Capitolo 36

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La zampa del cavallo venne momentaneamente fasciata, mentre tutti e tre furono invitati a salire sul carro dell'uomo, trasportato a sua volta da un altro cavallo nero e dall'aria maestosa. Durante il breve tragitto dal punto in cui si era svolta la vicenda all'abitazione, il signore diede loro una piccola spiegazione su chi fosse e perché si trovasse proprio in quel punto. Non era niente di così entusiasmante però, perché al contrario delle idee che si erano fatti Tom e Zack, i quali si aspettavano qualcosa di più eroico, la creatura che avevano visto era completamente innocua e usciva fuori ogni tanto per poter assorbire l'energia emanata dai raggi del sole, in modo tale da sopravvivere tutta la notte in assenza di luce. Erano creature tipiche dei boschi del sud, ma raramente venivano viste perché si trovavano proprio ai confini tra un territorio e l'altro, se ne stavano sempre appollaiate ai piedi di qualche albero dal tronco enorme, e uscivano allo scoperto solo per assorbire un po' di luce del sole. Di solito avevano anche una sottile membrana gelatinosa attorno alle costole che serviva a proteggere gli organi vivi, ma la creatura che Zack e Tom avevano visto ne era priva, ciò significava che qualche altro animale gliel'aveva mangiata e che quindi da lí a qualche giorno sarebbe morta. Così spiegò loro il signore, che si chiamava Mark. Lui passava spesso di lí perché era una scorciatoia, si arrivava al villaggio vicino molto più velocemente, ed era abituato a vedere esseri del genere perciò sapeva come rapportarsi con loro. Spiegò anche che erano creature molto curiose, amichevoli e mangiavano volentieri la lattuga. Giunsero in un piccolo villaggio dove c'erano tante case una accanto all'altra, e ciascuna con un giardino nascosto sul retro. Entrarono in una di queste abitazioni e vennero accolti tutti da una donna in carne dai capelli rossi e un vestito lungo fino alle caviglie bordeau, proprio come il cappello del marito.
"Oh santo cielo!" esclamò non appena notò che il marito non era solo, ma in compagnia di altri due ragazzi malconci. Rimase per un attimo ferma a guardarli, mentre i maschi se ne stavano tutti e tre ad aspettare una qualche reazione fermi sulla soglia della porta.
"Dove li hai trovati? Come mai sono qui con te? Chi sono?" disse la donna tutto d'un fiato, mentre si dirigeva verso i due ragazzi. Li prese per le braccia in modo tale da allontanarli un attimo da suo marito per squadrarli meglio, e nei suoi occhi parve balenare un'espressione preoccupata. Tom pensò che non fosse così strano, in fondo i loro vestiti parevano appena usciti da un campo di battaglia, il suo ginocchio era ancora sbucciato, e chissà i loro visi come erano messi, tuttavia sotto lo sguardo vigile e attento della donna non poté fare a meno di sentirsi a disagio. Zack invece sembrava tranquillo.
"Una domanda alla volta amore, non mi saluti nemmeno?" disse dolcemente l'uomo levandosi il cappello appendendolo ad un gancio dietro alla porta d'ingresso.
"Oh Mark! dimmi dove hai pescato questi due ragazzi, sembrano appena usciti da sotto terra, e poi guarda quanto sono pallidi! Oh povere creature!"
"Margaret, Margaret! Non ti agitare per favore, così li metti a disagio."
"Hai ragione" rispose la donna con un sospiro, lasciando i polsi dei due ragazzi che si lanciarono un'altra occhiata, preoccupati.
"Mi scusi" disse Tom in tono calmo e contenuto.
"Dimmi caro."
"Noi stiamo bene, suo marito ci ha semplicemente aiutati mentre eravamo in difficoltà sul sentiero che conduce a questo villaggio. Lo ringraziamo perché è stato molto gentile, ma non vogliamo essere di troppo disturbo."
"Non siate sciocchi ragazzi! Forse da quando siete usciti di casa non vi siete nemmeno guardati allo specchio."
Il che era vero. Entrambi stavano bene fisicamente, anche se un po' stanchi e affamati. Tuttavia dopo tutte le peripezie che avevano dovuto affrontare, chissà come si erano ridotti. Non era poi così assurdo che quella gentilissima signora avesse reagito in quel modo, vedendoli.
Discussero ancora per poco. Margaret e Mark volevano dei figli, ma nonostante i loro numerosi tentativi non ne era mai arrivato uno, perciò ogni tanto se ne stavano con i bambini del villaggio lì vicino per fare merenda tutti insieme con le crostate di Margaret, e lei disse che si sentiva sempre felice quando succedeva perché era meno sola e poteva passare del tempo in compagnia di quelle creature vivaci. Dunque ospitare i due ragazzi non poteva essere nient'altro che un piacere, affermò con somma gioia. Tom e Zack si sentirono in imbarazzo di fronte a tutta quella servizievole cortesia, per loro già essere usciti vivi dall'incontro con quella strana creatura era abbastanza, ma a quanto pareva la donna non aveva intenzione di lasciarli andare, e quindi dato che ormai erano lì acconsentirono a rimanere per qualche giorno.
Il cavallo venne portato nella stalla a riposare con la zampa bendata, accanto a quello di Mark, e I due ragazzi si riposarono altrettanto. Sapere che qualcuno li aveva accolti in buona fede senza chiedere nulla in cambio, per pura gentilezza e bontà d'animo, era rincuorante e li aveva resi più fiduciosi nei confronti del mondo. La donna li invitò a lavarsi, dicendo che ne avevano un urgente bisogno, e dopo aver dato loro dei panni puliti prese i loro vestiti per togliere le macchie che vi erano sopra. Una volta entrati nell'acqua bollente della vasca tondeggiante, Tom e Zack ebbero la sensazione di sciogliersi. Era così bello tornare a fare un bagno caldo dopo tanti giorni passati a camminare!
Persino Tom che era paonazzo per la vergogna, nonostante avesse insistito per tenere addosso l'intimo, non poté fare a meno di sentirsi bene e rilassato. Non aveva mai fatto il bagno con qualcun'altro però, e non poté fare a meno di raccogliersi con le ginocchia vicine appoggiate al petto e il mento immerso nell'acqua. Zack guardò il suo amico accennando un sorriso alquanto divertito, ma non disse niente. La sua timidezza rendeva sempre le cose un po' più bizzarre. Decise allora di cominciare un discorso, tanto per fare in modo che Tom non si sentisse così a disagio, e quando gli chiese da dove provenisse la storia sui tre contadini che gli aveva raccontato quel pomeriggio, lui spiegò che in realtà era ispirata ad una poesia che aveva studiato a scuola durante letteratura. Ora che ci pensava, l'aveva raccontata anche a Rose e pure lei l'aveva trovata molto originale. Si disse che prima o poi le avrebbe scritto. L'aveva abbandonata così di punto in bianco, e da parte sua non era stato carino. Anche se lei aveva tentato più volte di intralciare il suo rapporto con Zack, due parole di spiegazione per quell'improvvisa scomparsa se le meritava. Era pur sempre una sua cara amica, e gli mancava un po'.
Dopo il bagno cenarono e parlarono un po' con Margaret, mentre Mark sparecchiava la tavola e lavava i piatti. Raccontarono ai due un po' ciò che avevano fatto fino a quel momento, e quelli risposero loro che li comprendevano perché da giovani avevano fatto qualcosa di simile. Si erano ritrovati davanti a tante difficoltà ma il loro amore li aveva tenuti sempre insieme e gli aveva permesso di affrontare con forza ogni situazione, e alla fine si erano stabiliti lì, in quel villaggio piccolo e tranquillo. A parte un figlio, non desideravano nient'altro e consideravano la loro vita ricca di gioia e felicità. Zack e Tom ascoltarmi volentieri, poi però quando Mark fece il primo sbadiglio Margaret annunciò che era arrivata l'ora di andare a dormire per tutti, e preparò un letto per i due ragazzi.
"È solo uno purtroppo. Questa doveva essere la stanza per nostro figlio, ma lui non è mai arrivato."
"Non si preoccupi, ha già fatto fin troppo per noi" rispose Zack accennando un sorriso.
Anche la donna li guardò con due occhi illuminati da tanta gratitudine, e diede loro la buonanotte contenta che quella stanza, almeno per quella notte, non fosse più vuota.
Quando la porta fu chiusa, Tom era già seduto sul letto ma Zack era rimasto in piedi a guardarsi intorno.
"Non sei stanco?" gli chiese, notando che l'amico non accennava a raggiungerlo. Alcune volte Zack si comportava in modo strano: un momento prima conversava allegro e spontaneo come solo lui sapeva fare, e quello dopo restava completamente in silenzio con lo sguardo perso nel vuoto.
