. 35 . Tutto il mondo brucia
Le ore scorrevano lentissime, come la tessitura della tela del ragno.
Nel loro letto, tra le lenzuola sfatte e aggrovigliate, il tepore della pelle nuda, del sangue che scorreva attraverso la mappa dei corpi vicini, li teneva caldi, nonostante le fiamme del camino ai piedi del letto si fossero consumate e avessero lasciato solo braci e cenere.
Avevano fatto l'amore, come fosse di nuovo la prima volta e, allo stesso tempo, come fosse anche l'ultima.
Non l'ultima della loro esistenza insieme, ma l'ultima della loro vita in quella città, in quella casa e in quel letto. Avevano detto addio, tra i baci e l'intreccio dei loro corpi, alla casa che li aveva accuditi, mentre i sentimenti, la complicità, il desiderio crescevano, mentre la carne di una scorreva sotto le dita dell'altro.
Eìos le teneva il capo in grembo, le labbra sull'ombelico e i capelli scarmigliati e neri sul ventre e sui seni, come lingue impertinenti che l'accarezzavano, le solleticavano la pelle e ne adornavano la diafana consistenza. Ariela ne pettinava le ciocche con le dita di una mano, arrotolava quelle più lunghe e selvagge attorno all'indice, mentre, con l'altra, scorreva lungo la spina dorsale, indugiando sugli anelli della colonna, come sui tasti di un pianoforte, ciascuno dei quali, sollecitato, gli faceva emettere un suono, dolce e roco, di soddisfazione e benessere fisico, che riuscivano a contagiare persino la mente affaticata. La mano di lui la reggeva saldamente per il fianco, le dita affondavano nella carne soffice, che si arrossava un poco per la pressione, poi scendevano lungo la coscia, dall'inguine verso il ginocchio, fin dove la lunghezza del braccio lo consentiva, per poi risalire ancora e ripetere il percorso, di nuovo e all'infinito.
- Dovunque andremo, vorrei che la nostra nuova casa fosse sulla spiaggia, come questa. - mormorò Ariela, giungendo con le dita fino all'incavo dell'osso sacro, per poi arrampicarsi sulle natiche a malapena coperte dalle lenzuola.
- Lo dici perché hai vissuto qui solo per un'estate. Non conosci la furia del mare durante le tempeste, delle onde che mangiano la spiaggia e dei venti che urlano e bussano alle imposte. -
- Lo dico perché vi ho vissuto con te, perché tra queste mura ho imparato ad amare e sono stata amata più di quanto credessi di meritare. - lo corresse, tirando dolcemente la ciocca di capelli con cui stava giocherellando.
- E credi che ti amerei di meno se vivessimo in campagna? - replicò, assecondando con il capo il gesto di lei e arricciando il naso in una finta smorfia di dolore, come se lo strattone fosse stato tanto forte da causargli davvero male. - Pensa a come sarebbe bella una villetta dai muri di pietra e dalle imposte di legno scuro, adagiata sul declivio di una collina verdeggiante di olivi; sul retro, un frutteto e una limonaia, in cui mettere a riparo le piante d'inverno, e, tra i grossi vasi e il profumo di cedri, limoni e aranci, bere cioccolata e guardare, attraverso i vetri, i campi coltivati. -
- Vuoi diventare un contadino? - domandò, con candido stupore.
L'idea del proprio sposo senza il profumo di mare nella trama della pelle scura, le sembrò strana e al tempo stesso straordinaria, tanto da evocarle nella mente, l'immagine inconsueta di lui chino nei campi tenuti a maggese, a sporcarsi le mani di terra, per verificarne lo stato di preparazione per le nuove colture.
- In verità, voglio mettere radici; affondare nella tua terra, nutrirmi di te e fecondarti ... - sussurrò, baciandole le grinze di pelle intorno al nodo dell'ombelico, - Voglio che nascano fiori e figli e voglio che abbiano un posto nel mondo, in cui crescere protetti e accuditi. Voglio un luogo lontano dalla tempesta, in cui le stagioni facciano il proprio corso e gli anni passino lenti e sereni e voglio diventare vecchio, così tra le tue braccia. - ammise, issandosi su di lei e tirando su anche gli occhi per guardarla.
Ariela sorrise intenerita, col cuore colmo di speranza e gli occhi pieni dell'espressione di lui, infusa di fiducia e ottimismo. E all'immagine del suo sposo nei campi, si aggiunsero grida festose di bambini e cinguettii di uccelli, mugghi di armenti e gorgoglii di fresche e dolci acque di ruscello; profumi di farina e lievito nelle cucine, e infine ella stessa, sull'uscio, nel richiamo per il pranzo.
- E così sarà: un giorno racconteremo ai nostri figli di come fuggimmo per metterli al mondo nella terra promessa; di tutti i no che la sorte ci ha urlato contro e di come le abbiamo riso in faccia. E loro le crederanno favole e ci chiederanno come avrebbero potuto mai un contadino e la sua sposa darle battaglia e uscirne vivi. -
- Dunque, vuoi diventare la moglie di un contadino? - chiese con un sorriso aperto e speranzoso sulle belle labbra.
- Voglio ciò che tu vuoi ... -
- Allora usciamo da questo letto, mettiamo una sella ai nostri cavalli e andiamo al porto. L'Argo è pronta a salpare: le provviste sono nella stiva, le nostre cose nella cabina e i marinai sono pronti a mollare gli ormeggi. - la invitò, schioccandole un bacio sulle labbra, con la faccia buffa dei bambini che si apprestano a partire per una gita.
Ariela puntò le mani sul petto di lui, fece leva per toglierselo di dosso e, quando fu libera, con un colpo di reni, schizzò fuori dal letto e cominciò ad afferrare i suoi indumenti sparpagliati sul pavimento. Ancora nuda, in piedi di fronte allo specchio, che ne rifletteva generoso la curva dolce delle natiche e la schiena dritta, lo incitò: - Sei ancora lì? La nostra nuova casa ci aspetta! -