Quel pomeriggio era stato gradito ad entrambi, soprattutto a Zack che aveva apprezzato in particolar modo la crostata di Tom mangiandone una fetta dopo l'altra. Era da molto tempo che non mangiava un dolce cucinato in casa, anche perché sua madre gli cucinava appena qualcosa da mangiare quando tornava al lavoro più per abitudine, vincolata dal suo ruolo di madre che per amore e spontaneità. Tom invece non aveva nessun ruolo da dover rispettare, non era stato costretto da niente e da nessuno però aveva deciso ugualmente di cucinare quella torta e di portarla con sè apposta per dividerla con lui e gli aveva fatto piacere. Oltre a questo, c'era anche da tener conto che Tom era stato bravo e che la crostata era veramente buona. I due quindi avevano passato il tempo restante chiacchierando della loro quotidianità, Zack aveva raccontato a Tom del ragazzo che aveva visto in falegnameria dietro al bancone. Gli aveva detto che si chiamava Oliver e che erano amici da molto tempo, sin dai tempi dell'infanzia. Anche a lui non piaceva molto la scuola perciò aveva deciso di aggiungersi a Zack per lavorare insieme alla falegnameria e dato che suo padre era spesso impegnato a gestire affari al di fuori del negozio, raramente passava a dare un'occhiata e loro due riuscivano a gestire i clienti e il lavoro da fare più in autonomia. Ovviamente era convinto che suo padre trascorresse fuori tutto quel tempo non solo per gli affari ma anche perché a casa era diventato abbastanza evidente il fatto che si vedesse anche con altre persone per i suoi scopi personali, come amici con cui bere qualcosa ogni tanto e un'altra donna che lo soddisfasse meglio, ma questo non glielo disse. Tom viveva in una realtà completamente diversa dalla sua e su alcune cose probabilmente era anche un po' ingenuo, però non era stupido e se glielo avesse detto lui avrebbe certamente capito, semplicemente evitò perché forse era troppo presto per affrontare confessioni personali di quel tipo e temeva di metterlo a disagio.
Dall'altra parte, Tom gli aveva detto che stava aspettando una lettera di risposta da suo padre e che nel frattempo si dedicava alle faccende di casa e alla lettura di qualche libro poiché non gli andava molto di andare a scuola, soprattutto quando sapeva che ci sarebbero state le lezioni di matematica che a lui non piacevano e non interessavano per niente. Gli aveva parlato della sua amica Rose e del fatto che anche loro fossero amici da molto tempo, e che quasi sicuramente non appena lo avrebbe rivisto gli avrebbe fatto tante domande per giustificare la sua assenza. Gli disse però che anche lui era contento di vederla, anche se ultimamente avevano occasione di incontrarsi solo a scuola. Alla fine poco prima di salutarsi i due decisero di vedersi anche durante la settimana, più precisamente di martedì quando Zack lavorava soltanto la mattina e aveva il pomeriggio libero.
Il mattino seguente Tom dormiva ancora. Aveva la testa affondata nel cuscino e la coperta pesante alzata fino al mento e gli occhi chiusi anche se ormai le prime luci del giorno filtravano attraverso la finestra illuminando tutta la stanza, tuttavia, si svegliò solo quando udí dei suoni brevi e costanti provenire dalla cucina. Si stropicciò gli occhi aprendo la bocca in un grande sbadiglio, dopodiché si alzò con la faccia ancora impastata di sonno e si rese conto che i rumori provenivano dall'esterno, da qualcuno là fuori che continuava a bussare. Tom immaginò che fosse il vicino di casa, così si diede velocemente una sistemata ai capelli e aprí la porta.
"Buongiorno Tom, dormivi?" gli chiese l'uomo in tono gentile.
"buongiorno, no non si preoccupi. Ero già sveglio" mentí lui per non mettere l'anziano a disagio. Molti anziani del villaggio usavano alzarsi presto la mattina per fare una passeggiata tra la neve e godersi le prime luci dell'alba mentre le strade erano ancora deserte e i negozi chiusi. Era un comportamento molto comune, anche se non si aspettava di trovarlo sulla soglia di casa sua a quell'ora.