Che ci fosse un qualche pensiero che non smetteva di tormentarlo?
"Pensavo di esserlo."
"Non lo sei più?"
"No, adesso no."
Tom si alzò in piedi e si avvicinò a lui.
"Che cos'hai?" gli chiese, con una leggera nota di preoccupazione nella voce.
"Niente Tom, stavo solo guardando un po' questa stanza. Siediti, non stancarti troppo che hai il ginocchio ferito" gli disse, ma non lo stava neanche guardando in faccia.
"Sta guarendo."
"Bene."
"Zack" disse Tom facendo ancora un passo verso di lui. Aveva cominciato a comportarsi in modo strano, e lui voleva saperne il motivo.
La spontaneità dell'animo di Zack era unica, Tom ritrovava in essa la gioia della vita e la sicurezza di avere qualcuno al suo fianco su cui poter contare nei momenti di difficoltà, persa quella Zack non era più Zack.
"Non guardarmi così" rispose lui. Tom era passato dall'abbassare lo sguardo ogni volta che i loro occhi si incrociavano, a mantenerlo quando diventava necessario. Aveva capito che c'era qualcosa che tormentava il suo animo, ed era determinato a scoprire che cos'era. Quanto era cambiato. Quanto quel viaggio, per quanto potesse sembrare la solita finta fuga di due ragazzini infelici che non sanno ancora niente della vita, l'aveva reso più forte.
"Non devi dirmelo per forza, se non vuoi" disse Tom "solo che magari..."
fece un sospiro.
Come poteva dirgli che voleva aiutarlo, che voleva farlo sentire bene così come Zack era riuscito a fare con lui?
"Non lo so. Vorrei solo fare qualcosa per farti sentire di nuovo felice come sempre" confessò alla fine.
"Tu mi fai già sentire felice."
"Ora non sei felice."
Zack rimase in silenzio per un attimo. Era vero, non si poteva certo dire che in quel momento fosse felice, ma Tom non c'entrava. Tom in tutta quella situazione, era forse il suo unico punto di riferimento a cui potersi aggrappare quando ogni cosa sembrava sfuggirgli di mano.
"Stavo solo pensando ad alcune cose."
"Che cosa?"
"Fai troppe domande, tu."
"Tu però non mi dai neanche una risposta."
Zack accennò un sorriso, ma fu quasi impercettibile. Era incredibile come avesse imparato a tenergli testa, eppure non lo faceva con arroganza. Anche quando gli rispondeva manteneva comunque quella timida ed elegante delicatezza, che Zack sentiva tranquillizzante.
Fece un altro momento di pausa, poi si disse che erano lì, e tanto valeva non avere più alcun tipo di segreto.
"Mi sento solo un po' strano. Io non ti ho mai parlato della mia famiglia nello specifico, però non mi ci trovavo per niente bene."
"Come mai?"
"Solo... non era una famiglia unita. Mio padre era molto concentrato sul lavoro e qualche volta diventava violento, mia madre pure. Mi sento un po' strano perché non ho mai avuto qualcuno che mi accogliesse così calorosamente a casa, con un bagno caldo e un letto ordinato e pronto. L'ho trovato... non lo so."
Tom non seppe che cosa rispondergli. Era convinto che l'amico si sentisse semplicemente solo, e il fatto che gli avesse detto una confessione così importante lo colpì parecchio.
"Non pensavo ti sentissi così."
"Sono cose che sono successe e basta, non si può fare niente per cambiarle."
"Sono già cambiate però. Adesso non sei più a casa tua, e non hai più bisogno di sentirti triste."
Zack alzò lo sguardo e lo fissò per qualche istante. Per quanto ingenuo fosse, aveva colto qualcosa.
"No... intendo..." continuò Tom, cercando di non sembrare troppo esterno a queste tematiche. Voleva dimostrare a Zack che lo capiva, che ci stava provando.
"Intendo solo dire che la situazione è cambiata, perché tu hai deciso che doveva cambiare. Magari ti sentivi sempre giù di morale e non volevi più stare nella tua vecchia casa, ma hai fatto qualcosa affinché ciò non accadesse ancora e per questo non devi sentirti infelice."
"Sì... ma... essere qui oggi, mi ha fatto semplicemente realizzare quante cose mi siano mancate nel mio passato."
