. 32 . Giochi di potere

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. 32 . Giochi di potere 

Con fatica, aprì gli occhi, sorprendendosi di quanta luce rischiarasse la stanza. Passò le dita sulla faccia, massaggiandosi le palpebre e poi le guance, mentre pigramente tentava di imporre al resto del corpo il completo risveglio.
Si guardò intorno: il letto era sfatto e le lenzuola aggrovigliate cadevano, in parte, sul pavimento, in parte gli si attorcigliavano alle gambe, coprendogli l'inguine, come i drappeggi che vestono le statue degli dei greci o degli eroi mitologici. Provò a mettersi seduto al centro del letto, facendo leva sugli addominali, ma si rese conto di non avere forze sufficienti a districarsi da quelle catene morbide che gli impedivano i movimenti. Si lasciò cadere all'indietro, sprofondando nuovamente il capo nel cuscino e richiudendo gli occhi assonnati; le braccia ricaddero molli lungo i fianchi ed il respiro ritornò quello lento e regolare di chi sta per abbandonarsi ancora al sonno.
La porta della camera si aprì e si richiuse, lentamente, con un fruscio silenzioso; passi leggeri attraversarono la stanza, che subito fu inondata da una ventata profumata e fragrante, come quella che si annusa davanti ai forni o alle vetrine dei pasticceri. L'aria si impregnò dell'odore di polvere di cacao e di agrumi, di zucchero a velo e pane imburrato; di schiuma di latte caldo e di miele.
Nel silenzio, Eìos distinse un tintinnio di ceramiche e metallo assecondare il ritmo dei passi, posarsi sulle coltri disordinate ai piedi del letto; poi, percepì un peso dolce affondare accanto al suo fianco sinistro e infine sentì le dita della sua sposa scompigliargli i capelli, scivolare dalla sommità del capo, alla tempia e poi alla guancia.
Quando gli si avvicinarono alla bocca, Eìos le afferrò portandosele alle labbra e baciandole ad una, ad una, scoprendo che esse recavano sulle punte lo stesso profumo che aveva invaso la camera.
- Buongiorno. - gli sussurrò, riempiendo il silenzio.
- Buongiorno a te ... - replicò, aprendo un solo occhio e strizzando l'altro per abituarsi gradualmente alla luce.
I contorni del viso di Ariela gli apparvero sfocati per effetto della luce che dalle imposte semichiuse penetrava nella stanza in fasci vaporosi argentati e d'oro. I capelli sciolti lungo le spalle e le ciocche sottili, che le incorniciavano l'ovale, contribuirono a rendere l'immagine ancora più calda, come quelle sagome degli alberi o dei declivi delle colline, dietro i quali brucia lento il sole al tramonto.
- Che ore sono? - chiese, quando anche il secondo occhio fu aperto e pronto per mettere a fuoco.
Aveva l'espressione tenera dei bambini assonnati tirati giù dal letto: gli occhi verdi tra le ciglia nere; il viso rilassato e i capelli arruffati; i muscoli che emergevano dalle lenzuola come rocce marine, tutto gli conferiva l'aspetto tranquillo dell'uomo in pace col mondo.
- E' già giorno fatto. - gli rispose, lasciando scivolare la mano libera sul petto e poi sulle braccia.
- No ... no, no! - si lamentò, scrollando il capo e rizzandosi a sedere nel centro del letto, - Siamo bloccati qui: non possiamo raggiungere il nascondiglio di giorno senza correre il rischio di essere scoperti dalla milizia. Dove diavolo è Betel? - chiese, guardandosi intorno, come se l'amico gli avesse giocato uno scherzo e potesse saltar fuori, improvvisamente, come i bambini che giocano a nascondino.
- E' andato via alle prime luci dell'alba, prima del giro di ronda ... - gli spiegò, voltandosi a recuperare il grande vassoio dai manici di osso, adagiato sul letto alle sue spalle.
- Gli avevo detto di svegliarmi ... – mugugnò rassegnato, passandosi le mani sulla faccia.
- Voleva farlo, ma tu dormivi così placidamente che io non ho avuto cuore di svegliarti ... – lo giustificò, mentre zuccherava la spremuta d'arancia, - E poi avevo voglia di concedermi il lusso, proprio di una sposa, di guardare mio marito dormire! - sorrise, porgendogli il bicchiere di cristallo che scintillava, catturando i raggi di sole che entravano nella stanza.
- Lo sai che sarò costretto a rimanere chiuso in questa stanza fino a che non calerà di nuovo il sole? - ammiccò, mentre la bocca spariva, dietro il labbri del bicchiere.
- Cercheremo, dunque, un diversivo che ti impegni fino ad allora ... - replicò seria, come se la sua mente stesse già vagliando ipotesi e proposte.
- Io avrei un paio di idee ... – suggerì, con suo solito sorriso sfacciato, addentando la fetta di pane già imburrata e cosparsa di una scia di invitante e profumata marmellata di ciliegie. 

In nome del sangue, in nome dell'amoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora