Capitolo 32

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Camminarono fino a quando il cielo non fu completamente illuminato dalla luce fioca del sole. Sebbene fosse passata qualche ora, avevano proseguitò veramente poco.
Forse era stata l'euforia del momento che li aveva fatti sentire così vivi, così pieni di energia e voglia di cominciare qualcosa di nuovo, ma adesso che tutto era passato si sentivano stanchi, e anche affamati.
Non avevano più nulla, poiché quando avevano lasciato la scena con il carro distrutto, anche le poche cose che si erano portati erano andate perse, compresi i libri che Tom aveva acquistato con tanto entusiasmo.
C'era silenzio.
Si fermarono a riposare un po' accanto ad un ruscello che scorreva tra le rocce. Non valeva la pena proseguire se tanto erano così privi di forze, la strada che avevano percorso era sufficiente per stare lontani dal punto in cui avevano visto l'uomo sconosciuto morire.
Quella scena raccapricciante era ancora viva davanti ai loro occhi, nei loro pensieri, nel loro stomaco che pareva capovolgersi ogni volta che ricordavano il volto ripugnante di quella strana creatura, con i bulbi neri e i brandelli del corpo tra i lunghi denti gialli.
Si accomodarono sulla riva di quel ruscello, uno accanto all'altro. Il sangue incrostato sui loro vestiti era putrido. Emanava un fetore tale da far vomitare.
"Dobbiamo lavare i vestiti" disse Zack dopo qualche attimo di silenzio, poi fece per togliersi la maglietta.
"Zack!" urlò immediatamente Tom, e l'amico si fermò all'istante.
"Che cosa c'è?"
"Non puoi... toglierti i vestiti, fa freddo."
"Non possiamo restare fermi così Tom, io questo odore non lo sopporto più."
Tom sapeva che Zack aveva ragione, ma oltre a far freddo l'idea di spogliarsi davanti a lui lo imbarazzava.
"Non voglio farlo."
"Entriamo nell'acqua allora, e proviamo a toglierci questa roba di dosso." suggerì Zack tendendo una mano verso Tom.
I due entrarono nell'acqua gelida del ruscello, ma si abituarono dopo poco. Tom teneva Zack per mano, e improvvisamente si ricordò di quella volta, parecchio tempo prima, che Zack aveva insistito affinché lui entrasse nel lago e alla fine si erano ritrovati in una situazione più o meno come quella.
Quella volta, l'acqua era calda e piacevole.
Pareva quasi avvolgere le gambe di Tom in un dolce abbraccio che non aveva mai ricevuto.
"Perché sorridi?" chiese Zack notando la faccia dell'amico che lasciava trasparire un po' di felicità.
"Ti ricordi quando abbiamo seguito il corso del ruscello del bosco fino ad arrivare al lago?"
Zack ci pensò un attimo.
"Certo che me lo ricordo, te l'avevo proposto io."
"È un po' come ritornare a quella volta."
"Hai ragione, è un po' come ritornare a quella volta." ripetè Zack con fare nostalgico.
"Ci conoscevamo da poco, e tu eri così timido!" continuò con voce entusiasta. Era contento che Tom avesse tirato fuori un argomento allegro, un pomeriggio di tanto tempo prima che avevano trascorso insieme e che valeva la pena di essere ricordato.
Tom arrossì lievemente sulle guance.
"Era perché non ti conoscevo ancora bene."
"Può darsi, però mi piaceva molto."
"Il fatto che io fossi timido?"
"Sì. Mi piaceva vedere che ti mostravi esattamente così com'eri, senza fingere niente. Eri così... spontaneo e sincero, e questo mi piaceva. Non che tu ora sia cambiato così tanto, sei ancora come un libro aperto."
Tom rimase in silenzio. Quella confessione gli aveva fatto piacere, ma d'altra parte lo aveva lasciato pure senza parole. Anche a lui Zack piaceva, era un'influenza positiva e una di quelle persone che colorano le giornate di pioggia con l'arcobaleno, ma non ebbe il coraggio di dirglielo. E le sue guance diventarono paonazze.
Come per rafforzare quanto aveva appena detto, notando la sua reazione Zack scoppiò a ridere.
"D'accordo ho capito" disse divertito dalla sua sua reazione.
I due trascorsero buona parte di quella mattina a mollo nell'acqua, nella speranza che almeno quell'odore nauseante di morte svanisse un po'.
Zack si immerse totalmente nell'acqua.
Era gelata, ma in quel momento non gli importava.
Era immerso in un fiume sul versante di una montagna nel bel mezzo del nulla. Aveva pugnalato una creatura putrida e ripugnante che aveva mangiato un uomo davanti ai loro occhi. Avevano perso il cavallo, che era corso via troppo spaventato per rimanere.
E Tom era lì, seduto su una roccia proprio accanto a lui, facendo galleggiare soltanto le gambe, troppo titubante per lasciarsi andare del tutto, come l'amico lo stava incoraggiando a fare. Non c'era più niente a cui pensare.
Quella gabbia che l'aveva tenuto chiuso al buio per tutto quel tempo non c'era più, e mentre con i capelli bagnati volgeva lo sguardo verso il cielo, sentiva finalmente il suo cuore riempirsi di aria pulita.
I suoi vestiti erano tinti di sangue, ma non gli importava.
Era felice.
Guardò Tom e sorrise.
"Perché sorridi?" chiese il più timido, che era rimasto seduto senza dire una parola.
"Sono solo contento" rispose Zack bagnandosi ancora la faccia.
La consapevolezza di poter fare tutto senza essere vincolato da niente.
Era come volare liberi nel cielo, e sapere che anche se fosse caduto, non ci sarebbe stato niente a cui potersi aggrappare.
Quella sensazione... era un qualcosa di meraviglioso.
"Ti prendi il raffreddore se continui a stare in acqua" gli fece notare Tom.
"Non è vero."
"Io penso di sì."
"Siamo cresciuti in mezzo alla neve, questo possiamo sopportarlo."
Tom sorrise timidamente.
Zack era felice.
E la felicità di Zack era anche la sua.

Tom e ZackDove le storie prendono vita. Scoprilo ora