Tom guardava gli occhi di Zack, e dentro di sè sentiva che lo capiva, almeno un po'. Sua madre era morta poco dopo il parto, ed era stata presente nella sua vita soltanto attraverso le parole del padre. Un padre che per quanto potesse dimostrarsi premuroso e gentile, non era mai stato davvero presente. Per tutta la vita aveva lasciato Tom a casa abbandonato a se stesso, incurante del fatto che l'unica cosa di cui aveva veramente bisogno era un poco di affetto, sostituito con denaro e comodità superflue. Tom sapeva che cosa significava crescere soli, sentirsi tagliati fuori dal mondo. Essere presente in tutti i luoghi e non sentirsi parte di nessuno, parlare con tante persone e non essere speciale per neanche una di loro, avere il cuore abbandonato e ferito, tanto da scrivere pucciando la biro in lacrime per poter raccontare tutto ciò che non è facile.
Tom lo capiva, ma la differenza stava proprio nel fatto che lui si trovava in questa situazione già da quando era nato, e anche se a volte ci rimaneva male perché faceva i paragoni con le famiglie dei suoi compagni di classe, crescendo ci aveva fatto l'abitudine e sviluppando una certa autonomia in seguito all'essenza dello stesso padre, aveva trovato da solo un modo per avere tutto il conforto di cui aveva bisogno: scrittura, disegno e tanti libri. Zack invece, una famiglia ce l'aveva, ma era come se non ci fosse mai stata, e questa consapevolezza faceva decisamente più male al suo cuore.
"Forse capisco come ti senti."
"Lo capisci?"
"Sì."
"Come fai a dirlo?"
"Perché mi sono sentito anch'io così qualche volta."
"Così come?"
"Abbandonato, forse. Ho avuto la sensazione di essere solo, come se fossi potuto andare in tutti i luoghi del mondo ma non esserne parte veramente di nessuno. Come se nessuno avesse fatto niente... per fare in modo che io me ne sentissi parte."
"É così in un certo senso. Ho veramente la sensazione di esser stato abbandonato per tutto questo tempo, di non aver avuto nessuno in grado di farmi sentire necessario per il mondo."
Tom pensò un attimo a ciò che il suo amico gli aveva appena detto, e sebbene si ci ritrovasse perfettamente, attese un momento prima di rispondergli.
Come poteva dirgli che se anche lui non era il "mondo", la sua presenza era stata necessaria e speciale?
"Dipende da che cosa intendi per -mondo-. Non si può essere necessari per il mondo in senso letterale, però a volte mi piace pensare che si possa essere necessari per rendere più bello il mondo di qualcuno."
"Non so se ho reso più bello il mondo di qualcuno, allora. Se avessi reso più bello il mondo dei miei genitori, probabilmente le cose a casa sarebbero andate in modo diverso."
Gli occhi dell'amico ora erano rivolti in basso, verso un punto indefinito nel vuoto, tuttavia brillavano di una fioca luce che in fondo, lasciava trasparire un po' di speranza per un futuro migliore. Che Zack non fosse stato del tutto risucchiato nel vortice del rimpianto e del tormento?
"Non so se hai reso più bello il loro mondo o meno, magari sono stati semplicemente incapaci di dimostrartelo."
"Non credo."
"Ora comunque non fai più parte del loro mondo, ti stai dando da fare per cambiare la situazione ed essere felice. Nulla ti vieta un giorno di tornare indietro, ma sarà solo una tua scelta."
"Tu dici?"
"Sì Zack, hai fatto quello che potevi e va bene così."
Zack annuì con un cenno della testa, quasi impercettibile.
"Per te Tom, la mai presenza è importante?"
Tom si irrigidì per un attimo.
"Sì" rispose, arrossendo appena sulle guance.
"Perché?"
"L'averti conosciuto ha reso la mia vita diversa. Non so come spiegarlo, ma l'ha cambiata completamente. Prima del tuo arrivo stavo sempre sulle mie, e anche se con Rose mi trovavo molto bene lei aveva comunque il suo gruppo di amiche, e io non mi sono mai sentito... come dire... parte di quel gruppo."
"Tom, scusami per la domanda, ma tu hai mai avuto un migliore amico?"
"No."
"Perché?"
