Non vedeva piú niente.
Aveva pianto così tanto che la vista gli appariva offuscata e confusa, tanto da non riuscire nemmeno a scorgere con chiarezza i bordi del cuscino.
I suoi occhi apparivano rossi e gonfi, come quelli di chi ha esaurito le lacrime e ormai non ha più niente da versare.
Perché era questo che Tom aveva vissuto quella notte.
Accovacciato nel letto della sua stanza sotto le coperte, non era riuscito a trattenersi. Aveva affondato la testa nel cuscino e si era tirato la coperta fin sopra al collo, perché anche se era da solo non desiderava altro che nascondersi e sparire.
Quanto tempo era passato non lo sapeva, quelle ore di profonda tristezza gli erano parse interminabili. Era come se nonostante avesse già pianto nel pomeriggio c'era comunque un motivo per fargli sentire il bisogno di piangere ancora.
Perché non poteva fare nient'altro.
Suo padre era nella stanza accanto che dormiva, inconsapevole del mostro che man mano stava divorando suo figlio, e Tom che piangeva e piangeva in silenzio.
Fuori le luci del villaggio erano ancora spente e tutti dormivano sogni tranquilli e inconsapevoli. C'erano tanti puntini luminosi nel cielo, le stelle, che sorridevano dall'alto e vegliavano sulle case.
Non su Tom però. In quel momento nessuna stella gli era vicina, nessuna stella gli sorrideva, nessuna stella lo aveva aiutato quando soffocava i suoi respiri sull'orlo della disperazione.
Gli tornò in mente il volto di Susanna, la sua vecchia vicina di casa ormai morta.
Tra tutte le persone del villaggio che aveva incontrato, lei era l'unica che avesse davvero l'aria di vita. Lei non si era accontentata del suo villaggio, sebbene avesse tutto ciò di cui aveva bisogno una ragazza di quel periodo per poter vivere e soprattutto sopravvivere alla guerra tra Oriente e Occidente. Susanna aveva trovato la sua felicità in un ragazzo che viveva nella fazione opposta, e noncurante di ciò ceh avrebbero potuto pensare gli altri lo vedeva in segreto nei boschi. Sicuramente non era quello il modo in cui le persone sognano la loro storia d'amore, tuttavia erano felici. Non era necessario avere quattro mura dove rinchiudersi per stare al sicuro e tutte le ricchezze del mondo, a loro bastava solo guardarsi negli occhi e scambiarsi dolci parole d'amore. Lei era l'unica persona che aveva avuto il coraggio di sfidare le circostanze in cui viveva, i conflitti tra i popoli, i pregiudizi e le regole della società per inseguire ciò che le riempiva il cuore di gioia. E questo la rendeva una persona che non si era piegata alle avversità e aveva vissuto pienamente la vita.
Chissà perché gli era tornata in mente quella storia proprio in quel momento.
Tom desiderava essere come lei.
Determinato ad inseguire la felicità anche a costo di essere giudicato, vedere con i suoi occhi tutte le meraviglie che il mondo fuori dal suo villaggio aveva da offrire, abbracciare Zack e dirgli che lui era suo amico, che ci teneva alla loro amicizia. Zack non l'aveva mai trattato come il ragazzo troppo timido per far sentire la sua voce, come quello incapace di decidere, come quello da proteggere.
Se Zack era arrabbiato con Tom gli urlava contro senza trattenersi apposta, ascoltava con interesse le trame dei libri che leggeva senza considerarlo una perdita di tempo, camminava al suo fianco e trascorreva volentieri del tempo con lui senza badare alle differenze sociali ed economiche.
Qualunque cosa fosse successa, Tom voleva stare con Zack.
Ci aveva provato. A distrarsi, a pensare ad altro, ma non poteva ingannare se stesso.
Lui con Zack stava bene, e quando sapeva che si sarebbero visti era più contento del solito. Era una verità che non poteva negare.
A questo pensava, mentre continuava a piangere silenziosamente sul suo letto.
Era stanco. E a volte la stanchezza ti porta ad agire come se non avessi più nulla da perdere, e a credere che tanto più in fondo di così non puoi arrivare.
Se il suo destino era quello di vivere una vita come quella, in un costante stato di vuoto e solitudine, allora Tom avrebbe preferito morire. Era dispiaciuto di pensarla in quel modo perché c'erano delle ragioni per cui valeva la pena andare avanti.
I posti che voleva visitare, le risposte a tutte le domande nella sua testa da trovare, nuove emozioni ancora da provare.
Ma quella che stava vivendo lui sicuramente non si poteva chiamare "vita". Era solo un'esistenza priva di qualsiasi emozione, triste e monotona.
La monotonia è ciò che spegne una persona.
Tom non si voleva sentire oppresso mai più.
Non voleva più vivere ciò che stava vivendo in quel periodo, dove ogni momento della giornata sembrava buono per piangere e persino i sogni erano tormentati da cattive emozioni.
Si asciugò le lacrime con la manica del pigiama. Gli occhi erano gonfi e gli bruciavano lievemente.
Guardò con leggero imbarazzo il cuscino bagnato, e si disse che prima o poi avrebbe dovuto imparare a darsi un contegno.
Si alzò e si vestì silenziosamente. Prese qualche soldo dal suo cassetto, e il suo quaderno. Non voleva che suo padre durante la sua assenza lo trovasse e lo leggesse. Mentre camminava verso la finestra, il cuore gli batteva così forte nel petto che per un attimo temette di poter svegliare suo padre, ma dai respiri rumorosi che provenivano dalla sua stanza capí che stava dormendo profondamente.
La aprí e provando ad imitare Zack sgattaiolò fuori con un goffo balzo. La caduta non fu particolarmente facile, infatti dovette aiutarsi con le mani per non cadere in avanti e si sbucciò un ginocchio. Anche questo fu motivo imbarazzo, per fortuna però tutti dormivano ancora e nessuno l'aveva visto.
Il villaggio a quell'ora della notte regalava un'atmosfera diversa, più tranquilla e famigliare.
In quel piccolo angolo tra le montagne regalava il silenzio più assoluto. La luna alta nel cielo illuminava la strada principale.
Tom affondò il naso nella sciarpa che si era avvolto attorno al collo, e con le mani nelle tasche iniziò a camminare.
Camminò sulla strada, perché era il punto dove la neve spostata ai margini era assente e non avrebbe lasciato impronte visibili.
Svoltò l'angolo e proseguí ancora fino a quando non giunse al bosco.
La pace di quel luogo era un qualcosa di meraviglioso. All'inizio del tragitto era stato sul punto di tornare indietro, ma arrivato a quel punto tanto valeva andare avanti e continuare. Non aveva più nulla da perdere e al villaggio nessuno pareva preoccuparsi della sua felicità.
Respirò profondamente nell'aria gelida della notte, e nel buio mantenendo le braccia in avanti per non scontrarsi con gli alberi proseguí. Bastó ascoltare il suono dell'acqua cristallina che scorreva nel ruscello e andare sempre dritto.
- Che cosa sto facendo? - si chiese. Anche solo il giorno prima, se qualcuno gli avesse detto che sarebbe uscito dalla finestra nel cuore della notte non ci avrebbe creduto. Consapevole del fatto che probabilmente avrebbe rimesso piede nel suo villaggio soltanto in un futuro lontano, Tom era uscito dalla finestra senza nemmeno passare a salutare suo padre un'ultima volta. O Rose, magari. Sarebbe bastato un semplice sguardo, ma non aveva voluto.
Era arrabbiato, triste, deluso.
Quel villaggio dove aveva sempre vissuto, diventava lontano ad ogni passo.
Si trasformava lentamente in un ricordo offuscato e impreciso, che sarebbe sopravvissuto al massimo nella sua memoria.
Aveva fatto una scelta, seppure in modo quasi inconsapevole.
