Gliel'aveva letto negli occhi.
Quegli occhi gonfi per i pianti continui, che finalmente dopo una lunga notte passata a tormentarsi erano riusciti a trovare un attimo di tranquillità.
Zack era incredulo perché vedere Tom al suo villaggio era l'ultima cosa che si sarebbe aspettato, soprattutto dopo la discussione violenta avuta con suo padre, e incuriosito era rimasto a guardarlo per un attimo. Non c'era bisogno di tante parole, perché già dall'espressione del suo viso aveva intuito perché fosse venuto fin lì. Doveva aver passato dei giorni d'inferno, chiuso nella sua stanza in compagnia solo di se stesso.
Quando Tom l'aveva visto, i suoi occhi si erano spalancati e avevano sorriso. Era felice di vedere Zack, e lui non poté fare a meno di sospirare, e non essere più frustrato.
Tom non era suo padre, e non c'era motivo di incolpare anche lui per quanto era accaduto. Tom aveva già patito abbastanza e da quel momento in poi la vita sarebbe ricominciata, così come dopo una lunga pioggia arriva il sole ad illuminare le montagne.
"Ciao" disse Tom parlando per primo.
"Ciao" rispose Zack, mantenendo comunque una certa distanza dall'amico.
"Perché sei venuto qui?" gli chiese, dopo qualche attimo di silenzio.
Tom non rispose subito. Restò immobile stringendo il quaderno che si era portato.
Era semplicemente andato via di casa, con il desiderio di non guardarsi indietro e non tornare mai più. Quella costante sensazione di oppressione e controllo che chi gli stava intorno esercitava su di lui, non voleva provarla ancora per nessun motivo. Al solo pensiero gli venivano le lacrime agli occhi. Voleva soltanto essere padrone della propria vita, e sentirsi libero.
Libero di uscire dal villaggio, libero di essere amico di Zack senza mentire a nessuno, libero di vedere tutte le cose meravigliose che il resto del mondo aveva da offrire, libero di decidere quando stare a casa e quando andare fuori.
Voleva sentirsi così.
Voleva essere felice, tuttavia non sapeva come dirlo a Zack.
Era stato lui a suggerirgli di andare via. Era stato lui a proporgli di partire insieme, e trovare altrove un motivo per essere felici. Eppure pensare davvero di essere andato via senza dire niente a nessuno, senza rifletterci sul serio, uscire di nascosto in preda alle emozioni, di notte dove sarebbe potuto accadergli di tutto... pensare davvero di essere "scappato"... lo faceva apparire come una persona irresponsabile da ogni punto di vista.
"Rispondi alla mia domanda" disse Zack sospirando, impaziente.
"In questi giorni ho pensato molto a quello che mi hai detto" rispose Tom.
"Quello che ti ho detto?"
"Sì, l'ultima volta che ci siamo visti sei venuto a casa mia per chiedermi di partire insieme e andare da qualche altra parte, lontano dai nostri villaggi"
"Sì, me lo ricordo"
"Ecco..." fece un momento di pausa "ci ho pensato molto"
"E quindi?"
"All'inizio mi sembrava assurda l'idea di prendere e andare, e non volevo farlo"
"Me lo ricordo"
"Ma... mi sono reso conto di stare male davvero, come hai detto te. Ho passato questo ultimo periodo a casa, e con mio padre non andavo neanche d'accordo perché anche solo la sua presenza mi faceva sentire a disagio."
Zack Non spronò l'amico a continuare e rimase ad attendere il seguito del discorso. Lui situazioni del genere le viveva tutti i giorni, ma per Tom si trattava di una situazione completamente nuova. Stava prendendo consapevolezza, si stava rendendo conto di quanto la vita potesse essere difficile alcune volte, e provava ad affrontarlo come meglio credeva. Per questo Zack per un attimo si sentí accecato dall'invidia. Perché lui non era abituato, e si stava comportando come se gli stessero accadendo le cose peggiori del mondo. Pensava a Oliver, costretto ad andarsene dal villaggio e alla poca comprensione che avevano avuto i genitori nei suoi confronti, reagendo quasi come se fosse un evento di poco conto senza la minima importanza, e riuscí a trattenere le lacrime.