Tom ci pensò un attimo. Non aveva mai riflettuto su questa domanda, semplicemente perché era così abituato a rapportarsi con le ragazze che non aveva mai sentito l'esigenza di allargare i suoi orizzonti. A scuola parlava con tutti, ma aldilà di quello non c'era mai stato niente. I ragazzi del suo villaggio non gli sembravano persone come lui, erano caratterialmente diversi. Erano più dinamici, più vivaci, e questo forse lo aveva bloccato un po'.
"Ho sempre parlato con tutti, ma non ho mai pensato di cominciare una vera e propria amicizia con i ragazzi della mia scuola. Loro... sono solo persone diverse da me."
"Diverse come?"
"Loro vanno spesso in bicicletta, giocano a calcio, escono la sera tutti insieme e vanno a bere nei locali,... io semplicemente non sono così. Nessuno sarebbe mai venuto con me a leggere o a disegnare nel bosco, e quindi ci sono sempre andato da solo."
Per quanto quelle parole nascondessero qualcosa di triste, Zack non poté fare a meno di sorridere. Guardava Tom e non poteva fare a meno di pensare a quanto fosse una persona speciale. Quanto lui fosse stato fortunato a trovarlo nel corso della sua vita, e ad averlo avuto al suo fianco per tutto quel tempo.
"Anche io sono diverso da te però."
"Con te mi trovo."
"Ti piace stare con me?"
"Sì."
"anche se siamo così diversi?"
Tom annuì con la testa.
"Adesso però ci stiamo sentendo allo stesso modo."
Era vero. Per quanto fossero diversi l'uno dall'altro i loro cuori battevano insieme,
e le loro anime si tenevano per mano.
Zack cominciò a lacrimare.
Realizzò ancora una volta che Tom non l'aveva mai abbandonato.
Si era sempre preoccupato per lui e gli era sempre rimasto vicino, persino quando gli aveva detto che voleva partire lontano senza sapere né dove né per quanto tempo, nonostante tutte le sue incertezze Tom l'aveva seguito. Il loro rapporto era un qualcosa di molto speciale, che andava ben oltre la semplice amicizia.
Tom gli asciugò una lacrima passandogli un pollice sotto l'occhio, e Zack lo strinse forte tra le sue braccia soffocando il pianto nell'incavo tra la spalla e il collo dell'amico. Tom gli accarezzava dolcemente la testa passandogli le dita tra i capelli, e per una volta fu ben felice di vedere che Zack, per quanto sicuro e spontaneo potesse sembrare, si era aperto con lui confessandogli che cosa non andava. Si stesero sul letto e rimasero ancora abbracciati. Zack ascoltava il dolce suono del cuore di Tom che batteva senza sosta, e Tom lo teneva affettuosamente avvolto tra le sue braccia. Lentamente poi, chiusero i loro occhi stanchi e si addormentarono.
Erano finalmente in un luogo sicuro.

Restarono in quella casa per qualche altro giorno ancora. Margaret era veramente brava a cucinare, e Zack si sentí profondamente triste quando si rese conto che benché la coppia fosse ben contenta di ospitarli, non potevano di certo rimanere lì per sempre. Impararono a preparare le crostate, mentre Mark era fuori per lavoro. Zack non se la cavava molto bene e i suoi impasti non venivano mai compatti, al contrario di Tom che invece aveva già una buona manualità.
Ci fu anche un pomeriggio in cui entrambi accompagnarono Mark a portare la lattuga a qualche creatura del bosco, ma ne videro solamente una un po' più piccola rispetto a quella che avevano dovuto affrontare loro, e che dormiva ai piedi di un grosso tronco.
Giocarono per un po' anche con il figlio della vicina di casa, ma era veramente troppo vivace e Tom faticava molto a starci dietro, Zack invece se la cavava piuttosto bene.
Tutto sommato erano stati dei giorni felici.
Era stato come prendersi una piccola pausa in una bolla tranquilla, lontana dall'agitazione e dalla frenesia del mondo, ma il loro viaggio non poteva fermarsi lì: dal momento che ormai ci erano dentro, tanto valeva continuare. Chissà quante altre avventure avrebbero vissuto, e quante nuove esperienze avrebbero sperimentato.
Salutarono Margaret e Mark, che non si fecero problemi a regalargli un paio di vestiti puliti e un cestino con un po' di cibo all'interno (sia per loro sia per il cavallo), e si avviarono.

Tom e ZackDove le storie prendono vita. Scoprilo ora