Capitolo 12

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Quella notte Zack sognò di trovarsi sul sentiero di un bosco con un'insieme di brevi assi in legno legate sulle spalle. Stava camminando lentamente per via del peso, ma il suo villaggio era vicino e il pensiero che di lì a poco si sarebbe potuto riposare lo spingeva ad andare avanti. A sinistra in lontananza si vedevano le cime innevate delle altre montagne, mentre a destra c'erano i tronchi alti e grossi degli alberi spogli in una tipica giornata d'inverno. Faceva freddo, ma l'unico indumento che lo copriva e gli concedeva un leggero sollievo era la giacca.
Ad un certo punto venne sorpassato da un cavallo che portava sulla sua schiena una persona e un sacco pieno di stoffe pregiate provenienti da tutti i territori del mondo. In realtà il cavallo lo stava seguendo da molto tempo, solo che era troppo lontano per far sì che Zack udisse il suono degli zoccoli che calpestavano l'unico sentiero dove si potesse camminare liberamente senza essere intralciati dalla neve che copriva il terreno circostante del bosco come un vasto e soffice mantello bianco. Si fermò un momento in preda alla fatica e alzò il viso per vedere chi fosse colui che lo aveva superato senza alcuno scrupolo e, dopo aver fatto un paio di respiri profondi, notó con suo grande stupore che si trattava di Tom. Indossava pantaloni lunghi visibilmente in seta, segno che indicava aver raggiunto la maggior età mentre Zack era rimasto ancora un semplice ragazzo, era coperto da una giacca calda e al collo portava la sua solita confortevole sciarpa.
"Tom" disse, e quello si fermò. Zack era sicuro che i due avessero la stessa età, eppure quando lo guardò meglio si rese conto che i lineamenti del viso di Tom erano cambiati in maniera così lieve che probabilmente se non lo conoscesse personalmente non lo avrebbe neppure notato. I suoi occhi parevano assenti e non più curiosi come quelli che conosceva lui, e al suo richiamo, il corpo dell'amico non aveva avuto alcuna reazione. Le sue guance non si erano arrossate, la sua bocca non si era allargata in un timido sorriso e non aveva nascosto il suo naso nel tessuto della sciarpa come faceva di solito quando stavano insieme. Era rimasto con la schiena dritta e la faccia composta, quasi come se ormai la voce di Zack non avesse più su di lui alcuna influenza.
"Tom" lo richiamò ancora.
"Che cosa c'è?" gli chiese in tono calmo, ma Zack ne rimase turbato. Tom non si era mai rivolto a lui in quel modo.
"me lo dai un passaggio?" chiese spontaneamente, ignorando il comportamento strano dell'amico.
"perché?"
"devo trasportare tutto questo legno fino al mio villaggio, manca poco ormai"
"E allora fallo da solo"
"Ma sono stanco. Portami sul tuo cavallo"
"Non posso"
Zack fece una pausa in silenzio. Raramente rimaneva senza parole, però non comprendeva proprio perché Tom non potesse accompagnarlo al suo villaggio in sella al cavallo.
"Perché?" gli chiese, non sapendo cos'altro rispondere.
"Perché noi non siamo uguali"
"Però siamo amici"
"Non credo"
"Non lo credi? Perché?"
"Perché noi non siamo uguali"
Zack fece un sospiro. Il legno sulla sua schiena pesava e intrattenere una conversazione con Tom lo stava stancando ancora di più, soprattutto perché l'altro non si decideva a spiegarsi meglio ripetendo la stessa frase per due volte.
"Lo hai già detto"
"Lo so, ma è così"
"Perché è così? Perché noi non siamo uguali?"
"Io sono più avanti di te, e continuerò ad andare avanti"
"Non puoi portarmi avanti con te allora? Ti sto chiedendo solo un passaggio"
"Non posso dartelo"
"Puoi darmi un buon motivo per cui dovrei crederti?"
"Io con la stoffa guadagno più denaro di te con il legno. Posso pagare tutti i passaggi che mi si presentano lungo la strada per poter passare, te invece non puoi e resti indietro"
"Posso raggiungerti correndo se voglio"
"Non puoi, hai tutto quel legno sulle spalle"
"E quindi?"
"A malapena riesci a camminare"
Zack rimase ancora in silenzio. Guardò Tom negli occhi, ma sembravano privi di qualsiasi emozione. Cominció a pensare che forse si trattava di un'altra persona che aveva soltanto preso le sue sembianze, perché se si fosse trattato davvero del Tom che conosceva lui non si sarebbe mai permesso di rispondergli in quel modo e di guardarlo dall'alto in basso come se fino a quel momento non fossero mai stati amici.
"Fammi salire sul tuo cavallo" gli disse poi, innervosito.
"Non posso, perché noi non-"
"Perché noi non siamo uguali. Lo so, me lo hai già detto. Però a te non interessa questo, tu mi hai sempre accolto al tuo fianco senza badare a quante ricchezze io possedessi e siamo andati avanti insieme"
Tom sembrò colpito da quell'improvvisa affermazione tanto da non sapere che cosa rispondere e Zack avvertí dentro di lui accendersi una piccola luce di speranza.