"Hai detto che sarebbe stato meglio andarsene altrove, dato che qui non avevamo più alcun motivo per essere felici"
"Quindi stamattina sei venuto a cercarmi per dirmi questo?"
"Sono uscito di casa stanotte."
Zack era incredulo. Quando aveva proposto a Tom di partire, sembrava non volesse sentire ragioni. Era convinto di non poterlo fare, eppure aveva trovato il coraggio di uscire la notte per andare via.
"Sei uscito di notte?"
"Sì" rispose imbarazzato.
"Da solo?"
"Sì"
"È un po' da incoscienti non credi?"
"Sì" disse quasi in un sussurro e abbassò la testa. Nel momento in cui attraversava il bosco per raggiungere il villaggio di Zack, non era riuscito a realizzare quanto effettivamente stava accadendo. Ma al sorgere del sole, di fronte a Zack, si stava rendendo conto della sua imprudenza, e se ne vergognava. Probabilmente agli occhi dell'amico, stava apparendo come una persona che non è in grado di badare a se stessa e prendere decisioni appropriate, nonostante stesse cercando di fuggire proprio da una situazione dove le persone lo consideravano così e decidevano per lui.
"Ti sei pentito?"
"Di cosa?"
"Di essere arrivato fin qui"
Tom fece segno di no con la testa.
"Zack io ero molto triste, forse sono stato un po' imprudente ma volevo solo andare da qualche altra parte."
Zack annuí. Anche lui era molto triste, anche se non lo diede a vedere. Era stato lui a proporre la fuga, e dal momento che Tom era piombato lì a dirgli che aveva accettato, doveva assumersi le sue responsabilità.
"Quindi sei d'accordo con quello che ti avevo detto? Vuoi davvero andare via?"
Tom annuí con la testa. Non sapeva a che cosa sarebbe andato incontro, e fece quella scelta... possiamo dire in modo totalmente inconsapevole. Aveva sempre vissuto sotto la protezione di suo padre, che dopo la morte della moglie aveva cercato costantemente di tenerlo sotto controllo e tenere a bada la sua curiosità, per cui tutto ciò che si trovava al di là del villaggio era completamente sconosciuto.
- A volte la curiosità e le forti emozioni superano il buon senso - pensó Zack.
Ma lui capiva. Capiva Tom e le sue ragioni, perché anche per lui qualunque cosa sarebbe stata meglio che restare nel suo villaggio. Guardava gli altri ragazzi, i suoi vecchi compagni di classe con cui era cresciuto, e li sentiva particolarmente lontani.
Cercava Oliver in ognuno di loro.
Le serate passavano in totale solitudine, ascoltando dalla sua stanza i suoi genitori discutere. Suo padre era stressato perché da quando Oliver se n'era andato doveva ancora trovare un sostituto e il lavoro aumentava giorno per giorno. Sua madre invece era assente. Restava in quella casa, usciva, faceva la spesa, chiacchierava con le altre signore, puliva, ma non sarebbe andata avanti così per molto.
Forse aveva trovato un altro uomo.
Forse stava progettando di andare via pure lei, dato che con loro non sembrava più felice.
- Tanto meglio per lei - aveva pensato Zack a malincuore. Avere una madre comprensiva e affettuosa era un'idea inesistente che non si sarebbe mai realizzata. E ogni volta che ci pensava, il suo cuore soffriva. Sentiva una spiacevole sensazione allo stomaco, e un nodo in gola. Ma piangere non sarebbe servito a niente.
Tanto valeva lasciarla andare.
Tanto valeva lasciar andare tutti, e ricominciare da zero.
"Ho capito."
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Tom e Zack
FantasyEra una fredda mattinata d'inverno, e Tom se ne stava seduto su una sedia accanto al camino. Fuori nevicava, e i versanti delle montagne erano ricoperti da un manto bianco uniforme. Il calore del fuoco che ardeva sulla legna, era un sollievo per lui...