Aveva deciso di andarsene forse solo per sfuggire alla continua monotonia in cui era capitato, perché stanco di sentirsi costantemente tormentato da qualcosa aveva sentito il bisogno di allontanarsi, o forse stava seguendo ciò che nel profondo della sua anima desiderava ma che non aveva mai avuto il coraggio di rendere esplicito.
Tom non lo sapeva.
Continuava a camminare, ancora pieno di paure ed incertezze, ma non sapeva il perché.
Tornare indietro non voleva, il solo pensiero lo preoccupava.
Però anche andare avanti era complicato, soprattutto perché non sapeva a che cosa sarebbe andato incontro.
Gli venivano i brividi.
Rabbia, delusione, paura e rimpianto, il pensiero di provare nuovamente queste emozioni era ancora più spaventoso del bosco buio e calmo.
Passò vicino ad una grosso e vecchio albero e si sedette. Da là si vedeva il villaggio di Zack, ma non ricordava dove fosse la sua casa, perciò aspettò fino a quando non spuntò il sole. Rimase seduto con le ginocchia al petto riscaldato dalla sciarpa, e troppo agitato per dormire guardò meravigliato l'alba.
Sarebbe stato il momento giusto per scrivere qualcosa sul suo quaderno, ma non aveva portato alcuna penna. Si limitò a sfogliarlo e a rileggere le cose che già aveva scritto, e i disegni.
Camminò al villaggio successivo, come aveva fatto l'ultima volta. I bambini per le strade non c'erano ancora, ma davanti al panificio c'era già la fila per il pane e molte persone che si mettevano già al lavoro.
"Dai andate andate!" Stava urlando un uomo dentro ad un locale, e fuori uscirono altri quattro uomini. Tom capí che erano ubriachi perché non riuscivano a formulare una frase di senso compiuto, inoltre avevano le guance rosse e camminavano barcollando, probabilmente a causa di tutto l'alcool bevuto la sera prima. Si mantenne alla larga.
Camminò ancora e ancora, passando più volte davanti alla falegnameria già aperta, ma di Zack non c'era nemmeno l'ombra. Si sedette alla panchina lì vicino e restò a guardare le persone che passavano.
Lì realizzò per la prima volta ció che aveva fatto. Sembrava brutto dirlo, ma era scappato di casa. Mai si sarebbe aspettato di fare una cosa del genere, e chissà se suo padre se n'era già accorto.
Pensava di sentirsi in colpa per quello che aveva fatto, ma non era così.
In realtà, non provava alcun tipo di emozione al riguardo, ma solo un grande senso di vuoto e inutilità. Forse perché era una cosa talmente nuova che serviva molto tempo per esserne davvero consapevoli.
Non sapeva quanto tempo fosse passato, ma che cosa importava più?
Doveva essere quasi l'ora di pranzo, dal momento che al locale alcuno tavoli erano banditi con polenta ed insalata.
Tom si voltò, e notó Zack in lontananza. Passava spesso da quelle parti, anche se non doveva lavorare in falegnameria. la prima volta che era venuto al villaggio l'aveva visto proprio in mezzo a quella strada.
Stava venendo in quella direzione ma si era fermato. Doveva averlo notato anche lui, e per la sorpresa era rimasto immobile e si era limitato a guardarlo con attenzione.
I due si scambiarono un'occhiata.
Si erano lasciati in modo spiecevole l'ultima volta che si erano incontrati, ma Tom non poté fare a meno di sentirsi felice.
Forse quella era la prima volta da parecchi giorni in cui stava provando un'emozione positiva sincera.
Zack invece non accennava ad alcun sorriso, piuttosto pareva incredulo.
Probabilmente, aveva già capito.
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Tom e Zack
FantasyEra una fredda mattinata d'inverno, e Tom se ne stava seduto su una sedia accanto al camino. Fuori nevicava, e i versanti delle montagne erano ricoperti da un manto bianco uniforme. Il calore del fuoco che ardeva sulla legna, era un sollievo per lui...