"mi dispiace di averti disturbato a quest'ora. Stamattina sono uscito per camminare un po' e quando sono tornato a casa ho trovato vicino alla mia porta questa lettera" disse porgendogli una busta di carta bianca "è di tuo padre, probabilmente hanno sbagliato indirizzo perciò sono venuto a portartela"
"Grazie, è stato davvero gentile" rispose Tom prendendola fra le sue mani.
"Figurati"
"Ha già mangiato qualcosa?"
"Per colazione dici? No, a quest'età ormai non do più così tanta importanza a certe cose. Ultimamente mi capita spesso di saltare i pasti"
"Vuole venire a bere un caffè?"
L'anziano vicino di casa sembrò esitare un po' ma quando non usciva trascorreva la maggior parte del suo tempo in casa da solo perciò pensó che stare in compagnia di qualcuno a sorseggiare un po' di caffè sarebbe stato piacevole.
"Volentieri" disse poi, accennando un sorriso. Tom lo accolse timidamente in casa. All'inizio era sempre impacciato anche perché nonostante cercasse di essere il più educato possibile e di far sentire l'ospite a proprio agio temeva di fare qualche errore e si guastare l'atmosfera.
"Si sieda pure" disse, e l'uomo così fece aspettando in silenzio che il giovane ragazzo preparasse due tazze di caffè che posò poco dopo sul tavolo accomodandosi sulla sedia lì accanto. Tom non amava il caffè in particolar modo, però pensava che fosse utile per aiutarlo a svegliarsi un po' dato che si sentiva ancora assonnato per esser stato svegliato prima del solito.
"È tutto molto in ordine e pulito, complimenti" commentò il signore.
"La ringrazio" disse Tom omettendo il fatto che il frigo cominciava a svuotarsi e che doveva iniziare a lavare la pila di vestiti accumulata sul tavolino nella sua stanza.
"Ogni volta che tuo padre parte per un nuovo viaggio passa sempre da me per chiedermi ogni tanto di darti un'occhiata ma non credo proprio che ce ne sia bisogno. Sei un ragazzo autonomo e intelligente, riesci tranquillamente a gestire la casa senza problemi"
"Sì... mi sono abituato, ormai"
"E la scuola? Come sta andando?"
A quella domanda Tom sussultò. In quegli ultimi giorni non era andato a lezione.
"Bene, letteratura in particolare è molto interessante" rispose per non destare sospetti.
"Ah sì, mi immaginavo una risposta del genere. Quelli sono tutti libri tuoi?" domandó indicando un piccolo scaffale con sopra allineati dei libri accanto al lavandino e Tom annuí con la testa.
"Ti piace molto leggere quindi"
"Sì"
"Bene. Se ci fossero più ragazzi come te questo mondo sarebbe un posto migliore" disse il vecchio fissando un punto indefinito nel vuoto. Tom peró non era d'accordo. Faceva tante cose semplicemente perché non aveva dei veri e propri impegni come Zack che invece andava a lavorare ogni giorno, e per impiegare il tempo si dedicava alla lettura, che gli piaceva in particolar modo e lo aiutava a staccarsi per un po' dalla realtà, al disegno, alla scuola, alle faccende domestiche e quando capitava anche a qualche passeggiata nel bosco in totale tranquillità. Non contribuiva in nessun modo, e non era d'aiuto a nessuno. Viveva con i soldi che guadagnava suo padre e si sentiva costantemente impotente e inutile. Era convinto che se tutti fossero come lui, il mondo sarebbe tutt'altro che un posto migliore. Nella cucina caló il silenzio e ciascuno finí di sorseggiare il suo caffè immerso tra i propri pensieri e Tom pensava ancora all'ultimo pomeriggio trascorso con il suo amico al lago.
