. 5 . Sera di lucciole e mattino d'argento

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. 5 . Sera di lucciole e mattino d'argento

Eìos se ne stava seduto sulla panca di granito, nell'angolo meno in luce del grande giardino, i gomiti puntati sulle ginocchia e le mani a stringere un panciuto bicchiere di cognac.

Sebbene le rivolgesse le spalle, le narici avevano incontrato il profumo di lei, ancor prima che le orecchie ne avessero avvertito lo scricchiolio leggero dei passi sul viale.

- Vi prego ... Sedete qui. - la invitò, con un gesto cordiale del capo. - Siete qui per godere della frescura dell'imbrunire, presumo. - insistette, - Sedete qui, allora ... Vi è posto per entrambi. -

Ariela gli guardò la schiena ampia: i muscoli asciutti, fasciati dalla camicia, erano tesi, come se egli fosse sulla difensiva; le maniche, malamente arrotolate sugli avambracci, scoprivano la pelle ruvida e scura, in contrasto con il candore del lino che lo vestiva, pane nero e burro fuso.

Si strinse nelle spalle, ornate dallo scialle di seta amaranto, avvolse la vita con le sue stesse braccia ed avanzò incerta, come un animaletto selvatico incontro al proprio destino.

Sedette, più lontano possibile dal corpo di lui e, con la coda dell'occhio, le parve di intravedere, nella semioscurità della sera, un leggero sorriso ad ingentilire l'espressione altrimenti cupa.

Il giardino era tenuemente illuminato, negli angoli più lontani, da piccole luci intermittenti di migliaia di lucciole; l'aria era profumata di un miscuglio prepotente degli odori delle piante notturne, tra le quali, dominava il gelsomino, affiancato dalla dolcezza di quello di lei: un'armonia precisa che confondeva pelle e foglie, sangue e linfa.

- Perché lo avete fatto? - chiese, improvvisamente fendendo, con la voce, il silenzio denso che occupava l'aria.

- Non vi comprendo ... - replicò la giovane, stringendo le code dello scialle sul ventre contratto.

- Prima, perché avete preso le mie difese con quel ... fantoccio? - precisò, agitando il bicchiere con entrambe le mani, imprimendo al liquido un leggero movimento circolare, placido e lento.

- Siete in errore, signore ... Non era nelle mie intenzioni e, comunque ... non siete il tipo d'uomo che abbisogna di avvocati difensori! - precisò, mantenendo le distanze che la facevano sentire più al sicuro.

- Uhm ... avete una buona opinione di me, dunque! - constatò, inspirando il profumo acre del liquore e palesando un piccolo sorriso compiaciuto.

- Siete nuovamente in errore: non era, il mio, un elogio alla vostra indole! - continuò, mentre costringeva lo sguardo dinnanzi a sé.

- Me ne rammarico ... Mi ero illuso che lo fosse. - si lamentò, fintamente offeso, - Forse dovreste dosare con più parsimonia l'impeto con cui palesate le vostre opinioni, Ariela! - la riprese, una smorfia divertita e dispettosa sul volto.

- E voi, signore, dovreste fare tesoro dei consigli che dispensate. - replicò, decisa.

- Sono un animale che si muove d'istinto e le mie mani sono sempre vuote, per favorire meglio la fuga. - spiegò, tornando serio. - Un albero cavo: tanto spazio per contenere e nessun intento di farlo! - terminò, con amarezza toccante.

Ariela sospirò stranita: quell'uomo la confondeva, come se fosse persa in un labirinto magico, in cui ogni svolta è uguale all'altra, in cui solo istinto e buona sorte possono condurre verso l'uscita. Eppure ella avvertiva opprimente, come fiato negato, la necessità di spingersi verso il centro, nel nocciolo, da cui tutto si ramifica ed espande: quell'uomo non era un tronco cavo, al contrario, era uno scrigno chiuso, colmo di inconsapevole tenerezza, attraente e conquistatrice.

In nome del sangue, in nome dell'amoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora