. 13 . Un passo indietro
L'aria era opprimente.
Il temporale aveva portato un carico di nubi gonfie e plumbee, che avevano soffocato l'orizzonte rendendolo cupo. La pioggia aveva sparso quell'odore acre e pungente della terra bagnata ed il vento, dal mare, aveva percosso i rami degli alberi più alti, spettinandoli, come bambini dai capelli arruffati.
La tempesta aveva via, via spento il proprio furore, allontanandosi lungo la costa, verso ovest, incontro al sole morente, lasciando una delicata scia di acquerugiola, che picchiettava, sommessa, sul tetto e sulle imposte di legno lasciate spalancate, perché Eìos potesse godere del palesarsi dell'impeto della natura.
Il dottor Elmisk entrò in casa, i vestiti leggermente umidi per la pioggia, il bastone di legno intarsiato in una mano, ed il cappello grondante d'acqua, nell'altra.
- La prima tempesta dell'estate imminente ... - osservò scotendosi, - Mi ha sorpreso appena uscito di casa. - continuò, mentre il figlio gli dava le spalle, con il viso rivolto verso il mare. - I documenti per il matrimonio, Eìos, sono pronti. - terminò, sventolando una cartelletta di cuoio, picchiettata di gocce di pioggia.
- Lasciateli pure lì ... - indicò, con un gesto del capo, lo scrittoio alle proprie spalle, colmando un bicchiere di liquore dal profumo acre.
- Cosa ti turba, figlio? - gli chiese, accorgendosi del tormento che si palesava attraverso la voce del giovane.
- Nulla a cui voi possiate porre rimedio. - rispose sgarbato, rimanendo di spalle. - Sono stanco ... e voglio restare solo ... - si congedò, incamminandosi verso il patio sulla spiaggia.
Elmisk sospirò affranto per la rudezza del giovane: sperava che gli avvenimenti degli ultimi giorni, nonché l'unione ormai prossima con Ariela, avessero acquietato quel risentimento selvaggio che, per anni, lo aveva animato. Lo aveva visto sorridere ed ammorbidirsi, cedere alle lusinghe della serenità ed aveva messo a dimora il suo vecchio cuore di padre preoccupato.
Quella brusca virata del suo umore, proprio quando la sua vita diveniva tranquilla ed appagante, lo inquietava e lo spingeva a cercare le motivazioni che potevano aver incrinato l'ingranaggio.
Ma Eìos, come tutte le altre volte, non dava cenno di volersi aprire alle confidenze, dunque non gli restava che accettare quella distanza ed aspettare che ritornasse a lui.
Eios, dal canto suo, sapeva di aver ferito suo padre, sempre disponibile e saggio, sempre premuroso nell'elargire il consiglio adatto alla propria avventatezza. Ma non era riuscito a farne a meno: quel grumo di rabbia, di inadeguatezza, di insoddisfazione, gli aveva occupato di nuovo lo stomaco ed, ad ogni pensiero rivolto a lei, si espandeva invasore e sempre più acido.
Solo qualche giorno prima, le era arrivato così vicino al cuore da sentirlo battere e pulsare sangue e desiderio; l'aveva baciata, come mai aveva fatto con altra donna, teneramente, con dolcezza e pazienza, tanta quanta non credeva di possedere, ed ella gli aveva risposto con impeto e grazia, con slancio e pudicizia, mostrandogli una via dei sentimenti e delle pulsioni quieta, ma inebriante.
Poi, il giorno seguente, gli era sgusciata via dalle mani e lo aveva precipitato in un mare di rovelli pungenti e senza risposta.- Cos'hai? - le chiese facendosi più vicino.
- Nulla. - replicò sfuggente, gli occhi nascosti e le mani visibilmente nervose.
- Sembri distante: ho fatto o detto qualcosa che ti ha turbata? - insistette, carezzandone una, con la punta dell'indice.
- Nulla ... - ripeté, mentre un brivido le segnava la pelle, lì dove il dito di lui passava.
- Sei avara, Ariela ... - le fece notare, percorrendo a ritroso il sentiero descritto prima.
- Non è vero, solo non ho alcunché da dire. - si difese, a disagio.
- Menti! - la riprese con la voce più dura, allontanandosi da lei.
- Non è vero ... E' che mia madre non vuole che restiamo soli! - accampò l'ennesima scusa.
- Lo hai già detto ieri, ma poi mi hai baciato. -
- Non è gentile, da parte tua, farmelo notare ... - lo rimproverò, infastidita.
- Io non sono gentile e non sono un gentiluomo e non ho pazienza. Ma tu mi hai sempre conosciuto per quello che non sono e questo non ti ha impedito di chiedermi di sposarti! - le fece notare, tagliente, con il manifesto desiderio di pungere il suo orgoglio e farle rivelare i motivi della sua distanza. - Hai cambiato idea, forse? -
- No! -
Eìos sorrise amaro, scuotendo il capo, con un fremito di impotente rassegnazione.
- Come vuoi, Ariela, tieniti pure stretti i tuoi pensieri ... Non verrò ad elemosinare fiducia e stima e rispetto. Ma non è così che ti avrei tenuta come sposa, non con tanta distanza ... - mormorò, una mano già sulla maniglia ed una voce affranta e sconfitta, inspiegabilmente rassegnata.
Ariela, rimase ferma, di schiena, le lacrime pungenti ad invaderle gli occhi trasparenti ed un sussulto lacerante nell'udire il cigolio della porta che si chiudeva, lasciando fuori il mondo che aveva appena cominciato ad accarezzare.