mentre nascondeva la tavoletta nella tasca del suo giaccone, alle spalle dell'uomo. L'avrebbero mangiata in segreto, ma Tom era contento di quello che aveva fatto. Il sorriso di quella bambina lo aveva gratificato abbastanza.
"Ti dedichi a far felici i bambini ora?" disse una voce alla sua destra.
Tom in un primo momento non pensò che fosse davvero riferito a lui anche se effettivamente rendere felice una bambina era ciò che aveva appena fatto, ma si voltò ugualmente e sgranó gli occhi non appena vide Zack che lo stava salutando con un cenno della mano e la bocca allargata in un sorriso. Sussultò e rimase in silenzio per la sorpresa. Dopo quello che era accaduto, incontrare Zack era passato in secondo piano e se ne era completamente scordato, ma il villaggio era davvero molto piccolo e vederlo non era poi stato così impossibile.
"Rilassati, scherzavo" disse divertito. Se ne stava tranquillamente di fronte a lui e non sembrava neanche minimamente sorpreso di vedere Tom lì. Come se fosse stato del tutto normale, una cosa che capitava ogni giorno.
Le guance di Tom diventarono paonazze.
"Li conosci? Quelli che hai appena salutato intendo. Abitano in fondo alla strada, li vedo spesso" gli spiegò.
"Non... non li conosco" rispose in tono calmo. Cominciava a realizzare che alla fine il suo piano era andato a buon fine ed era riuscito a rivedere Zack, perciò anche se ancora un po' impacciato si stava tranquillizzando. La sua visita non era stata a vuoto.
"Sono andato a prendere alcune cose in quella panetteria" disse, indicando il negozio vicino con un cenno della testa "e c'era quella famiglia. La bambina voleva una tavoletta di cioccolato ma i suoi genitori non potevano comprarla, quindi gliene ho comprata una io... tutto qui"
"E loro l'hanno accettata? Da quel che so sono molto orgogliosi" chiese Zack.
"Immaginavo che non l'avrebbero accettata, così ho inventato una scusa. Ma il padre della bambina ha rifiutato lo stesso. Alla fine però l'ho data in segreto alla madre e sembravano entrambe molto contente"
"bravo ragazzo" esclamò Zack scompigliandogli i capelli per un istante. Tom sentiva il suo corpo diventare sempre più caldo e sapeva che la sua faccia stava diventando così rossa da fare invidia a un pomodoro, però se la sciarpa avesse continuato a coprirlo non sarebbe stato poi così evidente.
"Che cos'hai preso qui? Non è un gran bel posto per fare compere. Sono sicuro che nel tuo villaggio c'era molta più scelta"
"Due tavolette di cioccolato e un vaso di marmellata. Ehm... nel mio villaggio l'avevano finita" mentí. Anche questa scusa era poco credibile, ma sperava che Zack ci credesse.
"Vorrei fare una crostata" continuò poi, per rendere la storia più convincente.
"Ah ho capito. Allora non vedo l'ora di assaggiarla"
"Va bene" rispose Tom accennando un sorriso. Zack lanciò un'occhiata alle loro spalle, squadrando subito il gruppo di ragazzi seduto alla panchina. Anche Tom appena arrivato li aveva visti, ma si chiedeva perché il suo nuovo amico li stesse osservando così attentamente.
"Hai impegni particolari adesso?" Gli chiese poi dopo qualche secondo di silenzio.
"No" rispose Tom, non capendo quella domanda improvvisa "dovrei solo portare queste cose a casa" spiegó indicando con lo sguardo i suoi acquisti.
"Senti... io devo portare questi in falegnameria" disse Zack indicando un sacco pieno di forme in legno poggiato a terra dietro di lui "è il posto dove aiuto mio padre con il lavoro. Vorrei che restassi con me fino a quando non finisco, tanto mi manca poco. Così poi possiamo stare tranquilli e parlare un po'.
Ti va?" gli propose, e Tom annuí.

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