Zack gli aveva detto chiaramente che ci teneva a farlo entrare in acqua per mostrargli la bellezza di quel luogo da ogni punto di vista però solo quando anche Tom si fosse sentito pronto dato che non voleva obbligarlo a fare nulla, e inizialmente Tom si era sentito meglio a quelle parole ma una leggera sensazione sgradevole nel suo stomaco indicava che si sentiva ancora in colpa nei suoi confronti. Era come se avesse messo in dubbio la sua fiducia e non voleva che questo accadesse perché si fidava di lui, ma non sapeva come dimostrarglielo. Forse ci stava pensando troppo. Forse stava prestando troppa attenzione a un qualcosa che Zack probabilmente si era già dimenticato, ma era come se non potesse farne a meno.
"Grazie per questo caffè" disse poi l'anziano alzandosi e dirigendosi verso la porta.
"Si figuri" rispose Tom accompagnandolo alla soglia dell'ingresso, e poco prima di allontanarsi quello gli auguró una buona giornata a scuola. Tom si limitó a ringraziarlo senza aggiungere altro, anche se quel giorno di andare a scuola non gli andava. Probabilmente il vicino di casa aveva pensato che lui fosse già sveglio a quell'ora del mattino perchè si stava preparando per andare a scuola, ma Tom piuttosto avrebbe preferito fare un salto in libreria e comprare qualcosa di nuovo dato che era da molto che non usciva ad acquistare prodotti che non fossero cibo.
Poi, mentre rifletteva su dove sarebbe potuto andare quel giorno si ricordó della lettera di suo padre. Ogni volta scriveva più o meno le stesse cose e nonostante lui glielo chiedesse, non gli raccontava mai nei dettagli ciò che incontrava durante i suoi viaggi o quello che vedeva nei territori in cui andava, si limitava semplicemente a raccontare com'erano andati gli affari e a seguire le solite raccomandazioni da genitore, forse fatte più per sentirsi a posto con la sua coscienza che per accertarsi che Tom svolgesse davvero tutte le mansioni. Era già certo che da solo se la cavava bene. Agli occhi degli altri era un ragazzo intelligente e responsabile, non aveva problemi a gestire la casa in totale autonomia. Aprí la busta e come previsto vi trovò il resoconto dello scambio di stoffe avvenuto con successo, anche se all'inizio c'erano state piccole complicazioni a causa di un errore alla cifra del denaro ma si era tutto risolto senza troppi intoppi. Gli raccomandava di mangiare a sufficienza, lavare i vestiti senza ammassarli tutti sulla sedia, di spolverare ogni tanto i mobili e andare a scuola. Non gli aveva chiesto come stava o se ci fosse stato qualche problema durante la sua assenza, ma Tom non si stupì. Era fiduciosi nei suoi confronti, e dava già per scontato che Tom riuscisse a gestire tutto senza troppe lamentele, ma la verità era che se anche si lamentava suo padre si limitava a liquidarlo dicendogli che andava tutto bene e che era sicuro che Tom sarebbe riuscito a sistemare tutto. Alla fine però, c'era anche scritto che il suo ritorno era previsto per la prossima settimana. Tom sgranó gli occhi.
Di solito nonostante tra lui e il padre c'era un rapporto piuttosto distaccato, quando gli annunciava che ritornava e restava a casa per un po' Tom era felice perché così l'ambiente che lo circondava non era completamente vuoto e quando sarebbe tornato da scuola avrebbe trovato qualcuno ad aspettarlo con del cibo caldo da mangiare immediatamente, ma stavolta il primo pensiero che gli venne in mente era che cosa avrebbe dovuto farne di Zack. Voleva ancora vederlo e trascorrere del tempo con lui, ma se avesse saltato dei giorni di scuola lui gli avrebbe sicuramente chiesto il motivo e Tom al momento non voleva fargli sapere dell'esistenza di questo nuovo amico. Suo padre avrebbe iniziato a fargli delle domande, su come si erano conosciuti, dove viveva, se la sua era una brava famiglia e altre cose di quel tipo, ma dirgli che si erano incontrati la prima volta perché lui aveva deciso di saltare un giorno di scuola preferendo disegnare da solo nel bel mezzo del bosco era fuori discussione, a quel punto si immaginava già la faccia delusa di quell'uomo, e riguardo a Zack era certo che fosse un bravo ragazzo, ma della sua famiglia non sapeva praticamente nulla. A pensarci bene, era stato Zack a non avergliene mai parlato, sapeva soltanto che durante la settimana lavorava nella falegnameria di suo padre ma non aveva la più pallida idea di come costui potesse essere. Forse, avrebbe potuto mentire. Ma non era il suo forte e suo padre se ne sarebbe accorto subito. "Sei come un libro aperto" gli aveva detto Rose una volta e probabilmente era vero, perciò anche vedersi nel weekend era escluso. L'unica alternativa che gli venne in mente fu quella di evitare per un po' i suoi incontri con Zack. Solo a pensarci provó una sgradevole sensazione al petto, quasi come se non fosse realmente consapevole della conclusione che aveva tratto. Gli sembrava che altre soluzioni più ragionevoli fossero proprio lì davanti ai suoi occhi ma che lui non fosse in grado di vederle. Zack era diventato una piacevole parte della sua routine e sebbene non riuscisse ancora a comportarsi nel modo spontaneo che desiderava mentre era in sua compagnia, sentiva che Zack lo capiva comunque e gradiva molto chiacchierare con lui, ascoltarlo, e passare pomeriggi interi a camminare nel bosco affondando i piedi nella soffice neve congelata. Quando lo vedeva era felice, tuttavia voleva mantenere il loro rapporto intimo ancora per un po', quindi anche se a malincuore, la cosa migliore da fare era tenerlo nascosto evitando di vederlo per tutto il tempo in cui suo padre restava a casa. E per correttezza nei confronti di Zack, doveva comunicarglielo.
Quella sera Tom si era coricato più tardi del solito indeciso su cosa avrebbe fatto l'indomani, valutando con molta attenzione ogni alternativa che gli veniva in mente. Non dire a Zack che non avrebbero potuto vedersi per un po' era escluso fin dal principio, perché anche se sarebbe stato molto più semplice non avvisarlo di questo cambiamento non era corretto nei suoi confronti, perciò l'unica opzione rimasta era quella di comunicarglielo. Poteva farlo al loro prossimo incontro nel bosco, oppure lasciargli una lettera per non doverglielo dire per forza di persona, ma la cosa più giusta era dirglielo subito e senza troppi giri di parole. D'altronde, Zack preferiva i discorsi brevi ed espliciti, evitando parole troppo complicate che non conosceva e frasi superflue che non avevano nulla a che fare con l'argomento in questione. L'ultimo problema che si presentava era il modo in cui glielo avrebbe detto. Conoscendosi, Tom sapeva già che anche se ci avesse messo tutta la forza di volontà di cui era capace non sarebbe mai stato in grado di comunicarglielo chiaramente e soprattutto in modo spontaneo evitando di abbassare lo sguardo e creare pause per pensare alle parole da pronunciare con più calma. Si immaginava già Zack di fronte a lui che lo scrutava incuriosito aspettando che Tom andasse avanti, ma lui manteneva il volto basso incerto su come continuare. L'unica cosa che doveva fare era informarlo del fatto che per un breve periodo di tempo non si sarebbero più potuti vedere perché suo padre sarebbe tornato il lunedì della settimana successiva, ma era come se le parole non volessero uscire. Come se ci fosse una grossa mano, magari quella di uno di quei giganti che aveva tanto visto sui libri, ad avvolgergli la gola e a bloccargli la voce.
Quello scenario si presentò varie volte e sebbene Tom cercasse di auto-convincersi ripetendosi mentalmente che non c'era nulla di cui preoccuparsi, che lui avrebbe parlato senza problemi e Zack avrebbe capito, nel suo profondo sapeva che sarebbe andata proprio in quella maniera.
Alla fine i suoi occhi avevano iniziato a chiudersi da soli e poco prima di addormentarsi aveva deciso che sarebbe andato a trovarlo in falegnameria.
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Tom e Zack
FantasyEra una fredda mattinata d'inverno, e Tom se ne stava seduto su una sedia accanto al camino. Fuori nevicava, e i versanti delle montagne erano ricoperti da un manto bianco uniforme. Il calore del fuoco che ardeva sulla legna, era un sollievo per lui...