"Perché non possiamo andare avanti insieme, anche questa volta?" gli domandó infine, convinto che dopo quella frase Tom non sarebbe più stato in grado di ribattere e avrebbe ceduto.
"Mio padre non vuole"
"Perché?"
"Ha detto che le persone come voi rimangono senza alcuna ricchezza perché non sanno che cosa significa lavorare seriamente, spaccarsi la schiena tutto il giorno per portare il pane a casa"
"Ma-"
"La gente come voi non merita rispetto, siete solo la feccia della società"
Zack rimase contrariato. Pensò che quello che stava dicendo Tom fosse assurdo da ogni punto di vista, però non lo disse.
"Ma questo non è ció che pensi anche tu, vero? Altrimenti non mi avresti mai accettato per quello che sono"
"Il mio parere non è importante" rispose impassibile.
"E invece sì! È la tua vita e devi-"
"Non devo niente" lo interruppe Tom bruscamente "sono d'accordo con lui"
"Non è vero, tu non lo sei"
Zack rimase in attesa di una risposta, ma Tom si limitò semplicemente a guardarlo dall'alto del suo cavallo. Era come se fino a quel momento avesse detto solo risposte non sue memorizzate in precedenza da qualcun altro, ma arrivati a quel punto Zack aveva detto una cosa in maniera molto esplicita senza troppi giri di parole e Tom sembrava esser stato colto alla sprovvista. Si era permesso di dire ciò che Tom pensava senza farsi alcuno scrupolo e immaginò di essersi comportato in maniera troppo invadente ma l'amico non era offeso. Aveva lo sguardo totalmente assente fisso sul volto di Zack e senza le loro voci sembrò esser calato il silenzio in tutto il bosco.
"Hai ragione, non lo sono" disse infine svegliandosi dai suoi pensieri, e quasi come se il cavallo avesse intuito la conclusione della loro conversazione si voltò e proseguí in avanti, con Tom a cavalcioni sulla sua schiena.
Non se ne stava semplicemente andando, ma lo stava lasciando abbandonato a se stesso. Tom era cresciuto, aveva i pantaloni lunghi e uno sguardo spento che solo alcuni adulti i quali vivono la vita perché devono hanno. Lo stesso sguardo di quelle persone che permettono alla corrente di portarli via, che si lasciano travolgere dalle circostanze e seguono passivamente il loro percorso senza esserne davvero protagonisti. Lo stesso sguardo di chi ha perso la timidezza, la gentilezza, la curiosità, la speranza e una ragione per essere felice. Uno sguardo gelido e assente che Zack aveva visto su tante persone, ma mai su di lui e alla fine, come Tom gli aveva detto, era andato avanti, sarebbe continuato ad andare avanti in sella al suo cavallo e a crescere secondo le indicazioni di qualcun altro mentre Zack sarebbe rimasto in quel bosco in eterno, restando un semplice ragazzo con i pantaloni corti e le spalle che urlavano dal dolore, dalla pesantezza di quei pezzi di legno che tanto desiderava portare al villaggio.
Rimase fermo a guardarlo, fino a quando non diventò una sagoma sempre più piccola.
"TOM" urló ad un certo punto, anche se sapeva che l'altro ormai non poteva sentirlo. E anche se avesse potuto, non si sarebbe girato nemmeno a guardarlo.
"TOM AIUTAMI" gridò di nuovo con le spalle gli dolevano molto.
"TORNA INDIETRO E NON..."
Questa volta non riuscì a terminare la frase e cadde in ginocchio sul terreno. Era privo di neve, tutta accumulata ai bordi per lasciare libero il sentiero, ma gli sembrò tremendamente freddo. Gli pareva di non riuscire più a reggere il peso del legno che portava sulla schiena e se non avesse avuto la forza di reggersi con le braccia sarebbe finito sdraiato al suolo. Era in procinto di dire qualcos'altro, ne era certo, ma le parole non gli uscivano dalla bocca. Era come se la sua voce fosse stata cancellata.
In preda alla disperazione, si svegliò di soprassalto.
Aveva il volto sudato e il cuore che batteva forte nel petto. Era consapevole di star sognando, ma gli sembrava tutto così reale che avrebbe potuto toccarlo con mano. Forse il discorso che aveva ascoltato da suo padre la sera precedente lo aveva preso troppo sul personale dato che riguardava il villaggio di Tom, anche se non era la prima volta che l'uomo si lamentava di persone che semplicemente erano più benestanti di lui e non gli era mai capitato di farci un sogno a riguardo. Guardò sospirando fuori dalla finestra e notó che il cielo era ancora scuro. Di lì a breve sarebbe sorto il sole, però quel giorno non doveva lavorare e poteva permettersi di dormire qualche ora in più.

Al mattino, quando iniziarono a sentirsi le voci dei bambini che preferivano giocare in strada con il pallone piuttosto che andare a scuola e i suoni delle porte dei negozi che aprivano, Zack si alzò dal letto spalancando la bocca in un grande sbadiglio. Da quando aveva fatto quel sogno non era riuscito più a chiudere occhio. Si era detto che alla fine si trattava solo di un sogno e non c'era motivo di pensarci tanto, però molte caratteristiche corrispondevano alla realtà e non era certo di riuscire ad accettarle. Tom non gli avrebbe mai detto cose come quelle in modo così disinvolto, era troppo timido per riuscirci e non le pensava veramente. Lo aveva sempre trattato con gentilezza, ascoltato con attenzione e insieme erano andati fino al lago, avevano mangiato la crostata e camminato fianco a fianco nel bosco. Tom non lo avrebbe mai trattato in quel modo, eppure Zack si sentiva ugualmente preoccupato. Si diresse in cucina, dove vide sua madre intenta a sistemarsi i capelli in uno chignon. Era una donna bella ed elegante, anche lei però portata via dalla corrente della vita.
"Vuoi la colazione?" gli chiese senza guardarlo.
"No"
Neanche la sera precedente aveva mangiato, però sua madre parve non notarlo e non insistette ulteriormente. Se il figlio non voleva mangiare, nessuno avrebbe dovuto preparargli del cibo quindi tanto meglio per lei. Zack rimase per qualche secondo fermo ancora a guardarla e si chiese che cosa avrebbe fatto lei quel giorno.
"Esco a fare un giro" le disse, ma la donna non gli rispose. Si limitò a fare un cenno con la testa per acconsentire anche se sapeva che il figlio sarebbe uscito comunque indipendentemente dalla sua risposta. Quando fu rimasta sola, si rese conto per l'ennesima volta che come madre non aveva più alcuna autorità, ne tantomeno come moglie. Si era ritrovata con un marito che cercava di soddisfarsi altrove e che non l'amava. Scontroso e violento com'era, preferiva trascorrere le serate con i suoi colleghi discutendo di affari e poi finendo a bere interi boccali di birra ridendo e scherzando. Per quanto riguardava Zack, gli voleva bene ma lo sentiva ogni giorno più distante, quasi come se fossero sempre stati legati con una corda che piano piano andava sciogliendosi. Era un ragazzo vivace sin dai tempi dell'infanzia, quando dava fastidio agli altri bambini perché si annoiava a stare seduto su un banco di scuola, spontaneo e che tendeva ad essere più indipendente di quel che doveva. Raramente faceva ciò che gli veniva detto, tranne per quanto riguardava la falegnameria che mandava avanti con Oliver quando suo padre non c'era senza contestare. Era a causa di questo suo lato sin troppo autonomo che si era ritrovato con il corpo coperto di lividi. Ad esempio quando non accettava di dare i suoi soldi ai ragazzi più grandi del villaggio o quando si rifiutava di ascoltare il padre. Preferiva tornare a casa con la schiena graffiata o un occhio viola, piuttosto che sottostare alle regole di qualcun altro. Zack era uno spirito libero che non aveva bisogno di nessuno per poter andare avanti, nemmeno di lei.
Ormai però, quella vita che l'aveva tanto fatta soffrire era agli sgoccioli e ben presto avrebbe smesso di sottostare agli ordini di qualcun altro. Avrebbe smesso di lasciarsi trasportare dalla corrente della vita, seguire passivamente il corso degli eventi e aspettare qualcosa che probabilmente non sarebbe mai arrivato, per ricominciare a vivere.
Nel frattempo, Zack era quasi arrivato al bosco. Avrebbe potuto trascorrere il suo giorno libero in qualche altro modo più divertente, magari andando con Oliver a tirarsi la neve o giocare a pallone, ma di divertirsi e fingere una faccia contenta non se la sentiva proprio. Con le mani nelle tasche e i pensieri altrove si incamminò lungo il sentiero costeggiato da alti alberi innevati che aveva percorso così tante volte, poi tese l'orecchio e ascoltò il dolce suono del silenzio. Intravide accanto ad un albero dalla corteccia molto spessa due bambini seduti uno accanto all'altro nella neve con le ginocchia al petto, stavano parlando di qualcosa che Zack non riuscì a capire, però doveva trattarsi di un argomento molto interessante dal momento che entrambi sembravano così spensierati e coinvolti nella conversazione. Capitava che ogni tanto durante il tragitto vedesse qualcuno venuto nel bosco per godersi un po' di pace e calma, o anche semplicemente per ritrovare se stesso lontano dalla vita complicata del villaggio però lui preferiva andare sempre più infondo, laddove non c'era nessuno. Continuò a camminare affondando le scarpe nella soffice neve bianca, con le ginocchia arrossate e le mani infreddolite.
Giunse al corso d'acqua cristallina che lo separava dal villaggio successivo e si fermò. Di fronte a lui c'era ancora la grande roccia dove c'era Tom la prima volta che si erano incontrati. In quel momento era seduto con le gambe strette quasi come se avesse paura di ingombrare spazio ed essere di troppo fastidio, sulle ginocchia teneva un album con i fogli bianchi e la mano destra disegnava i dettagli seguendo il corso della sua immaginazione. Poi lui lo aveva salutato, Tom aveva alzato la testa sussultando e le sue guance erano diventate paonazze. Gli sembrava quasi di vederlo davanti a sè, al di là del fiume.

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