. 7 . Un patto col diavolo
Sentiva mancargli il fiato, come se qualcuno più forte di lui l'avesse costretto con la testa sotto il pelo dell'acqua per annegarlo.
Sentiva necessaria una cavalcata selvaggia, in mezzo alla boscaglia: il vento del galoppo gli avrebbe schiaffeggiato il viso, riscuotendolo dalla rabbia e dalla frenesia del corpo eccitato; il sudore della pelle accaldata avrebbe sopraffatto il profumo di lei, che ancora percepiva addosso.
- Maledetti quel ventre e quella bocca ... - mormorò tra i denti, mentre, con premura, indossava una camicia fresca di bucato, di cui allacciava solo alcuni bottoni.
Quella donna gli aveva mangiato il cervello, così come si addenta un frutto. Per lei aveva sovvertito l'ordine delle cose su cui aveva eretto la propria coscienza: aveva azzardato una spedizione illecita per riempirsi le tasche di quel danaro che aveva sempre aborrito; aveva permesso alla carne morbida e calda di lei di sciogliere ogni diffidenza; aveva accettato di partecipare ad un mondo falso, ipocrita e decadente da cui si era sempre tenuto a distanza, per le parole di miele e fuoco che ella gli mugolava all'orecchio, mentre gli allacciava le cosce attorno al corpo teso.
L'aveva amata e desiderata, carne e anima, ed ora, nonostante avesse scoperto la sua vera essenza, bugiarda e calcolatrice, le sue membra continuavano a bruciare ed i muscoli ad inturgidirsi per quella stessa carne che aveva mille volte penetrato.
Ma non per l'anima traditrice.
Essa lo disgustava, come fiele cosparso sulle labbra. Nubia lo infiammava, accendendo nel corpo un desiderio devastante di toccarla ancora, come un animale nel congiungimento carnale; ed, al contempo, lo repelleva per le sue menzogne.
Uscì dai suoi alloggi, come se avesse il vento nelle tasche; si diresse alle scuderie; sellò il proprio cavallo, che già scalpitava impaziente per la corsa che lo aspettava. Infilò il piede nella staffa, issandosi sull'animale e lo lanciò al galoppo, ancor prima di uscire dalla stalla.
Attraversò il cortile silenzioso, squarciando l'aria con gli schiocchi degli zoccoli sulla ghiaia e trascinandosi dietro una coltre di polvere biancastra.
- Maledetti quel ventre e quella bocca ... - ripeté, sparendo nel fitto della boscaglia.********
Noelia bussò alla porta della padrona sommessamente: seppure la scoperta che aveva fatto fosse la succulenta risposta che ella probabilmente ricercava, la serva era ben conscia che avrebbe dovuto adoperare parole accorte, per non urtare la sua suscettibilità.
- Signora ... - la chiamò perché si voltasse, le mani a torturare le cocche del candido grembiale e gli occhi chini, come se il solo riferire l'infamia scoperta, la rendesse in qualche modo colpevole.
- Dunque? - la esortò Leria, con un gesto nervoso della mano, mentre richiudeva il ventaglio nero legato al polso da una catenella.
- Ho visto ... Ho sentito ... - balbettò la serva intimidita tentando di mettere ordine nella mente confusa.
- Santo Cielo, Noelia, parla! - le intimò, alzando di un tono la voce già stridula.
- Ho veduto vostra nuora, signora ... L'ho veduta entrare nelle stanze di quell'uomo. - confessò tutto d'un fiato, compiendo un passo indietro.
Leria sbiancò; ridusse le labbra ad una linea sottile, come una ferita rossa di sangue; la mano torturò il tovagliolo che teneva in grembo, mentre l'altra lasciava ricadere malamente la tazza del the sul piattino di porcellana finemente decorato.
- Continua. - intimò, con malagrazia.
-Erano ... amanti. - sussurrò, - Prima che ella andasse in sposa a vostro figlio. - continuò, la testa china tra le spalle strette, quasi si aspettasse una punizione. - Ma quell'uomo ... l'ha respinta quando la signora gli ha proposto di ... - si interruppe, cercando le parole.
- Continua! - ripeté, esasperata, battendo il palmo aperto della mano sul tavolino e sollevandosi in piedi.
- Ella voleva riprendere la relazione clandestinamente, qui, nella vostra casa. - terminò.
- Sgualdrina! - biascicò, tra i denti, disgustata. - Dove sono ora? -
- La signora si è ritirata nelle proprie stanze e quell'uomo è uscito a cavallo. - riferì puntuale.
- Vieni immediatamente a riferirmi quando rientrerà e ... bada, non osare rivelare ad alcuno ciò che hai scoperto, Noelia. - le intimò, con la voce perfida della strega che pronuncia il sortilegio, - O ti farò pentire ... pentire d'essere venuta al mondo! - giurò, gli occhi come due fessure e le mani tanto strette a pugno, da sbiancarne le nocche.
- Mai, mai, mia signora. - la rassicurò terrorizzata, con la voglia di fuggire da quella stanza e da quel segreto.
- Vattene, ora. Non mi servi più. - la congedò, con il gesto della mano che si usa per scacciare una mosca.
Quando Noelia si richiuse la porta alle spalle, dopo aver chinato il capo e rinnovato la propria assoluta, inattaccabile devozione alla padrona, Leria si accasciò sulla poltrona, come un burattino i cui fili sono stati lasciati cadere. Tutta la combattività, la forza di quegli anni, tutti i sacrifici, i doveri assolti verso Dio e verso il suo amato figlio, erano andati perduti per le voglie di una sgualdrina, sementi feconde sparse nella polvere arida.
Esem, spina nella carne, salasso di sangue, tornava dall'Ade per vendicare i propri desideri disattesi.
Come per un contrappasso meritato, la maledizione di Leria, scagliata sul suo sposo, le ricadeva sulla testa, devastante, e la schiacciava.
La donna rivolse il viso verso il comodino accanto al letto, la foto di un ragazzetto, biondo e dagli occhi chiari, sorrideva stringendo le redini del suo cavallino pezzato. Tutta la vita le scorse dinnanzi, sostituendosi, un'immagine alla volta, nitida e lenta, a quella custodita nella cornice d'argento. Il corpo si riscosse dal torpore, la mente si rimise in moto.
Scattò in piedi, come un pupazzo caricato a molla: Esem non avrebbe vinto, non quella volta. Leria avrebbe compiuto qualunque misfatto; sarebbe finanche scesa a patti col diavolo, pur di vincere quella guerra.
E se il prezzo fosse stato bruciare nelle fiamme dell'inferno, l'avrebbe accettato, per Miran e per sé stessa, giacché nulla sarebbe valso quanto la soddisfazione di vendicarsi per le lacrime che aveva versato.